Cass. civ., sez. II, ordinanza 21/10/2019, n. 26803

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. II, ordinanza 21/10/2019, n. 26803
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 26803
Data del deposito : 21 ottobre 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

seguente ORDINANZA sul ricorso 18608-2015 proposto da: G D, elettivamente domiciliata in ROMA, V.

FEDERICO CESI

30, presso lo studio dell'avvocato E M, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato A T;

- ricorrente -

contro

CONSONNI POLA, GIACOMELLI ALBERTO, CONSONNI FRANCA, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA G

ANTONIO PLANA

4, presso lo studio dell'avvocato ALBERIGO PNINI, che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati A C, A B;

- controricorrenti -

avverso la sentenza n. 4116/2014 della CORTE D'APPELLO di MILANO, depositata il 19/11/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 05/06/2019 dal Consigliere GIUSEPPE T.

Ritenuto che:

F e P C chiamavano in giudizio davanti al Tribunale di Como i fratelli G G e A G, esponendo che erano comproprietarie pro indiviso, con altro soggetto estraneo alla lite, di un compendio immobiliare denominato "Cascina Casa Ferro" in Mariano Comense (CO);
che con scrittura del 28 novembre 1995, insieme al comproprietario, promettevano la vendita dell'intero compendio ai fratelli G G e A G;
che contemporaneamente, fra i promissari acquirenti e F e P C interveniva una diversa scrittura, con la quale i primi cedevano alle seconde parte della unità immobiliare oggetto del precedente preliminare;
che in scrittura si prevedeva che i contraenti avrebbero formalizzato il trasferimento entro tre mesi dalla data del rogito notarile di compravendita dell'intero complesso;
che, nonostante la avvenuta conclusione del contratto definitivo il 29 dicembre 1995, i fratelli G non solo non avevano dato seguito all'obbligo di formalizzare il trasferimento già operato con la scrittura privata, ma era inoltre avvenuto che sulla porzione trasferita alle Consonni erano state prese una pluralità di iscrizioni ipotecarie, alcune contro entrambi i fratelli, altre, intervenute dopo la divisione fra i due, contro il solo A G. Chiedevano pertanto accertarsi l'avvenuto trasferimento in loro favore delle porzioni oggetto dell'acquisto e, in via subordinata, pronunciarsi sentenza ai sensi dell'art. 2932 c.c., con la condanna dei convenuti, nell'uno e nell'altro caso, a liberare le porzioni immobiliare dalle ipoteche. Il Tribunale di Como, nella contumacia di Alberto Giacomellì, accoglieva la domanda proposta in via principale e condannava i convenuti in solido a tenere indenni le attrici delle somme che le medesime avrebbero dovuto versare per la liberazione degli immobili dalle ipoteche. La Corte d'appello di Milano, adita da G Giulio, condivideva la valutazione del primo giudice nella parte in cui aveva qualificato l'accordo inter partes quale definitivo e non come preliminare. Ciò posto disattendeva la ragione di censura che l'appellante aveva mosso alla sentenza di primo grado relativamente alla liquidazione del danno. Osservava al riguardo che il danno comprendeva nella specie anche il danno futuro, che era stato correttamente quantificato dal primo giudice nella somma che le acquirenti avrebbero dovuto versare ai creditori ipotecari per la liberazione degli immobili. Secondo la corte esattamente il primo giudice aveva emesso in proposito una sentenza condizionata, utilizzando per la determinazione del quantum il criterio equitativo cui le medesime attrici avevano fatto riferimento nel proporre la domanda. La corte di merita, tuttavia, circoscriveva la condanna dei convenuti in solido nei limiti delle ipoteche iscritte contro entrambi, escludendo quindi la responsabilità solidale dell'appellante G Giulio per le ipoteche prese contro il solo A G dopo la divisione. Per la cassazione della sentenza D G, quale erede di G Giulio, ha proposto ricorso, affidato a due motivi. C P e Consonni F hanno resistito con controricorso. A G è rimasto intimato. Le controricorrenti hanno depositate memoria.

Considerato che:

1. Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 1362 c.c. (art. 360, comma primo, n. 3, c.p.c.). La sentenza è oggetto di censura nella parte in cui la corte d'appello ha confermato l'interpretazione operata dal primo giudice, ,i che aveva erroneamente ravvisato nella scrittura intercorsa fra le parti una vendita di cosa altrui e non un contratto preliminare. Si sostiene che la considerazione dell'elemento letterale del contratto, tenuto conto di altri elementi rilevanti, deponeva univocamente nel senso che i G non avevano manifestato una definitiva volontà di vendere, ma avevano assunto l'impegno a vendere. Il secondo motivo denuncia violazione degli artt. 1223, 1226 e 2697 c.c., nonché dell'art. 112 c.p.c. La corte d'appello ha applicato il criterio equitativo nella liquidazione del danno in carenza dei presupposti, mancando la prova di un danno certo e, in ogni caso, essendo l'ipotetico danno suscettibile di precisa determinazione. Si evidenzia inoltre che la corte ha pronunciato condanna per il danno futuro, laddove le attrici avevano proposto la domanda con riferimento al danno subito, incorrendo così nel vizio di ultra petizione.
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