Cass. civ., SS.UU., sentenza 31/03/2015, n. 6493
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L'accertamento della responsabilità per danno erariale operato nei confronti del funzionario addetto al servizio finanziario del comune - il quale ha consentito l'inserimento, in taluni capitoli dei bilanci di previsione approvati dal comune di appartenenza, di appostazioni previsionali di entrate sovrastimate o non giustificate da realistici presupposti della loro riscossione, nonché iscritto spese di importo equivalente che l'ente non ha potuto sopportare, con conseguente anticipazione di tesoreria per la parte corrispondente - non integra una violazione dei limiti esterni della giurisdizione della Corte dei conti, non implicando un sindacato nel merito delle scelte discrezionali del funzionario, ma unicamente un controllo sulla legittimità del suo operato in relazione ai compiti a lui specificamente attribuiti dall'art. 153, comma 4, del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267.
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. R F - Primo Presidente f.f. -
Dott. R R - Presidente di Sez. -
Dott. B R - Consigliere -
Dott. C A - Consigliere -
Dott. B G - Consigliere -
Dott. N V - Consigliere -
Dott. S A - Consigliere -
Dott. C P - Consigliere -
Dott. G A - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 26414-2013 proposto da:
DI GREGORIO SALVATORE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PORTUENSE 104, presso la sig.ra DE ANGELIS ANTONIA, rappresentato e difeso dall'Avvocato C A, per delega a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
PROCURATORE GENERALE RAPPRESENTANTE IL PUBBLICO MINISTERO PRESSO LA SEZIONE GIURISDIZIONALE D'APPELLO PER LA REGIONE SICILIANA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BAIAMONTI 25;
- controricorrente -
e contro
COMUNE DI CATANIA, BUTTÀ SALVATORE, DI MAURO ANTONIO;
- intimati -
avverso la sentenza n. 94/A/2013 della CORTE DEI CONTI - SEZIONE GIURISDIZIONALE D'APPELLO PER LA REGIONE SICILIANA - PALERMO, depositata il 05/04/2013.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 24/03/2015 dal Consigliere Dott. ALBERTO GIUSTI;
udito l'Avvocato AGATINO CARIOLA;
udito il P.M., in persona dell'Avvocato Generale Dott. APICE Umberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. - Con atto di citazione del 29 aprile 2008 il procuratore regionale presso la sezione giurisdizionale per la Regione Siciliana ha chiamato in giudizio, per sentirlo condannare al risarcimento del danno in favore dell'erario del Comune di Catania, tra gli altri, il dott. D G Salvatore, dirigente responsabile del servizio finanziario del Comune di Catania nonché responsabile del procedimento volto alla predisposizione delle proposte di Delib. di approvazione dei bilanci preventivi.
La vicenda di responsabilità amministrativa, emersa da un'indagine ispettiva promossa dall'Assessorato regionale delle autonomie locali, è incentrata sulla situazione di bilancio e di cassa del Comune di Catania, riferita agli esercizi finanziari degli anni 2003 e 2004, nel corso dei quali l'amministrazione comunale aveva fatto ricorso in modo frequente all'anticipazione di tesoreria per la necessità di procedere alla effettuazione delle spese previste nei bilanci preventivi approvati dal consiglio comunale relativi a detti esercizi. Il ricorso alle anticipazioni di cassa aveva comportato l'erogazione di ingenti interessi passivi al tesoriere comunale, determinando un peggioramento della situazione finanziaria e di cassa del Comune, già deficitaria. Si sarebbe verificato che risultassero iscritte in taluni capitoli del bilancio approvato previsioni di entrate sovrastimate o non attendibili costituenti di per sè crediti inesigibili.
