Cass. civ., sez. II, sentenza 01/10/2003, n. 14584

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. II, sentenza 01/10/2003, n. 14584
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 14584
Data del deposito : 1 ottobre 2003
Fonte ufficiale :

Testo completo

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Oggetto 14584 /03 Lucchione worth caute SEZIONE SECONDA CIVILE incerelerine to chu. Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: عليه Dott. F PI, R.G.N. 21023/00 Cron.29525 Dott. S, Consigliere- Rep. 3880

SCHETTINO

Dott. O Consigliere- Dott. G - Consigliere

SETTIMJ

Ud.13/05/03 Dott. F P F Rel. Consigliere - ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: GRECO PETRONIO, GRECO RENATO, GRECO GREGORIO, GRECO LOLA, tutti coeredi della defunta sig.ra MARIA BARTHELEMY GRECO, DI T M figlia della coerede defunta Sig.ra L GO ved. di TOTA, AZURA DAVIDE, PELLEGRINI CLAUDIO, nipoti della coerede defunta Sig.ra L GO VED. DI TOTA, elettivamente domiciliati in

ROMA VIA PIERLUIGI DA PALESTRINA

6B presso lo studio dell'avvocato M C, che li RAOUL CUNEO, giusta difende unitamente all'avvocato delega in atti; - ricorrenti 2003 774 contro -1- R MARIO, R ANTONIO, R NICOLINA, tutti coeredi del defunto Sig.R LUIGI, elettivamente domiciliati in ROMA PZZA RICCARDO BALSAMO CRIVELL, presso lo studio dell'avvocato S S, difesi dall'avvocato G P, giusta delega in atti; - controricorrenti nonchè contro RULLAC FERNAND, RULLAC INES MADELEINE, RULLAC MARGUERITE MARCELLE, BARTHELEMY ALBERTO; intimati avverso la sentenza n. 76/00 della Corte d'Appello di CAMPOBASSO, depositata il 28/08/00; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/05/03 dal Consigliere Dott. Francesco Paolo FIORE; udito l'Avvocato PIETRUNTI G, difensore del resistente che ha chiesto rigetto; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Raffaele CENICCOLA che ha concluso per rigetto del ricorso. -2- SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con citazione del 20 marzo 1965, Petronio G, quale procuratore generale di M B ved. G, conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Campobasso, F R, Madeleine Rullac, M M R, A B e L R perché, determinati misura e limiti di partecipazione di ciascuno, si provvedesse alla divisione dei beni relitti da L P Armin- gaud, che, deceduto nel 1893, aveva istituito quali sue eredi la sorella nubile Marzialina e le due figlie Anna Desirè, da cui discendevano i Rullac, e Maria Luisa, coniugata Barthelemy, da cui discende- vano i Barthelemy, escluso il R, estraneo alla famiglia, che era stato istituito erede da Filiber- to Barthelemy, deceduto nel 1957. Dei convenuti si costituiva soltanto L R e sollevava questioni preliminari alla divisione dei beni. Sopravvenuta la morte dell'attrice M B ved. G, il processo era proseguito dai suoi figli, eredi, Linda, R, Petronio, G e Lola G. Con sentenza non definitiva del 29 dicembre 1986, in esito ad una laboriosa istruttoria, volta -tra 3 l'altro- ad individuare sia i partecipanti alla comunione da sciogliere che la stessa entità dei beni in comunione, il Tribunale di Campobasso accertava segnatamente: a) che delle sopraindicate eredi di L P A la sorella Marzia- lina aveva rinunciato all'eredità, con conseguente accrescimento della sua parte a favore delle altre due eredi Anna Desirè e Maria Luisa, coniugata Barthelemy;
b) che prescritto era il diritto di Anna Desirè e del di lei figlio Camillo Rullac di accettare l'eredità di L P A, con X conseguente accrescimento della relativa parte a favore dell'altra erede Maria Luisa, coniugata Barthelemy;
c) che prescritto, altresì, era il diritto di Alberto ed Alessandro Barthelemy di accettare l'eredità della madre Maria Luisa Barthe- lemy, con conseguente devoluzione in parti uguali delle relative porzioni alle altre eredi, le figlie M B, coniugata G, ed Eloisa Barthelemy, alla quale era stata peraltro attribui- ta con testamento anche la quota disponibile ed alla quale era poi succeduto il figlio Filiberto Barthelemy, che, а sua volta, aveva istituito suo erede L R. Sopravvenuta la morte del convenuto L R, il 4 processo era proseguito dai suoi figli, eredi, M, A e N R. Con sentenza definitiva del 23 novembre 1992, il Campobasso scioglieva la comunione Tribunale di attribuzione