Cass. civ., sez. I, sentenza 12/06/2009, n. 13756

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In materia di espropriazione per pubblica utilità e di interventi urgenti nei comuni colpiti dal sisma del maggio 1976, il termine di quattro anni, indicato all'art. 4, secondo comma, della legge Regione Friuli-Venezia Giulia 21 luglio 1976, n. 37, per la validità della deliberazione che individua le aree degli insediamenti destinati a fronteggiare le immediate esigenze abitative della popolazione, si riferisce al vincolo di piano preordinato all'espropriazione, fissandone la durata in deroga all'art. 17, primo comma, della legge 17 agosto 1942, n. 1150, e non già alla dichiarazione di pubblica utilità implicita nell'approvazione del piano, per la quale è richiesta l'indicazione dei termini di inizio e compimento delle opere e delle espropriazioni, a norma dell'art. 13 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, in mancanza dei quali l'occupazione delle aree e l'esecuzione delle opere previste dal piano si configurano come atti compiuti in carenza di potere.

La mancanza della sottoscrizione del consigliere comunale più anziano, richiesta, accanto a quella del segretario, dall'art. 4 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia del 21 luglio 1976, n. 33, per la deliberazione comunale di individuazione delle aree da destinare ad interventi edilizi urgenti nei comuni colpiti dal sisma del maggio 1976 - equivalente a dichiarazione di pubblica utilità - non comporta l'inesistenza giuridica del verbale, potendo derivarne la mera illegittimità del medesimo e della deliberazione collegiale, peraltro solo a condizione che l'omessa sottoscrizione sia espressione del dissenso in ordine all'effettiva corrispondenza tra quanto verbalizzato e quanto in realtà accaduto nella seduta collegiale; in ogni caso, tale vizio di legittimità del provvedimento non esime l'interessato dall'onere di impugnarlo tempestivamente innanzi al giudice amministrativo e non integra la carenza del potere ablatorio della P.A., che possa indurre alla disapplicazione della deliberazione amministrativa autoritativa, ai sensi dell'art. 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E.

La deliberazione dell'organo collegiale di un ente pubblico necessita della verbalizzazione del segretario, il quale, secondo un principio generale in materia, forma e sottoscrive il verbale, tale essendo la principale funzione del segretario, mentre, laddove la legge richieda anche la sottoscrizione di un altro soggetto (sovente, il presidente), questi, in mancanza di specifiche disposizioni di legge o di statuto di segno differente, non assume la paternità del verbale al pari del segretario, svolgendo una funzione di mero controllo della fedeltà e della completezza della verbalizzazione.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. I, sentenza 12/06/2009, n. 13756
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 13756
Data del deposito : 12 giugno 2009
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. V P - Presidente -
Dott. P D - Consigliere -
Dott. S S - Consigliere -
Dott. C A - rel. Consigliere -
Dott. C M R - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
P E, M L, elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE G.

CESARE

14 SC. A INT. 4, presso l'avvocato R E, rappresentati e difesi dall'avvocato N M, giusta procura a margine del ricorso;



- ricorrenti -


contro
C D V, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

LIMA

15, presso l'avvocato V M E, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato Z P, giusta procura speciale a margine del controricorso;



- controricorrente -


avverso la sentenza n. 113/2004 della CORTE D'APPELLO di TRIESTE, depositata il 19/02/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del 16/04/2009 dal Consigliere Dott. C A;

udito, per i ricorrenti, l'Avvocato A. D M, per delega, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;

udito, per il controricorrente, l'Avvocato P. Z che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PIVETTI