Secondo il procuratore regionale, il massiccio ricorso alle anticipazioni di cassa conseguenti alla sopravvalutazione o inattendibilità di talune entrate iscritte in bilancio, risultate poi inesigibili, sarebbe riconducibile a condotte poste in essere, tra gli altri, dal dott. D G, il quale, nell'esercizio delle proprie attribuzioni funzionali, avrebbe fornito la quantificazione delle entrate in questione, da iscrivere negli appositi capitoli del bilancio di previsione, prive dell'idoneo titolo giuridico che avrebbe consentito l'iscrizione della somma nel bilancio di entrata ed occorrendo il mantenimento della stessa tra i residui attivi in sede di rendiconto a chiusura dell'esercizio. 2. - Con sentenza n. 773/2011 del 2 marzo 2011, la Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione Siciliana ha affermato la responsabilità amministrativa del convenuto ed ha determinato il danno a suo carico nella misura del 50% di quello contestato nell'atto di citazione, per cui ha condannato il D G al pagamento della somma di Euro 457.249,84. 3. - La Corte dei conti, Sezione giurisdizionale di appello per la Regione Siciliana, in parziale accoglimento dell'appello del D G ed in parziale riforma della pronuncia appellata, con sentenza in data 5 aprile 2013, n. 94, ha condannato il medesimo al pagamento della minor somma di Euro 232.282,64, oltre accessori. 3.1. - Per quanto qui ancora rileva, i giudici d'appello hanno dichiarato inammissibile per tardività, essendo stata sollevata solo nel giudizio di appello, l'eccezione di nullità per dedotta violazione del D.L. 1 luglio 2009, n. 78, art. 17, comma 30-ter, (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini), convertito, con modificazioni, nella L. 3 agosto 2009, n. 102, per essere stata l'azione promossa dal procuratore regionale solo in seguito a notizia contenuta in un articolo di stampa, da ritenere notizia di danno non specifica e concreta;ed hanno altresì rigettato l'eccezione di nullità per violazione del principio di indipendenza e imparzialità del giudice (formulata sul rilievo che il Collegio di primo grado avrebbe anticipato il suo giudizio in altro procedimento attinente alla stessa vicenda) e l'eccezione di nullità dell'atto di citazione per violazione del D.L. 15 novembre 1993, n. 453, art. 5 (Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti), convertito, con modificazioni, nella L. 14 gennaio 1994, n. 19. Hanno poi respinto la richiesta di sospensione del processo, ai
sensi dell'art. 295 cod. proc. civ., in attesa della definizione del giudizio penale che vede coinvolti il sindaco del Comune di Catania, gli assessori al bilancio nonché i componenti della giunta comunale, tutti imputati per reati commessi nelle procedure di rendicontazione, di riaccertamento dei residui e di formazione delle passività fuori bilancio relativamente alla gestione di bilancio del Comune di Catania negli esercizi 2003 e 2004.
Nel merito, la Sezione giurisdizionale d'appello ha condiviso l'accertamento, compiuto dal giudice di primo grado, circa l'avvenuta iscrizione, in taluni capitoli dei bilanci di previsione approvati del Comune di Catania relativi agli esercizi 2003 e 2004, di appostazioni previsionali di entrate sovrastimate o non giustificate da realistici presupposti della loro riscossione, costituenti, pertanto, previsioni di entrate che, dopo l'approvazione del bilancio, erano già segnate da inesigibilità, rilevando che l'inserimento nel bilancio di tali previsioni di entrate avrebbe fornito il pretesto per l'iscrizione nella parte della spesa del bilancio di previsioni di importo equivalente a quello delle previsioni di entrate sovrastimate, per rispettare formalmente il principio del pareggio finanziario tra entrate e spese, che non sarebbe stato, poi, possibile sostenere in base alle previsioni di bilancio approvate, se non ricorrendo all'anticipazione di cassa dal tesoriere come avvenuto effettivamente nel presente caso. Quanto al profilo soggettivo della responsabilità, la Sezione giurisdizionale d'appello, richiamata la previsione normativa del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, approvato con il D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 153, comma 4, ha rilevato che il D G ha assunto anche la veste di responsabile del procedimento volto alla predisposizione dei bilanci ed ha avuto attribuite competenze di livello sovraordinato, nel senso che era tenuto alla verifica di veridicità delle previsioni di entrata formulate dai dirigenti responsabili dei singoli settori nonché, in caso di esito negativo di tale controllo, alla riformulazione delle previsioni con onere di comunicazione dell'iniziativa intrapresa ai responsabili che avevano proposto la previsione finanziaria di entrata dallo stesso modificata. Ad avviso dei giudici del gravame, la macroscopica discordanza quantitativa tra l'ammontare delle entrate di cui si prevedeva l'accertamento e le entrate oggetto di reale accertamento sarebbe sintomatica di un esercizio delle funzioni svolto con grossolana superficialità e con inescusabile trascuratezza dei chiari dettati della normativa primaria e secondaria che disciplina la materia, atteso che tali previsioni di entrata si sono rivelate inattendibili in quanto prive di riscontri realistici utili all'accertamento nonché caratterizzate da una certa ed assoluta inesigibilità per cui non sono transitate nei residui attivi nella elaborazione del rendiconto.
