Cass. civ., sez. III, sentenza 16/03/2010, n. 6325

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.

Segnala un errore nella sintesi

Massime3

L'art. 68 Cost., allo scopo di preservare la funzione parlamentare da indebite interferenze e da illeciti condizionamenti, deroga eccezionalmente alla parità di trattamento davanti alla giurisdizione, introducendo una causa soggettiva di esclusione della punibilità, che mette al riparo il parlamentare da tutte le azioni civili (oltre che penali), sia dirette che in via di regresso; conseguentemente,dalla strumentalità dell'immunità allo svolgimento della funzione e dalla sua non incidenza sulla illiceità del fatto, deriva che l'immunità non può essere estesa oltre le persone di coloro che tale funzione esercitano. (In applicazione del suddetto principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso l'estensione dell'immunità all'emittente televisiva che aveva mandato in onda le dichiarazioni offensive di un deputato).

L'affidamento, da parte di un'emittente televisiva, della conduzione di una trasmissione di commento all'attualità politica e sociale a una persona ben nota per la mancanza di remore nella manifestazione del pensiero, al fine di capitalizzarne l'innegabile attrattiva in termini di "audience", traducendosi nella messa in onda di una trasmissione-spettacolo, centrata sui dati caratteriali di un personaggio politico capace di "bucare lo schermo", pur se a rischio dell'onore e della reputazione altrui, comporta a carico dell'emittente la responsabilità di cui all'art. 2049 cod. civ. per i danni arrecati ai terzi, non richiedendosi, ai fini della configurabilità del rapporto di preposizione, un vincolo di dipendenza, ma essendo sufficiente anche una mera collaborazione od ausiliarità del preposto, nel quadro dell'organizzazione e delle finalità dell'impresa gestita dal preponente, e prescindendosi dalla colpa del preponente, in quanto la responsabilità è imputata a titolo oggettivo, avendo come suo presupposto la consapevole accettazione dei rischi insiti in quella particolare scelta imprenditoriale.

Il termine perentorio previsto dall'art. 305 cod. proc. civ. ai fini della riassunzione del giudizio interrotto é riferibile solo al deposito del ricorso in cancelleria, sicché, eseguito tempestivamente tale adempimento, quel termine non gioca più alcun ruolo sulla fissazione successiva, ad opera del giudice, di un ulteriore termine per eseguire la notificazione prescritta dall'art. 303 cod. proc. civ. Ne consegue che, depositato tempestivamente il ricorso in cancelleria e così perfezionatasi la riassunzione, in caso di nullità della notificazione dell'atto riassuntivo, il giudice deve ordinare la rinnovazione della notifica entro un termine perentorio - come previsto dall'art. 291 cod. proc. civ. - il cui mancato rispetto determina l'estinzione del giudizio. Tuttavia, qualora la rinnovazione della notificazione alla parte sia superflua, risultando dall'attività processuale che essa ne ha avuto conoscenza, in applicazione del principio della ragionevole durata del processo di cui all'art. 111 Cost., deve escludersi l'estinzione del processo nel caso di mancato ordine di rinnovazione della notificazione da parte del tribunale. (Fattispecie nella quale la notifica, avvenuta presso lo studio dell'effettivo difensore e domiciliatario, a mani della segretaria, era destinata ad avvocato avente diverso nome proprio, anche se lo stesso cognome, e il giudice non aveva disposto la rinnovazione, ma solo rinviato la discussione, stante la costituzione del convenuto a mezzo del proprio avvocato con comparsa depositata prima dell'udienza, sia pure per eccepire l'estinzione).

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. III, sentenza 16/03/2010, n. 6325
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 6325
Data del deposito : 16 marzo 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VARRONE Michele - Presidente -
Dott. FILADORO Camillo - Consigliere -
Dott. FEDERICO Giovanni - Consigliere -
Dott. AMBROSIO NNmaria - Consigliere -
Dott. LANZILLO Raffaella - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 23574/2005 proposto da:
RT RETI TELEVISIVE ITALIANE SPA 03976881007, in persona del suo procuratore speciale avv. Longhini Stefano, in virtù di procura rilasciata dal Presidente legale rappresentante Dr. Berlusconi Piersilvio, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CICERONE 60, presso lo studio dell'avvocato PREVITI Stefano, che lo rappresenta e difende giusta delega a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro
TA UA VI RI, TA ANNA, TA ROBERTO, TA PAOLA, TA SIMONETTA, TA ROSANNA, BI TO;

