Cass. pen., sez. V, sentenza 08/03/2019, n. 10380
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la seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da: K W nato 11 17/04/1992 M A nato il 23/06/1988 K A nato il 02/05/1993 B S nato il 15/03/1990 avverso la sentenza del 22/11/2017 della CORTE ASSISE APPELLO di MILANOvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;udita la relazione svolta dal Consigliere IRENE SCORDAMAGLIA;udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore L B che ha concluso chiedendo Il Proc. Gen. conclude per l'inammissibilita' udito il difensore L'AVV.TO SCHERA NEL RIPORTARSI AL RICORSO CHIEDE L'ANNULLAMENTO DELLA SENTENZA L'AVV.TO CLEMENTI SI RIPORTA AL RICORSO E NE CHIEDE L'ACCOGLIMENTO RITENUTO IN FATTO 1. Adita dagli appellanti K W, M A, K A e B S, riconosciuti colpevoli dal Giudice dell'Udienza Preliminare del Tribunale di Milano, con sentenza del 14 febbraio 2017, del delitto di cui all'art. 270-bis cod.pen., la Corte di assise di appello della stessa città, con la sentenza del 22 novembre 2017, ha confermato la decisione gravata in punto di responsabilità degli imputati, riformandola, limitatamente alle posizioni di B S e di K A, quanto alla misura del trattamento sanzionatorio e all'applicazione delle misure di sicurezza. 2. I giudici di merito hanno convalidato la tesi di accusa, secondo la quale tutti gli imputati - in unione con Koraichi M, già espatriato alla volta della Siria, e giudicato separatamente - si erano associati tra loro, dando vita ad una cellula inserita nell'organizzazione terroristica internazionale denominata 'Stato Islamico' (IS), allo scopo di partecipare attivamente alla realizzazione degli scopi di questa, volti all'imposizione planetaria dei dettami dell'integralismo islamico, mediante l'uso della violenza generalizzata nei confronti di quanti ad essa si opponessero, fornendo il loro contributo attraverso attività di sostegno, di arruolamento, di indottrinamento e con la dichiarata disponibilità a commettere atti di terrorismo, sia nei territori occupati dal sedicente Stato Islamico, sia in numerosi paesi europei e in particolare nel territorio dello Stato italiano;segnatamente: M A, legato da amicizia personale a Koraichi M e a Khachia Oussama, foreign fighter deceduto combattendo in seno alle milizie dello Stato Islamico, ricevuta per sé e per K A, grazie all'intermediazione di K W, sorella di M, l'autorizzazione - la 'tazkia' - ad unirsi alle forze dell'IS, organizzava - con il fattivo aiuto della convivente B Selma, di K A e dei familiari di quest'ultimo - il viaggio per trasferirsi nei territori controllati dall'IS e per ivi affidare alla protezione del 'Califfato' la famiglia, per poi votarsi al martirio mediante il compimento di attentati terroristici in Italia;uguale messa a disposizione dello Stato Islamico manifestava K A, fratello del foreign fighter caduto da martire, il quale, ricevuta, tramite gli associati, Moutharrik, B e K W, la 'tazkia', progettava a sua volta il viaggio alla volta della Siria e si mostrava pronto ad immolarsi per la causa della "jihad' mediante il compimento di atti di terrorismo nei paesi europei, avendo, peraltro, già in plurime occasione posto in essere condotte di indottrinamento e di proselitismo;Koraicki Wafa e B Selma, dal canto loro, condivisa l'ideologia integralista islamica mediante un percorso di radicalizzazione ed introiettati gli obiettivi dell'organizzazione terroristica, oltre ad esibire concrete condotte di indottrinamento, fungevano da elementi di collegamento diretto con gli appartenenti all'IS già presenti nei territori occupati e dispiegavano un'opera di intermediazione volta a far ottenere a al M e al K l'autorizzazione a militare nelle fila dell'organizzazione terroristica;in particolare, la prima intratteneva stabili rapporti con il fratello M, supportandone la militanza attiva nelle file dell'IS, con il fornirgli anche i necessari aiuti materiali e con il provvedere a gestire il finanziamento delle sue attività illecite;la seconda organizzava materialmente il viaggio della famiglia alla volta della Siria, predisponendo le accortezze dirette ad evitare che il detto trasferimento risultasse sospetto;così facendo forniva concreto appoggio al proposito del convivente di mettersi a disposizione dell'IS nel compimento di attentati terroristici. 2. La decisione del giudice di appello è impugnata da tutti gli imputati, medianti distinti ricorsi per cassazione. 