delle porzioni spettanti ai mediante G ed ai R, per quota di un terzo ai primi e di due terzi ai secondi. R, G e Lola G, nonchéPetronio, D A e C P, M D T, tre quali eredi di Linda G, questi ultimi gravamedeceduta nel frattempo, interponevano avverso le due sentenze, non definitiva e definiti- va. M, A e N R resistevano al gravame. F R, M R, Marguerite Marcelle Rullac ed A B erano contu- maci. Con sentenza del 28 agosto 2000, la Corte d'appello di Campobasso rigettava il gravame e compensava le spese del grado. In particolare, rilevava che gli appellanti, quali successori dell'erede di una delle coeredi benefi- ciarie dell'accrescimento, M B, coniugata G, non erano legittimati, né avevano 5 interesse, a far valere l'inefficacia della rinun- cia di M A all'eredità del fratel- lo L P, inefficacia sostenuta, in sede di gravame, per essere la rinunciante nel possesso dei beni ereditari, e, in primo grado, oggetto di iniziale eccezione, successivamente abbandonata. Negava, poi, l'eccepita nullità della consulenza tecnica d'ufficio, posto che "l'omesso avviso alle parti concerne l'integrazione della consulenza operata non già in base a dati ed elementi acquisi- ti dal consulente senza che alle parti fosse concessa la facoltà di interloquire, ma in base ad una riconsiderazione sotto altra prospettiva, quella della divisione in natura, degli elementi già acquisiti in contraddittorio con le parti". Riteneva infondate, infine, le censure espresse sul progetto di divisione, elaborato dal consulente tecnico d'ufficio e recepito dal primo giudice. Per la cassazione di tale sentenza, Petronio, R, G e Lola G, nonché Maria Di Tota, D A e C P, hanno proposto ricorso in forza di tre motivi, illustrati con memoria. M, A e N R hanno resistito con controricorso. 6 F R, M R, Marguerite Rullac ed A B non hanno svolto alcuna difesa. MOTIVI DELLA DECISIONE Con il primo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 84 cod. proc. civ., dell'art. 800 cod. civ. del 1865 e (all'occorrenza) dell'art. 674 cod. civ. vigente, nonché omessa ° insufficiente motivazione su punti decisivi della controversia, i ricorrenti si dolgono che la Corte di merito, nel rigettare l'eccezione di inefficacia della rinuncia di M A all'eredità del fratello L P A, abbia omesso di considerare che non poteva conseguire alcun accrescimento a tale rinuncia. Sostengono, infatti, con richiamo del testamento acquisito agli atti, in primo grado, che Luigi Pietro A non istitui le altre coeredi, le figlie Anna Desirè e Maria Luisa, in parti uguali, come richiesto a fini accrescimento, bensì in parti disuguali. Di qui, precisano, conseguiva l'interesse di essi ricorrenti, disconosciuto dalla Corte di merito, all'inefficacia di quella rinuncia, inefficacia già oggetto di eccezione, in primo grado, di cui era 7 preclusa la desistenza ad opera dei difensori, in difetto di specifico mandato. Il motivo non ha pregio. Ed invero, al di là di ogni altra considerazione, le doglianze dei ricorrenti involgono una questione nuova, anche in fatto, quella del difetto di accrescimento per disuguaglianza delle quote assegnate dal testatore L P A alle eredi, che i ricorrenti neppure prospettano di avere sollevato nel giudizio d'appello e di cui non v'è alcun cenno nella sentenza impugnata. La questione, perché nuova, nei termini esposti, perché poi fondata in fatto su supposte emergenze del testamento di L P A, di cui neppure si precisa il contenuto, in ricorso, in violazione del principio di autosufficienza di tale mezzo d'impugnazione, non può ritenersi ammessa in sede di legittimità, per consolidato orientamento di questa Corte in materia (v. ex plurimis Cass. n. 1679/00, n. 32491/99, n. 2934/99, n. 9861/98, n. 4910/98 e n. 4000/98). L'inammissibilità della questione coinvolge i connessi rilievi, che i ricorrenti formulano sul loro interesse а sollevarla e sull'ininfluenza della condotta tenuta al riguardo dai difensori, in 8 primo grado. Con il secondo motivo, denunciando violazione e 194, secondo comma,falsa applicazione dell'art. cod. proc. civ. e dell'art. 90, primo comma, disp. att. cod. proc. civ., nonché omessa о insufficiente motivazione su punto decisivo della controversia, i ricorrenti si dolgono che la Corte di merito abbia rigettato l'eccezione di nullità