La Sezione giurisdizionale ha quindi proceduto ad una nuova determinazione del danno da risarcire al Comune di Catania. 4. - Per la cassazione della sentenza della Sezione giurisdizionale d'appello della Corte dei conti per la Regione Siciliana, il dott. D G ha proposto ricorso, con atto notificato il 19 novembre 2013, sulla base di quattro motivi.
Vi ha resistito, con controricorso, la Procura generale presso la Sezione giurisdizionale d'appello per la Regione Siciliana. In prossimità dell'udienza il ricorrente ha depositato una memoria illustrativa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. - Con il primo motivo si denuncia il difetto di giurisdizione della Corte dei conti per violazione e falsa applicazione dei limiti esterni della giurisdizione del giudice contabile, nonché per violazione e falsa applicazione della L. 14 gennaio 1994, n. 20, art. 1 (Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte
dei conti), nella parte in cui la decisione ha comportato la sostituzione del giudice contabile nell'attività e negli apprezzamenti propri della struttura amministrativa. La responsabilità contabile del D G sarebbe stata ritenuta sulla base di un ragionamento di tipo presuntivo sugli esiti dell'attività amministrativa richiesta al ricorrente, ma in questo modo il giudice contabile si sarebbe sostituito agli organi amministrativi in ordine al merito dell'attività svolta e sarebbe incorso in un difetto di giurisdizione. Il dott. D G - si assume - si è trovato a svolgere le funzioni di ragioniere generale presso il Comune di Catania a seguito di incarichi assai precari, che gli potevano permettere soltanto di gestire l'ordinario e lo obbligavano perciò a continuare a svolgere il rapporto contrattuale con il tesoriere Banco di Sicilia ed a ricorrere alle anticipazioni sulla base delle attestazioni di entrata degli altri funzionari. Alla stregua dell'ordinamento organizzativo comunale, il D G non poteva sostituirsi agli altri dirigenti che gli attestavano le spese, sicché il ricorso alle anticipazioni di tesoreria era lo strumento necessario e legittimo per consentire al Comune di Catania lo svolgimento delle funzioni essenziali e dei servizi fondamentali. 1.1. - Il motivo è infondato.
L'insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali compiute dai soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti non comporta che esse siano sottratte ad ogni possibilità di controllo, e segnatamente a quello della conformità alla legge che regola l'attività amministrativa (Sez. Un., 25 gennaio 2006, n. 1376; Sez. Un., 21 febbraio 2013, n. 4283; Sez. Un., 10 marzo 2014, n. 5490). La Corte dei conti, pertanto, non ha violato i limiti esterni della propria giurisdizione, giacché la sentenza impugnata ha affermato la responsabilità del ricorrente non perché egli avesse effettuato una scelta che non si ispirava a criteri di economicità ed efficacia, ma perché aveva posto in essere un comportamento contra legem. Infatti, la responsabilità per danno erariale del dott. D G, dirigente a capo del servizio finanziario nonché del procedimento volto alla predisposizione delle proposte di Delib., è stata accertata per avere costui - in violazione del principio contabile dell'ordinamento degli enti locali di veridicità ed attendibilità delle poste iscritte nel bilancio di previsione e del connesso principio del pareggio finanziario - consentito che risultassero inserite, in taluni capitoli dei bilanci di previsione approvati dal Comune di Catania, appostazioni previsionali di entrate sovrastimate o non giustificate da realistici presupposti della loro riscossione, e iscritte spese di importo equivalente, che l'ente locale non ha potuto sopportare, con conseguente ricorso all'anticipazione di tesoreria per la parte corrispondente. Il giudice contabile ha quindi operato una verifica di legittimità dell'agire amministrativo del funzionario responsabile del servizio finanziario, tenendo conto che - per espressa previsione normativa (art. 153, comma 4, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali) - rientrano tra le sue attribuzioni, e tra i suoi doveri di controllo, la verifica di veridicità delle previsioni di entrata e di compatibilità delle previsioni di spesa, avanzate dai vari servizi, da iscriversi nel bilancio annuale o pluriennale, la verifica periodica dello stato di accertamento delle entrate e di impegno delle spese e, più in generale, la salvaguardia degli equilibri finanziari complessivi della gestione e dei vincoli di finanza pubblica.
