Cass. civ., SS.UU., sentenza 27/07/2004, n. 14085
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Deve escludersi la giurisdizione del giudice ordinario sulla domanda di equa riparazione del danno proposta da dipendente del Senato della Repubblica, ai sensi dell'art. 2 della legge n. 89 del 2001, in relazione alla durata della procedura di liquidazione del t.f.r. svoltasi dinanzi agli organi giurisdizionali del Senato (secondo la previsione dell'art. 12 del relativo regolamento 17 febbraio 1971), sussistendo invece, anche per tale domanda, la giurisdizione speciale dei medesimi organi presso cui si svolse il giudizio del quale si lamenta la durata eccessiva.
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. C R - Primo Presidente f.f. -
Dott. O G - Consigliere -
Dott. P G - Consigliere -
Dott. L E - rel. Consigliere -
Dott. P V - Consigliere -
Dott. M C F - Consigliere -
Dott. V U - Consigliere -
Dott. L P M - Consigliere -
Dott. T R M - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
A A, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI SCIALOJA 6, presso lo studio dell'avvocato T K DE LA GRANGE, che lo rappresenta e difende, giusta delega in calce al ricorso;
- ricorrente -
contro
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, SENATO DELLA REPUBBLICA;
- intimati -
avverso il decreto definitiva della Corte d'Appello di ROMA - Sezione Equa riparazione, depositato il 22/05/02;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 01/07/04 dal Consigliere Dott. E L;
udito l'Avvocato T K DEL LA GRANGE;
udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott. I D che ha concluso per il rigetto del ricorso, con dichiarazione del difetto di giurisdizione del giudice ordinario. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
A A, già funzionario del Senato della Repubblica, presentò, il 19 gennaio 1990, ricorso alla Commissione contenziosa del Senato avverso la liquidazione del trattamento di fine rapporto conseguente alle dimissioni volontarie presentate ed accolte in data 1 febbraio 1989. La Commissione contenziosa, uditi il ricorrente e l'avvocatura dello Stato in rappresentanza del Senato, accolse il ricorso dell'A con decisione del 27 novembre 1996, depositata il 17 marzo 1997. Proposto appello dall'Amministrazione del Senato, il Consiglio di garanzia del Senato, con la decisione del 10 novembre 2000, depositata il 6 dicembre 2000, confermò la pronunzia di primo grado.
L'8 ottobre 2001 l'A proponeva ricorso alla Corte di appello di Roma nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Senato della Repubblica, lamentando l'eccessiva durata della procedura svoltasi davanti agli organi del Senato e chiedendo l'equa riparazione prevista dalla legge 24 marzo 2001 n. 89. Il ricorrente premetteva che, il 27 giugno 2001, egli aveva proposto un reclamo alla Corte europea dei diritti dell'uomo, per la violazione dell'art.
6.1 della relativa Convenzione, e che, il 27 luglio 2001 la cancelleria della Corte europea io aveva invitato ad utilizzare in via preliminare la procedura prevista dalla citata legge n. 89/2001. Costituitisi i due soggetti intimati attraverso l'avvocatura dello Stato, la Corte di appello adita, con il decreto depositato il 22 maggio 2002, ha dichiarato il proprio diletto di giurisdizione, "considerato che la giurisdizione domestica del Senato della Repubblica, disciplinata da regolamento interno, è espressione dell'indipendenza e dell'autonomia costituzionale del Parlamento e, di conseguenza, non può essere sottoposta al sindacato di altri giudici nazionali".
Avverso il decreto della Corte di appello di Roma A A ha proposto ricorso per Cassazione. La Presidenza del Consiglio dei Ministri ed il Senato della Repubblica non hanno svolto attività difensiva davanti a questa Corte.
Il ricorrente ha presentato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.- Il ricorrente deduce che la decisione impugnata è affetta da violazione di legge, ed in particolare: a) dalla "violazione dell'art. 24, primo comma, della Costituzione", perché "il diritto alla piena tutela giurisdizionale, garantito dalla Costituzione, prevale sulle prerogative del Parlamento, imponendosi come principio assoluto dell'ordinamento giuridico italiano cui stesso Parlamento non può sottrarsi";
b) dalla "violazione dell'art. 10, primo comma, della