della consulenza tecnica d'ufficio, espletata in primo grado. Sostengono, infatti, che la Corte di merito ha inopinatamente disatteso quella loro eccezione, in forza del mero, ma inveritiero rilievo che l'operato del consulente d'ufficio sarebbe consi- stito in una semplice integrazione del suo elabora- to originario. Non si è trattato, precisano, com'è agevole rileva- re dagli atti di causa, di una semplice integrazio- ne di elaborato e, in ogni caso, è stato violato il essendosi impeditoprincipio del contraddittorio, di svolgere le loro ragioni. Il motivo non ha pregio. Ed invero, premesso che la denunciata violazione о falsa applicazione di norme è priva di specifica illustrazione e che la Corte di merito ha motivato, specificamente, nei termini indicati innanzi, in 9 narrativa, il rigetto dell'eccezione di nullità della consulenza d'ufficio, le doglianze dei ricorrenti si presentano inammissibili, in parte, e, in parte, infondate. Sono inammissibili, infatti, per genericità, in relazione al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, laddove, senza neppure chiarirne gli elementi fattuali, contestano che si versasse in ipotesi di integrazione della consulen- k za tecnica d'ufficio e, più specificamente, secondo quanto affermato in sentenza, che si trattasse di "integrazione della consulenza operata non già in base a dati ed elementi acquisiti dal consulente senza che alle parti fosse concessa la facoltà di interloquire, ma in base ad una riconsiderazione sotto altra prospettiva, quella della divisione in natura, degli elementi già acquisiti in contraddit- torio con le parti". Sono infondate, poi, laddove affermano un impedi- mento (peraltro, non meglio chiarito) all'esercizio delle ragioni di parte, non foss'altro perché, come evidenziato nella sentenza impugnata e nello stesso ricorso, i ricorrenti ebbero a svolgere le loro difese in ordine al complessivo operato del consu- lente tecnico d'ufficio, anche quanto alla nullità 10 eccepita, convertita in motivo di gravame. Con il terzo motivo, infine, denunciando violazione dell'art. 1102 cod. civ. ed omessa о insufficiente motivazione su punti decisivi della controversia, i ricorrenti si dolgono che la Corte di merito abbia peraltro,dato parziale er inadeguata, risposta alle critiche sollevate nei confronti della consu- lenza tecnica d'ufficio. Si dolgono, poi, che la Corte di merito non abbia neppure considerato la domanda di risarcimento danni, da loro proposta nei confronti dei R, che "prende le mosse dal fatto (acclarato e ricono- sciuto già dal Tribunale) che il compendio immobi- liare in oggetto era riccamente addobbato {come convenivasi alla antica famiglia A, così leggesi nella sentenza dei Giudici di primo grado) allorquando ne entrò in possesso esclusivo il dante causa dei suddetti coeredi R e che i relativi beni non sono mai stati rintracciati”. Anche quest'ultimo motivo non ha pregio, per genericità. I ricorrenti, infatti, come palesemente emerge dalla lettura del ricorso, non illustrano affatto la denunciata violazione о falsa applicazione dell'art. 1102 cod. civ. e, con riguardo alle 11 critiche mosse alla consulenza tecnica d'ufficio, che assumono non valutate o inadeguatamente valuta- te dalla Corte di merito, forniscono solo indica- zioni incomplete, senza neppure precisare il contenuto effettivo dei rilievi di consulenza sottoposti a critica, così che a questa Corte non è consentita la stessa individuazione, puntuale e pronta, delle questioni da risolvere. I ricorrenti, poi, sulla domanda di risarcimento danni, che assumono ignorata dalla Corte di merito, altro non espongono che quanto innanzi virgoletta- to, palesemente inidoneo ad individuare misura e limiti della stessa questione, posta all'esame di questa Corte. Non indicano il contenuto effettivo di tale doman- da, di cui non è alcun cenno nelle sentenza impu- modo ed il tempo di suagnata, né precisano il proposizione, e neppure chiariscono quale decisione abbia reso in merito il primo giudice e se sia stata oggetto d'appello. Conclusivamente, quindi, per le ragioni esposte, il ricorso deve essere rigettato. Sussistono giusti motivi per compensare le spese del giudizio di cassazione tra le parti, per intero. 12

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