- intimati -

sul ricorso 27250/2005 proposto da:
UA VI RI, ved. TA, [...], TA ANNA, [...], TA ROBERTO, [...], TA PAOLA, [...], TA SIMONETTA, CSTSNT52R68F8391, TA ROSANNA, [...], elettivamente domiciliati in ROMA, VIA COLA DI RIENZO 149, presso lo studio dell'avvocato FIDENZIO SERGIO, rappresentati e difesi dagli avvocati BARRA CARACCIOLO FRANCESCO, OLIVIERI GIUSEPPE giusta delega a margine del controricorso con ricorso incidentale;

- ricorrenti -

contro
RT RETI TELEVISIVE ITALIANE SPA, 03976881007, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CICERONE 60, presso lo studio dell'avvocato PREVITI STEFANO, che la rappresenta e difende in forza di procura speciale rilasciata a margine del ricorso principale;

- controricorrenti -

e contro
BI TO;

- intimato -

avverso la sentenza n. 2146/2004 della CORTE D'APPELLO di NAPOLI, Sezione Prima Civile, emessa il 19/05/2004, depositata il 24/06/2004;

R.G.N. 1457/1998.
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 08/02/2010 dal Consigliere Dott. RAFFAELLA LANZILLO;

udito l'Avvocato Carla PREVITI per delega avv. Stefano PREVITI;

udito l'Avvocato Giuseppe OLIVIERI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La vedova del magistrato Gennaro AG, EN AG IL IA, i due figli, AG NN e TO, e le sorelle AG AO, SI e NA, hanno convenuto davanti al Tribunale di Napoli AR TT e la s.p.a. RT-Reti Televisive Italiane, chiedendo il risarcimento dei danni subiti a seguito delle trasmissioni del programma televisivo "AR quotidiani" del 19.4.1994 e del 7.5.1994 (quest'ultima successiva alla morte del loro congiunto), nel corso delle quali l'on. AR ha rivolto al Dott. AG espressioni gravemente offensive della sua dignità e della sua reputazione. I danni sono stati richiesti in L. 500 milioni per ognuno degli attori, oltre all'importo della sanzione pecuniaria di cui alla L. 8 febbraio 1948, n. 47, art. 12. I convenuti hanno resistito alla domanda, eccependo fra l'altro 1'improcedibilità delle domande risarcitorie, ai sensi dell'art. 68 Cost., comma 1. Il Tribunale ha sollevato d'ufficio questione di legittimità costituzionale dei decreti legge emanati per disciplinare la materia di cui all'art. 68 Cost., comma 1, questione su cui la Corte costituzionale ha dichiarato - con ordinanza 24 aprile 1996 - non poter pronunciare, per essere stato nel frattempo approvato il D.L. 12 marzo 1996, n. 116.
Gli attori hanno riassunto il giudizio e la RT ne ha eccepito l'estinzione, a causa della nullità-inesistenza della notificazione dell'atto di riassunzione.
Con sentenza n. 9259/1997 il Tribunale di Napoli - respinte le eccezioni preliminari - ha dichiarato diffamatorie le affermazioni denunciate dagli attori ed ha condannato al risarcimento dei danni TT AR, nella misura di L. 100 milioni ciascuno, per la moglie e per i figli dell'offeso, e di L. 50 milioni per ciascuna delle sorelle, oltre alla riparazione pecuniaria in L. 60 milioni, ai sensi della L. n. 47 del 1948, art. 12. Ha altresì condannato RT, in via solidale con lo AR, fino a concorrenza di L. 80 milioni per ciascuno, per moglie e figli, e di L. 40 milioni per ciascuna delle sorelle;
oltre alla pubblicazione del dispositivo della sentenza sui quotidiani Il Mattino e La Repubblica, ed oltre alle spese processuali.
Proposto appello principale da TT AR ed appelli incidentali da RT e dagli attori, l'appellante principale ha prodotto in giudizio relazione della Giunta per le autorizzazioni a procedere e resoconto della seduta 21.7.1998 della Camera dei deputati, con cui si è stabilito che le affermazioni dell'on. AR, oggetto del giudizio, costituivano opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni. La Corte di appello ha sollevato conflitto di attribuzione davanti alla Corte costituzionale, con ordinanza 10.11.1999. L'istanza è stata dichiarata improcedibile dalla Corte costituzionale per il tardivo deposito degli atti.
Con sentenza 19 maggio - 24 giugno 2004 n. 2146 la Corte di appello ha rigettato le domande proposte nei confronti di TT AR ed ha confermato nel resto la sentenza impugnata, compensando le spese fra lo AR e i danneggiati e ponendo a carico di RT le spese del giudizio di appello sopportate da questi ultimi. Con atto notificato il 22 settembre 2005 RT propone cinque motivi di ricorso per cassazione.
Resistono i AG con controricorso, proponendo un motivo di ricorso incidentale, al quale resiste RT con controricorso. Le parti hanno depositato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.- Deve essere preliminarmente disposta la riunione dei due ricorsi (art. 335 cod. proc. civ.). 2.- L'eccezione di inammissibilità del ricorso principale, sollevata dai resistenti a causa della mancata indicazione degli estremi della sentenza impugnata, non è fondata.
Vero è che il ricorso non specifica in epigrafe gli estremi della sentenza, come prescritto dall'art. 366 cod. proc. civ., n. 2, e che ciò configura un'irregolarità dell'atto.
Trattasi tuttavia di irregolarità che non comporta
l'inammissibilità del ricorso, qualora la sentenza impugnata possa essere comunque identificata in modo certo attraverso i dati desumibili dal testo completo dell'atto (Cass. civ. 2 aprile 2002 n. 4661;
Cass. civ. Sez. 3^, 2 dicembre 2004 n. 22661, nonché, a contrario, Cass. civ. 28 ottobre 2003 n. 16165). Nella specie, alla pag. 15 del ricorso sono indicate le date della delibera e del deposito in cancelleria della sentenza, mentre l'autorità che l'ha emessa si desume dall'esposizione dei fatti e dei motivi di ricorso, che identificano anche le parti, le questioni esaminate ed il dispositivo.
Unico dato completamente mancante è il numero della sentenza, che peraltro non integra, di per sè solo, causa di inammissibilità del ricorso, ove la sentenza possa essere comunque inequivocabilmente individuata (Cass. Civ. S.U. 10 dicembre 2001 n. 15603;
Cass. civ. 24 marzo 2009 n. 7053) , come deve dirsi del caso di specie. 3.- Parimenti infondata è l'eccezione di inammissibilità del ricorso incidentale per difetto di procura speciale, sollevata dalla ricorrente principale, sul rilievo che il testo della procura contiene locuzioni incompatibili con il giudizio di cassazione. Il mandato apposto a margine del ricorso per cassazione (come anche in calce allo stesso) è per sua natura mandato speciale, senza che occorra per la sua validità alcuno specifico riferimento al giudizio in corso e alla sentenza contro la quale la impugnazione si rivolge. In tal caso, infatti, la specialità del mandato è deducibile dal fatto che la procura al difensore forma materialmente corpo con il ricorso o con il controricorso al quale inerisce, sicché è irrilevante che la formula di conferimento risulti riferita anche ad altri eventuali giudizi (Cass. civ. Sez. 3^, 14 marzo 2006 n. 5481;