2. - Con il secondo motivo si denuncia il difetto di giurisdizione della Corte dei conti per violazione e falsa applicazione dei limiti esterni della giurisdizione del giudice contabile, nonché per violazione e falsa applicazione della L. n. 20 del 1994, art. 1 nella parte in cui la decisione ha determinato il danno asseritamente subito dal Comune di Catania sulla base di una valutazione equitativa assolutamente discrezionale. Ad avviso del ricorrente, in assenza di una prova certa sul danno subito dal Comune, la decisione avrebbe finito per irrogare al D G una sorta di sanzione personale di natura forfettaria, adottando un apprezzamento sulla misura del medesimo danno non rispondente al modello della responsabilità amministrativa.
2.1. - Il motivo è inammissibile, non essendo configurabile alcuna violazione dei limiti esterni della giurisdizione. La sentenza impugnata ha innanzitutto quantificato il danno subito dal Comune di Catania con criteri matematici, avendo riguardo alle entrate complessive inesigibili relative all'anno 2003 e all'anno 2004 e all'importo degli interessi passivi pagati per le anticipazioni di tesoreria;il criterio equitativo è stato utilizzato per la ripartizione del danno tra i convenuti, in considerazione del diverso apporto causale di ciascuno in base alle diverse competenze assegnate ai responsabili dei vari servizi dal testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali e dal regolamento di contabilità dell'ente. La censura avverso la liquidazione del danno effettuata dal giudice contabile investe un preteso error in iudicando e quindi i limiti interni della giurisdizione (Sez. Un., 12 marzo 2013, n. 6081). 3. - Il terzo motivo lamenta difetto di giurisdizione, sotto il profilo di rifiuto di tutela giurisdizionale, per omessa pronuncia sulla richiesta di applicazione della definizione agevolata, ai sensi della L. 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, comma 231, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2006).
3.1. - Anche questo motivo è inammissibile.
Occorre preliminarmente rilevare che, al contrario di quanto lamentato dal ricorrente, dal testo della sentenza impugnata (pag. 18) risulta che, in realtà, il giudice contabile d'appello si è pronunciato, con ordinanza n. 26 del 21 giugno 2012, a seguito di procedimento camerale, sull'istanza di definizione agevolata, rigettandola.
Ora, la norma sulla definizione agevolata dei giudizi di responsabilità erariale, di cui alla L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 231, non è una norma sulla giurisdizione, riguardando una
modalità procedimentale interna al giudizio contabile, sicché non può avere ingresso il motivo di ricorso per cassazione per erronea applicazione di quella norma, perché esso mira in realtà a sollecitare un sindacato afferente i limiti interni della giurisdizione della Corte dei conti (Sez. Un., 10 giugno 2013, n. 14503; Sez. Un., 14 gennaio 2015, n. 476). 4. - Il quarto motivo denuncia illegittimità ed erroneità della sentenza e difetto di giurisdizione della Corte dei conti, per violazione e falsa applicazione dei limiti esterni della giurisdizione del giudice contabile, in relazione ai vizi del procedimento istruttorie condotto dalla Procura contabile e per i vizi del primo e del secondo grado di giudizio.