Marco, che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il 14 aprile 1989 il Comune di Venzone citò in giudizio davanti al Tribunale di Tolmezzo i signori Emilio Piva e Lea Marassi Piva, e chiese che fosse dichiarato l'avvenuto acquisto da parte dell'ente della proprietà del fondo intestato ai convenuti, catastalmente identificato, nel territorio dello stesso comune, a datare della realizzazione - nel contesto degli interventi volti a fronteggiare le esigenze abitative del dopo terremoto del maggio 1976 - del cosiddetto villaggio canadese, e in ogni caso dall'anno 1978. L'attore richiamò, a sostegno della sua domanda, la delib. del consiglio comunale 13 agosto 1976, n. 50, emessa in forza della L.R. 21 luglio 1976, n. 33 (artt. 2, lett. A, nn. 3 e 4), e dedusse di aver preso possesso dell'area in base a legittimi decreti d'occupazione, di aver provveduto alla demolizione dei fabbricati sopra esistenti, alla rimozione dei materiali di risulta, alla realizzazione delle varie infrastrutture urbanistiche e al collocamento di novantadue case prefabbricate, così determinando l'irreversibile trasformazione del fondo e la sua acquisizione in proprietà.
I convenuti resistettero alla domanda, eccependo la mancanza di una valida dichiarazione di pubblica utilità a fondamento dell'occupazione, e chiesero l'accertamento della loro proprietà. Con sentenza non definitiva 11 marzo 1997 il tribunale dichiarò inammissibile la riconvenzionale dei convenuti, e dispose la rimessione in istruttoria per l'istruzione della causa in merito "all'an, al quomodo e al quando" dell'avvenuta effettiva irreversibile trasformazione del fondo. All'esito della seconda fase, lo stesso tribunale, con sentenza definitiva 26 febbraio 2001, dichiarò che il comune di Venzone è proprietario dal 1978 del fondo conteso.
La Corte d'appello di Trieste, con sentenza in data 19 febbraio 2004, respinse il gravame dei coniugi Piva contro la sentenza definitiva del tribunale. Esaminando le ragioni poste a fondamento della dedotta inesistenza della dichiarazione di pubblica utilità, la Corte territoriale osservò, quanto a) alla mancata inclusione della deliberazione comunale all'ordine del giorno della seduta (in violazione del R.D. 4 febbraio 1915, n. 148, art. 148 e per gli effetti dell'art. 326 del medesimo), b) alla mancata sottoscrizione di essa da parte del consigliere anziano, c) alla sottoscrizione da parte del segretario comunale rogante nel 1979, quando la carica era passata ad altra persona e quindi tre anni dopo, d) alla contrarietà della delibera alle norme che prevedono l'acquisizione delle aree solo in relazione ad abitazioni completamente distrutte, e) alla mancanza delle planimetrie allegate, f) alla mancata dichiarazione dei consiglieri di aver discusso ed approvato la delibera, g) alla mancata trasfusione della deliberazione orale in valido processo verbale, che quelli denunciati sono vizi di legittimità che incidono solo sul piano della validità, e come tali dovevano essere impugnati davanti al giudice amministrativo. In particolare, il verbale era stato sottoscritto dal sindaco, e la tardiva sottoscrizione del segretario comunale rogante, passato ad alte funzioni, era superata dalla pubblicazione della deliberazione, dalla sua approvazione da parte dell'autorità tutoria e dalla sua esecuzione, mentre la circostanza che il verbale non fosse stato redatto dal segretario comunale non era provata.
La Corte escluse poi il contrasto della deliberazione con la L.R. n. 33 del 1976, artt. 3 e 4 sotto il profilo che nella fattispecie l'area occupata non era area abitativa ante terremoto e che non vi era stata completa distruzione degli edifici a causa del sisma, ma demolizione disposta dall'autorità, perché la pretesa violazione normativa era superabile in considerazione delle esaurienti precisazioni e delle finalità della L.R. n. 33 del 1976, artt. 3 e 4. Quanto all'omessa indicazione dei termini per l'inizio e per il compimento dell'espropriazione, la Corte ritenne applicabile la previsione di validità quadriennale dell'individuazione delle aree per gli insediamenti abitativi, contenuta nella L.R. n. 33 del 1976, art. 4, comma 2.
Contro questa sentenza, notificata il 16 aprile 2004, ricorrono i signori Piva e Marassi, con atto notificato il 15 giugno 2004, affidato a sei mezzi.
Il Comune di Venzone resiste con controricorso notificato il 30 luglio 2004.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE


1. Con il primo motivo, i ricorrenti denunciano la violazione della norma che priva la pubblica amministrazione del potere di acquisire la proprietà di beni appartenenti a privati in mancanza di valida dichiarazione di pubblica utilità, e vizi di motivazione su un punto decisivo. Deducono che nella fattispecie la deliberazione del Consiglio comunale di Venzone, che individuava l'area da destinare ad interventi edilizi urgenti nei comuni colpiti dal sisma del maggio 1976 includendovi il fondo di proprietà dei ricorrenti, e che a norma della L.R. Friuli Venezia Giulia n. 33 del 1976, art. 4 equivaleva a dichiarazione di pubblica utilità, nonché d'indifferibilità ed urgenza di tutte le opere impianti e edifici in essa previsti, era affetta da diverse cause di nullità. In particolare, la deliberazione era nulla perché:
a) l'oggetto della deliberazione non era incluso nell'ordine del giorno della seduta, in violazione del R.D. 4 febbraio 1915, n. 148, art. 148 e per gli effetti del R.D. 4 febbraio 1915, n. 148, art.326;