2.1. Il ricorso per cassazione proposto nell'interesse di K W consta di un solo motivo, con il quale è denunciato il vizio di motivazione in punto di partecipazione dell'imputata all'organizzazione terroristica internazionale: e ciò, sia con riguardo all'elemento materiale, che all'elemento psicologico del delitto di cui all'art. 270-bis, comma 2, cod.pen., avendo la Corte territoriale, travisando il significato delle intercettazioni telefoniche ovvero non considerandone altre decisive e, comunque, effettuando una lettura parcellizzata delle evidenze probatorie, assegnato valenza di condotte integrative del reato a comportamenti tutt'al più espressivi di mere prese di posizione ideologiche contigue all'integralismo islamico ovvero di mero sostegno affettivo al fratello M, ma non interpretabili alla stregua di una, neppure embrionale, attività preparatoria rispetto all'esecuzione dei reati-fine dell'organizzazione;come anche desunto il dolo specifico, richiesto per il riconoscimento della partecipazione all'organizzazione terroristica del tipo contestato, dal solo dato della richiesta di 'tazkia' al fratello per conto della coppia M - B, trascurando di considerare che la prevenuta non ne conosceva il significato e che era stata avviata dalla stessa B - che con il coniuge aveva già autonomamente maturato una scelta di radicalizzazione - alla navigazione in siti intemet di apologia del terrorismo islamico. 2.2. Il ricorso proposto nell'interesse di M A consta di tre motivi, che denunciano: - il vizio di violazione di legge, in relazione agli artt. 187 e 546 cod. proc. pen., avendo il giudice censurato omesso di provare sia l'esistenza dello Stato Islamico, che la natura terroristica della detta organizzazione e l'effettiva adesione degli imputati ad essa;ed essendo stato espletato, in ogni caso, l'accertamento della natura terroristica dello Stato Islamico invocando strumenti qualificatori (Risoluzioni ONU) prive di valore normativo o l'efficacia dimostrativa del fatto notorio;- il vizio di violazione di legge, in relazione all'art. 270-bis, comma 2, cod. pen. ed agli artt. 429 e 521 cod.proc.pen., essendo la Corte territoriale incorsa in plurimi errores in procedendo, vuoi mancando di prendere atto della ambiguità del capo di imputazione - contestante, in maniera interscambiabile, sia la condotta associativa in una cellula terroristica, sia quella partecipativa all'organizzazione terroristica internazionale IS -, vuoi operando una torsione dell'imputazione stessa, attestata, sulla base dell'esplicito riferimento all'art. 270-bis, comma 2, cod. pen., sulla mera condotta di partecipazione;nondimeno la stessa Corte aveva reso motivazione apparente in punto di individuazione del numero e dei componenti della pretesa cellula terroristica;di selezione delle condotte integrative del fenomeno costitutivo del sodalizio, peraltro estravagante rispetto alla logica complessiva della motivazione incentrata sulla valorizzazione del ruolo operativo del M alla stregua di un 'lupo solitario';di enucleazione delle attività di partecipazione all'associazione terroristica secondo il criterio della vicinanza al bene giuridico leso, vertendosi, nel caso del ricorrente, nell'ambito di comportamenti non definibili neppure come meramente preparatori rispetto alla predisposizione di un programma di sostegno operativo alle finalità dell'organizzazione terroristica 'Stato Islamico' (venendo in rilievo condotte neutre o, comunque, prive di serietà e concretezza, perché espressive di moti ideologici - l'esibizione del simbolo del Daesh sulla propria divisa agonistica - ovvero di mere intenzioni);- il vizio di motivazione, per avere la Corte territoriale sostenuto, in maniera palesemente illogica, per un verso che la partenza del Moutarrik alla volta dei territori mediorientali occupati dall'IS, con la famiglia al seguito, costituiva il principale modo di esplicarsi della partecipazione/adesione dell'imputato all'organizzazione terroristica Stato Islamico, per altro verso che egli, con il contributo fattivo della B e del Khachia, avrebbe costituito la cellula terroristica per porre in essere attività di supporto all'IS sub specie di indottrinamento, arruolamento e messa a disposizione per attività terroristica da compiere in Europa. 2.3. Il ricorso nell'interesse di K A consta di un solo motivo che denuncia il vizio di violazione di legge, da errata interpretazione della norma di cui all'art. 270- ;bis, comma 2, cod. pen., deducendo che l'imputato si sarebbe, al più, dovuto riconoscere uu responsabile del delitto di cui all'art. 270-quater cod.pen., essendosi arruolato nelle fila dell'IS per compiere atti di terrorismo contro uno Stato estero;ciò perché, secondo la tesi propugnata dal ricorrente ed erroneamente respinta dal giudice di appello, i primi due commi dell'art. 270- bis cod. pen. si riferiscono a condotte di eversione contro l'ordine democratico, mentre il comma terzo, lungi dal limitarsi a definire gli atti di terrorismo di cui ai commi che lo precedono, ha carattere sanzionatorio di autonome condotte di terrorismo che si dirigono verso uno Stato estero, con la conseguenza che, non essendo stata raggiunta la prova in ordine alla intenzione dell'imputato di compiere atti di terrorismo nei confronti dello Stato Italiano, ma avendo egli solo programmato di arruolarsi nelle file dell'IS per combattere contro uno Stato Estero, lo si doveva assolvere dal delitto di associazione in funzione del compimento di atti di violenza al fine di terrorismo e di partecipazione ad un'associazione di tal fatta, perché diretti al compimento di atti eversivi dell'ordinamento nazionale.
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