Più in particolare il ricorrente lamenta:
- l'erroneità delle sentenze di primo e di secondo grado per avere disatteso l'eccezione in merito alla coincidenza dell'azione esercitata dalla Procura contabile nel giudizio 54993 con quella già avanzata a carico del dott. D G nei giudizi iscritti ai nn. 50077 e 54103 del registro di segreteria della Corte dei conti per la Regione Siciliana, sezione giurisdizionale;inammissibilità dell'azione della Procura contabile per violazione del principio del ne bis in idem;
l'erroneità delle sentenze di primo e secondo grado per avere disatteso l'eccezione in merito all'illegittimità della procedura istruttoria posta in essere dalla Procura contabile;nullità dell'atto di citazione per violazione del D.L. n. 453 del 1993, art. 5;inutilizzabilità del materiale probatorio presentato dalla
Procura contabile perché formato in assenza di contraddittorio;
nullità conseguente delle decisioni adottate;in subordine:
questione di legittimità costituzionale del D.L. n. 453 del 1993, art. 5 per contrasto con gli artt. 3, 24, 111 e 117 Cost.;
nullità delle sentenze n. 773 del 2011 e n. 94 del 2013 per avere disatteso l'eccezione in merito alla inammissibilità della documentazione raccolta e prodotta dalla Procura contabile sotto il profilo probatorio perché formata da "tecnici" della Procura medesima in assenza di contraddittorio;assenza e carenza di prova ex art. 2697 cod. civ.;
illegittimità e nullità della sentenza n. 773 del 2011 e della successiva sentenza n. 94 del 2013 per violazione del dovere di indipendenza ed imparzialità del giudice e del rispetto del contraddittorio, sotto l'aspetto che il giudice di primo grado ha conosciuto anche di altra vicenda in altro procedimento con parti diverse;
erroneità della sentenza n. 773 del 2011 e della successiva sentenza di appello n. 94 del 2013 per essersi fondate sull'acquisizione istruttoria del pubblico ministero a seguito dell'ordinanza della Corte di primo grado n. 209 del 2009;violazione del principio di indipendenza ed imparzialità del giudice sotto l'aspetto che non si è apprezzata la mancanza di prova offerta dalla procura contabile, ma si è ordinato alla stessa di integrare ed offrire gli elementi di prova a carico degli incolpati in violazione dell'art. 2697 cod. civ. e del principio di eguaglianza;violazione del diritto di difesa dell'incolpato;inammissibilità delle richieste avanzate con l'atto di riassunzione del 7 aprile 2010;illegittimità derivata della sentenza di appello n. 94 del 2013;
- illegittimità e nullità della sentenza di primo grado n. 773 del 2011 ed in via derivata della sentenza di appello n. 94 del 2013, che non hanno ammesso e non si sono nemmeno pronunziate sulle richieste istruttorie del D G di esercitare i poteri istruttori previsti dal R.D. n. 1214 del 1934, art. 73 e dal R.D. n. 1038 del 1933, art. 15;
- nullità di tutti gli atti istruttori e processuali ai sensi della L. 3 agosto 2009, n. 102, art. 17, comma 30-ter, come modificato dal D.L. 3 agosto 2009, n. 103, art. 1, comma 1, lett. c), convertito in L. 3 ottobre 2009, n. 141;nullità conseguente della sentenza di primo e di secondo grado.
4.1. - La censura è inammissibile.
Va, qui, ribadito che anche a seguito dell'inserimento della garanzia del giusto processo nella formulazione dell'art. 111 Cost., il sindacato delle Sezioni Unite della Corte di cassazione sulle decisioni rese dalla Corte dei conti è limitato all'accertamento dell'eventuale sconfinamento dai limiti esterni della propria giurisdizione da parte del giudice contabile, ovvero all'esistenza di vizi che riguardano l'essenza di tale funzione giurisdizionale e non il modo del suo esercizio, restando, per converso, escluso ogni sindacato sui limiti interni di tale giurisdizione (Sez. Un., 12 marzo 2013, n. 6081, cit; Sez. Un., 14 gennaio 2015, n. 476, cit.). Nella specie la doglianza articolata dal ricorrente si fonda su vizi processuali relativi a violazione dei principi costituzionali del giusto processo, quali quelli che riguardano il contraddittorio tra le parti, la loro parità di fronte al giudice, il ne bis in idem, l'esercizio del diritto di difesa o le regole sul procedimento istruttorio condotto dal pubblico ministero contabile o sull'acquisizione delle prove nel processo.
Si tratta di violazioni endoprocessuali non inerenti all'essenza della giurisdizione ma al modo in cui la stessa è stata esercitata. È di conseguenza inammissibile, per difetto di rilevanza, la questione di legittimità costituzionale del D.L. n. 453 del 1993, art. 5, comma 6, convertito in L. n. 19 del 1993, sollevata nella
parte in cui non prevede che le garanzie del contraddittorio afferiscono anche alla fase delle indagini condotte dal pubblico ministero contabile. Si tratta, infatti, di norma concernente il procedimento dinanzi alla Corte dei conti, la cui corretta interpretazione ed applicazione è assicurata all'interno e nell'ambito del giudizio contabile, ma che, non investendo i profili inerenti alla giurisdizione, non è destinata a trovare applicazione dinanzi alle Sezioni Unite.
5. - Il ricorso è rigettato.
Non si deve provvedere sulle spese, considerata la natura di parte soltanto in senso formale del controricorrente Procuratore Generale rappresentante il pubblico ministero presso la Corte dei conti. Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è respinto, sussistono le condizioni per dare atto - ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, il comma 1- quater - della sussistenza dell'obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione integralmente rigettata.