b) il verbale non era stato sottoscritto dal consigliere anziano, in violazione del R.D. 4 febbraio 1915, n. 148, art. 301;

c) il verbale era stato sottoscritto dal segretario comunale rogante solamente nel giugno 1979, quando segretario comunale era altra persona, e quindi dopo la scadenza del termine di sessanta giorni stabilito nella L.R. n. 33 del 1976, art. 2;

d) la deliberazione era mancante delle planimetrie che si dichiaravano allegate;

e) i consiglieri non avevano reso la dichiarazione di aver discusso ed approvato la deliberazione nella seduta 13 agosto 1976;

f) la normativa asseritamente allegata alla deliberazione non consentiva l'intervento nell'area per cui è causa, perché nella fattispecie non si trattava d'area abitativa ante terremoto, ne' di completa distruzione degli edifici ad opera del sisma, e perché l'area Sottomonte, di Venzone, era stata soltanto perimetrata per la ricostruzione del nucleo urbano preesistente, il che escludeva l'espropriazione, e non già individuata per i nuovi insediamenti per le esigenze abitative della popolazione.


2. Il motivo è infondato in tutte le sue articolazioni. I vizi della Delib. del consiglio comunale 13 agosto 1976, n. 50, costituente un provvedimento amministrativo autoritativo, possono essere esaminati incidentalmente dal giudice ordinario, ai fini della sua eventuale disapplicazione L. n. 2248 del 1865, ex art. 5, All. E, soltanto nell'ipotesi di emissione in carenza di potere, ricorrente com'è noto nell'ipotesi d'adozione da parte di un ente o di un organo assolutamente incompetente (perché appartenente ad un ramo del tutto diverso della p.a.: Cass. Sez. un. n. 5597/1985);
o difetto in concreto dei presupposti di legge cui è subordinata la sua pronuncia: ipotesi neppure prospettate dai ricorrenti. Ovvero in quella di nullità radicale della delibera per mancanza di alcuno dei suoi elementi essenziali ex lege a costituirla (soggetto, oggetto, forma ed aspetto funzionale): come esemplificativamente si verifica nel caso più volte esaminato dalla giurisprudenza, di provvedimento contenente la dichiarazione di p.u. privo dei termini finali per il compimento delle espropriazione e dei lavori, (di cui si dirà avanti), che si traduce in giuridica inesistenza dell'atto per carenza di un suo carattere essenziale (Cass. Sez. un. n. 9532/2004). Le violazioni di legge denunciate con questo primo mezzo, invece, se riconosciute sussistenti, si tradurrebbero in ragioni d'illegittimità della deliberazione comunale, avente nel caso in esame valore di dichiarazione di pubblica utilità implicita (a norma della L. 21 luglio 1976, n. 33, art. 4, comma 2 della Regione Friuli Venezia Giulia). Tuttavia, l'illegittimità della dichiarazione di pubblica utilità dell'opera non equivale a carenza del potere ablativo in capo alla pubblica amministrazione procedente, fin quando l'atto illegittimo non sia annullato (dalla stessa amministrazione in sede d'autotutela, o dagli organi del contenzioso amministrativo, ai quali il privato si sia tempestivamente rivolto: cfr. Cass. n. 2746/2008;
n. 1814/2000
; Sez. un. n. 1968/ 1686). Ciò vale innanzi tutto per la violazione denunciata dai ricorrenti, e sopra riportata sotto la lettera f), vertente sulla verifica della ricorrenza dei presupposti di fatto indicati dalla citata L.R. n. 33 del 1976 per l'espropriazione d'aree destinata a fronteggiare le esigenze abitative del dopo terremoto del maggio 1976, incidendo quei presupposti soltanto sulla legittimità della deliberazione, nel senso appena indicato, e non sull'esistenza del potere del Comune di Venzone di espropriare per la ricordata finalità. Le stesse osservazioni valgono, a maggior ragione, per i vizi delle deliberazione, denunciati sub a), d) ed e), che attengono al procedimento formativo della deliberazione e non al suo contenuto o alla sua legittimità intrinseca, e non mettono in discussione il potere stesso del comune di procedere nella fattispecie ad espropriazione delle aree individuate (in generale, nel senso che per configurare l'assoluta mancanza del potere espropriativo non è sufficiente la circostanza che la realizzazione dell'opera di cui trattasi debba avvenire su suoli rispetto ai quali manchi uno strumento urbanistico che ne preveda una destinazione corrente con l'opera stessa, v. Cass. 6 maggio 1993 n. 5240).

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