Cass. civ. Sez. Lav. 3 luglio 2009 n. 15629).
Nella specie la procura a margine del ricorso contiene anche il riferimento al conferimento dei poteri di difesa "per la presente procedura", sicché il requisito della specialità risulta senz'altro rispettato.
4.- Con il primo motivo RT denuncia violazione degli art. 112, 154, 297, 307 e 310 cod. proc. civ., nullità della sentenza e del procedimento e inesistente motivazione, in relazione all'art. 360 cod. proc. civ., nn. 3 e 4, per non avere la Corte di appello
dichiarato l'estinzione del giudizio, a causa della mancata notificazione dell'atto di riassunzione.
Rileva la ricorrente che in primo grado i AG avevano depositato ricorso in riassunzione della causa - sospesa in pendenza di ricorso alla Corte Costituzionale - il 20.9.1996;
che il giudice aveva fissato per la prosecuzione del processo l'udienza del 21.2.1997, dando termine di sessanta giorni prima della suddetta udienza per la notifica del ricorso e del provvedimento. Nel termine di cui sopra il ricorso era stato notificato a RT non presso il difensore e domiciliatario, avv. Enrico Minervini, bensì presso l'avv. Gustavo Minervini, padre del destinatario e domiciliato nel medesimo ufficio, ma persona diversa ed estranea ad ogni rapporto con RT.
La notificazione, da ritenersi del tutto inesistente, perché effettuata a persona diversa dal destinatario, non era stata mai rinnovata a mani del domiciliatario effettivo, ne' avrebbe potuto esserlo, poiché le parti non avevano chiesto la proroga del termine fissato per la notificazione

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi