Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 03/11/2021, n. 31366

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In tema di rapporto di lavoro del direttore generale di un'azienda ospedaliera, ove questi sia stato dichiarato decaduto dall'incarico in forza di una legge sullo "spoils system" poi dichiarata incostituzionale (nella specie, Corte cost., sentenza n. 104 del 2007, relativa alla l. r. Lazio n. 1 del 2004) e non sia stato reintegrato, deve ritenersi che, a séguito della decadenza da considerarsi "tamquam non esset" per effetto della pronuncia di incostituzionalità e in conseguenza del rifiuto del datore di lavoro di ricevere la prestazione nell'ambito del sinallagma contrattuale, il rapporto di lavoro si sia ripristinato. Ne consegue che un nuovo provvedimento di decadenza del dirigente è possibile sulla base di motivi diversi da quelli sottesi al primo provvedimento decadenziale.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 03/11/2021, n. 31366
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 31366
Data del deposito : 3 novembre 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

31366-21 AULA 'B' Oggetto REPUBBLICA ITALIANA Decadenza IN NOME DEL POPOLO ITALIANO incarico direttore LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE generale Asl SEZIONE LAVORO R.G.N. 28706/2015 Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

1.31366 Cron. Dott. A M - Presidente Rep. Dott. C M Rel. Csigliere Ud. 08/06/2021 Dott. I TI Csigliere PU Csigliere Dott. FRANCESCA SPENA Dott. NICOLA DE MARINIS Csigliere ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso 28706-2015 proposto da: Я CONDO' FRANCO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIUSEPPE CERBARA 64, presso lo studio dell'avvocato F C, che lo rappresenta e difende;
ricorrente contro 2021 REGIONE LAZIO, in persona del legale 2028 rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MUZIO CLEMENTI 700 presso lo studio dell'avvocato ALESSANDRO BENEDETTI, che la rappresenta e difende;
controricorrente - - nonchè

contro

G P, AZIENDA USL ROMA E;
intimati - avversO la sentenza n. 4207/2015 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 28/05/2015 R.G.N. 3767/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 08/06/2021 dal Csigliere و Dott. C M;
il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. M F visto l'art. 23, comma 8 bis del D.L. 28 ottobre 2020 n. 137, convertito con modificazioni nella legge 18 dicembre 2020 n. 176, ha depositato conclusioni scritte. R. Gen. N. 28706/2015 FATTI DI CAUSA 1. La Corte d'appello di Roma, decidendo sull'impugnazione principale della Regione Lazio e su quella incidentale di F C, in accoglimento della prima ed in riforma della decisione del locale Tribunale, respingeva la domanda del Cdò, già nominato direttore generale dell'ASL RM E, intesa ad ottenere l'annullamento del provvedimento di decadenza dall'incarico suddetto adottato con delibera di G.R. n. 22 del 16 gennaio 2009, ai sensi dell'art. 3 bis, comma 7, del d.lgs. n. 502 del 1992, e del successivo decreto del Presidente della Regione Lazio n. T0010 del 23 gennaio 2009, confermativo della disposta decadenza, nonché la reintegrazione nell'incarico di direttore generale ovvero, in subordine, il risarcimento del danno patrimoniale nella misura della retribuzione spettante per i quindici mesi intercorsi tra il 5/8/2005 e il 6/11/2006. 2. Il Cdò era stato nominato direttore generale della ASL di Roma E sulla base di un contratto di prestazione d'opera professionale stipulato in data 10 novembre 2000 che prevedeva, in particolare, un termine di durata di tre anni, rinnovabile;
analogo contratto era stato stipulato fra le parti in data 7 novembre 2003 avente per oggetto il rinnovo dell'incarico precedente. C nota della Regione Lazio del 3 agosto 2005 era stata comunicata al ricorrente la decadenza dall'incarico di Direttore Generale con effetto dal 16 agosto 2005 per effetto dello spoil system di cui all'art. 55, comma 4, della legge Regione Lazio 11 novembre 2004, n. 1 (Nuovo Statuto della Regione Lazio). L'indicata norma era stata poi dichiarata incostituzionale dalla Corte cost. con sentenza n. 104/2007, seguita da altra pronuncia del medesimo giudice delle leggi (la n. 351/2008) che aveva anche dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 1, commi 1 e 2, della legge della Regione Lazio 13 giugno 2007, n. 8;
tale ultima norma aveva previsto che, in caso di decadenza dalla nomina dichiarata illegittima, la Regione fosse autorizzata a deliberare in via alternativa: a) il reintegro nelle cariche e il ripristino dei relativi rapporti di lavoro;
b) un'offerta di equo indennizzo (la soluzione di cui al comma 1, lettera b) doveva comunque essere 3 R. Gen. N. 28706/2015 adottata in caso di lavoro interrotto, di fatto, per oltre sei mesi), così sostanzialmente precludendo il rispristino del rapporto. Dopo le suddette pronunce il Cdò aveva chiesto di essere reintegrato nell'incarico di direttore generale dell'Azienda USL Roma E, avendo anche ottenuto pronuncia del Csiglio di Stato (ordinanza n. 6487 del 2008) che aveva disposto detta reintegra. La Regione Lazio non aveva, però, ottemperato a tale pronuncia, aveva inviato al Cdò in data 27 novembre 2008 contestazioni di addebito e quindi disposto, nel gennaio del 2009, la sua decadenza dall'incarico ai sensi dell'art. 3 bis, comma 7, del d.lgs. n. 502 del 1992 sulla base del grave disavanzo di gestione per gli esercizi 2003/2004/2005, di numerose violazioni dei principi del buon andamento dell'amministrazione, di violazioni di legge e di ulteriori gravi motivi riconducibili al mancato rispetto degli indirizzi regionali in materia di contenimento dei costi, controllo interno, gestione improntata a metodo budgettario, acquisizione di beni e servizi.

3. Il Cdò aveva proposto ricorso al TAR Lazio chiedendo l'annullamento previa sospensione dell'efficacia della delibera della - Giunta Regionale del Lazio n. 22 del 16 gennaio 2009 con la quale tale decadenza era stata disposta. Nella pendenza del suddetto processo dinanzi al TAR Lazio, Pietro Grasso, controinteressato in quanto successivamente nominato Direttore Generale dell'Azienda USL Roma E, proponeva alle Sezioni Unite della Corte Suprema di Cassazione ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione ai sensi dell'art. 41 cod. proc. civ. finalizzato all'accertamento che la domanda proposta da F C, sopra descritta, rientrasse nella giurisdizione dell'Autorità giudiziaria ordinaria. Sottolineava, in particolare, che il rapporto di lavoro del Direttore Generale è regolato da un contratto di lavoro di diritto privato, ha durata determinata e viene stipulato, ai sensi degli artt. 2222 e segg. cod. civ., come rapporto di lavoro autonomo. Ne conseguiva che gli atti di gestione di tale rapporto come la dichiarazione di decadenza costituivano espressione di un potere di natura privatistica e non già autoritativa al 4 R. Gen. N. 28706/2015 quale corrispondeva una posizione di diritto soggettivo con conseguente sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario. C ordinanza n. 1767 del 2011 questa Corte dichiarava la giurisdizione del giudice ordinario.

4. Nel giudizio riassunto dinanzi al Tribunale di Roma, il Cdò reiterava la richiesta di annullamento dell'atto che aveva disposto la decadenza deducendo in particolare il carattere strumentale dello stesso in quanto collegato alla volontà di non ottemperare alla reintegrazione disposta dal Csiglio di Stato. Sotto altro profilo il ricorrente allegava la sussistenza di vizi di illegittimità degli atti amministrativi impugnati, la violazione di norme imperative e l'insussistenza degli addebiti sui quali era basato il provvedimento di decadenza de quo.

5. Il Tribunale, in parziale accoglimento della domanda del Cdò, dichiarava illegittimo il provvedimento della Regione Lazio di decadenza del Cdò dall'incarico ex art. 3 bis, comma 7, del d.lgs. n. 502/1992, condannava la Regione al ripristino del rapporto contrattuale già intercorso con il ricorrente dal 10.11.2000 al 3.8.2005 per ulteriori 15 mesi dalla data di effettiva riammissione dello stesso nell'esercizio delle funzioni di direttore della ASL RME e rigettava, per il resto il ricorso.

6. La Corte territoriale in riforma di detta pronuncia rigettava le domande dell'appellato. Riteneva ammissibile il provvedimento di decadenza del 2009, anche se di fatto il rapporto non era stato ripristinato, non diversamente da quanto accade quando viene intimato un secondo licenziamento fondato su motivi diversi, la cui efficacia resta condizionata dall'eventuale declaratoria di illegittimità del primo recesso. Escludeva la fondatezza dell'eccezione relativa alla pretesa violazione del principio di immutabilità delle motivazioni riguardante la diversa ipotesi di un medesimo licenziamento, laddove nella specie si trattava di un successivo provvedimento di decadenza basato su presupposti diversi dal primo. 5 R.

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