Cass. civ., sez. I, sentenza 10/04/2012, n. 5652
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La violazione dei doveri di mantenimento, istruzione ed educazione dei genitori verso la prole (nella specie il disinteresse mostrato dal padre nei confronti del figlio per lunghi anni) non trova sanzione solo nelle misure tipiche previste dal diritto di famiglia, potendo integrare gli estremi dell'illecito civile, ove cagioni la lesione di diritti costituzionalmente protetti; questa, pertanto, può dar luogo ad un'autonoma azione volta al risarcimento dei danni non patrimoniali ai sensi dell'art. 2059 cod. civ. esercitabile anche nell'ambito dell'azione per la dichiarazione giudiziale di paternità e maternità.
L'obbligo dei genitori di mantenere i figli (artt. 147 e 148 cod. civ.) sussiste per il solo fatto di averli generati e prescinde da qualsivoglia domanda, sicché nell'ipotesi in cui, al momento della nascita, il figlio sia riconosciuto da uno solo dei genitori, tenuto perciò a provvedere per intero al suo mantenimento, non viene meno l'obbligo dell'altro per il periodo anteriore alla dichiarazione giudiziale di paternità o maternità naturale, essendo sorto sin dalla nascita il diritto del figlio naturale ad essere mantenuto, istruito ed educato nei confronti di entrambi i genitori.
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella - Presidente -
Dott. DIDONE Antonio - Consigliere -
Dott. CAMPANILE Pietro - rel. Consigliere -
Dott. CRISTIANO Magda - Consigliere -
Dott. SCALDAFERRI Andrea - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
S.G.C.M. domiciliato in Roma, presso la
cancelleria della Suprema Corte di cassazione;
rappresentato e difeso, giusta procura speciale in calce al ricorso, dall'avv. ARENA LINA;
- ricorrente -
contro
D.I. , Elettivamente domiciliato in Roma, via dei
Gracchi, n. 187, nello studio dell'avv. MAGNANO GIOVANNI di San Lio;
rappresentato e difeso dall'avv. Emilio Monfrini, giusta procura speciale a margine del controricorso.
- controricorrente -
nonché sul ricorso proposto da:
D.I. come sopra rappresentato;
- ricorrente in via incidentale -
contro
S.G.C.M. come sopra rappresentato;
- controricorrente a ricorso incidentale -
avverso la sentenza della Corte di appello di Catania, n. 654, depositata in data 13 maggio 2008;
sentita la relazione all'udienza del 10 gennaio 2012 del consigliere Dott. Pietro Campanile;
Sentito l'avv. Arena, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;
Udite le richieste del Procuratore Generale, in persona del sostituto Dott. Costantino Fucci, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso principale e dell'incidentale;
Lette le osservazioni scritte dell'avv. Arena.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1 - Con atto di citazione notificato in data 24 gennaio 2002 S.G. esponeva di essere figlio naturale riconosciuto di S.I. , essendo nato - il (omesso) - da una relazione della stessa con D.I. . Aggiungeva che costui, venuto a conoscenza del concepimento, aveva interrotto ogni rapporto con la donna, rifiutandosi, anche in seguito, di riconoscere il figlio e di mantenerlo, così costringendolo a un'esistenza, considerate le misere condizioni della madre, piena di stenti e di privazioni, nel corso della quale andava incontro a varie vicissitudini (come esperienze di natura penale e la contrazione del virus HIV), poi superate con la costituzione di un proprio nucleo familiare. Tanto premesso, chiedeva che il Tribunale di Catania, accertata detta filiazione naturale, disponesse a proprio favore un assegno mensile a titolo di alimenti ponendolo a carico del convenuto, condannando altresì costui a corrispondergli " a titolo di restituzione o risarcimento del danno una somma pari all'assegno alimentare dovuto dal raggiungimento della maggiore età fino alla data della domanda". 1.1 - Costituitosi il D. , che chiedeva il rigetto delle domande, contestando principalmente di essere il padre naturale dell'attore, il Tribunale adito, con sentenza depositata il 20 gennaio 2006, sulla base delle prove acquisite e del sostanziale rifiuto del convenuto di sottoporsi al prelievo per l'esecuzione della disposta consulenza ematologica, accoglieva lei domanda di dichiarazione di paternità;
rigettava la richiesta di assegno alimentare e, in parziale aiccoglimento della pretesa risarcitoria, in considerazione del pregiudizio di natura esistenziale inerente al periodo compreso - sulla base della specifica limitazione contenuta nell'atto introduttivo del giudizio - fra il raggiungimento della maggiore età e il momento in cui non era più configurabile un obbligo di mantenimento, liquidava, in via equitativa, la somma di Euro 25.000, con interessi e rivalutazione dalla data della domanda. 1.2 - Avverso tale decisione proponeva appello il D. , eccependone in primo luogo la nullità, per omessa integrazione del contraddittorio nei confronti della propria moglie e dei suoi figli legittimi, ritenuti litisconsorti necessari, e deducendo, nel merito, l'assenza di validi elementi probatori per il riconoscimento della paternità (tenuto anche conto dei seri impedimenti che si erano verificati in occasione delle date in cui erano stati disposti i prelievi), e che, in ogni caso, non vi era stato alcun rifiuto di assistere lo S. , in quanto la madre, dopo un incontro nel corso del quale egli le aveva manifestato di ritenere di non essere il padre del bambino, non si era fatta più vedere, così radicando in lui tale convinzione. D'altra parte, lo S. , che aveva intrapreso il giudizio dopo aver superato il quarantesimo anno di età, risultava proprietario di un appartamento, titolare di pensione e coniugato con figli, uno dei quali già dedito ad attività lavorativa.
Instauratosi il contraddittorio, lo S. chiedeva il rigetto dell'appello proposto dal D. , proponendo a sua volta impugnazione incidentale con cui, oltre a dolersi dell'incongruità per difetto della somma liquidata a titolo di risarcimento del danno, sosteneva che la richiesta di un assegno alimentare doveva essere interpretata come una componente del ristoro del pregiudizio, e, più precisamente, come rendita vitalizia ex art. 2057 c.. 1.3 - La Corte di appello di Catania, con la sentenza indicata in epigrafe, rigettava tanto l'appello principale quanto quello incidentale, compensando le spese processuali.
Ritenuta infondata la tesi secondo cui il coniuge e i figli del D. erano da considerare litisconsorti necessari, in quanto priva di qualsiasi riscontro sul piano normativo, si osservava che il complesso delle risultanze probatorie era stato correttamente valutato nel senso del riconoscimento della paternità naturale in capo all'appellante principale. Da un lato venivano richiamati i riferimenti di natura documentale e testimoniale circa la relazione amorosa fra il D. e I..S. all'epoca del concepimento
dell'appellato, non omettendosi di sottolineare i comportamenti tenuti anche dai congiunti del D. , come quello del fratello avvocato, il quale aveva consegnato la somma di lire 500.000 alla donna, dicendole di non farsi più vedere;
dall'altro veniva evidenziato il carattere pretestuoso della mancata comparizione del convenuto per sottoporsi ai prelievi ematici, così tenendo un comportamento dal quale desumere, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, significativi elementi di prova. Quanto agli aspetti di natura risarcitoria, si e-sprimeva in primo luogo un giudizio di correttezza in merito all'interpretazione della domanda effettuata in primo grado, evidenziandosi il carattere di novità della richiesta di una rendita vitalizia.
Ribadita l'insussistenza dei presupposti per l'attribuzione di un assegno alimentare, si confermava la statuizione inerente all'accoglimento della pretesa risarcitoria in relazione alla violazione, ritenuta consapevole, di un diritto fondamentale della persona, quale quello, facente capo al figlio, di ricevere dai propri genitori assistenza materiale e morale.
Tenuto conto della limitazione della domanda al periodo successivo al raggiungimento della maggiore età dello S. , valutate anche le condizioni in cui egli concretamente versava, è le difficoltà incontrate negli anni giovanili, le vicissitudini che gli avevano minato anche la salute, si esprimeva un giudizio di congruità in relazione alla somma determinata in via equitativa dal Tribunale a titolo di ristoro del pregiudizio subito dall'attore, precisandosi, anche con riferimento a difformi interprefazioni del dispositivo di condanna emerse in sede esecutiva, che la rivalutazione ed il calcolo degli interessi legali sulla somma attribuita dovevano effettuarsi a partire dalla data della domanda.
1.4 - Per la cassazione di tale decisione lo S. propone ricorso, affidato a due motivi.
Il D. si difende con controricorso, proponendo a sua volta ricorso incidentale, affidato a due motivi, cui lo S. resiste con controricorso.
La difesa del ricorrente ha presentato osservazioni scritte all'esito delle conclusioni del pubblico ministero, ai sensi dell'art. 379 c.p.c., u.c.. MOTIVI DELLA DECISIONE
2 - Deve preliminarmente disporsi la riunione dei ricorsi, ai sensi dell'art. 335 c.p.c., in quanto proposti avverso la medesima decisione.
2.1 - Con il primo motivo del ricorso principale si denuncia "errata e comunque ingiusta valutazione equitativa del danno". Si duole lo S. dell'omessa considerazione delle conseguenze della violazione dei doveri inerenti all'assistenza, alla cura, al mantenimento e all'istruzione del figlio, nonché della contraddizione consistente nella descrizione, nella sentenza impugnata, dei pregiudizi di natura esistenziale e patrimoniale subiti soprattutto durante la sua sfortunata giovinezza e della modestia dell'importo liquidato, specificandosi che la limitazione nella domanda del termine iniziale da considerare ai fini risarcitori, fatto coincidere con il raggiungimento della maggiore età, voleva "significare che il danno lamentato era un danno permanente legato alla perdita di chances per un inserimento dignitoso nella vita sociale e quindi lavorativa". Sotto tale profilo si evidenzia che la richiesta modalità di liquidazione non costituiva, come erroneamente ritenuto dai giudici del merito, una domanda nuova.
Viene quindi formulato il seguente quesito: "Postocché l'attore ha dimostrato con le prove documentali ed orali ivi compresa la mancata presentazione a rendere