Cass. pen., sez. III, sentenza 01/08/2022, n. 30289

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. III, sentenza 01/08/2022, n. 30289
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 30289
Data del deposito : 1 agosto 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: dalla parte civile 3VPRETTY BIJOUX SAS RAPPR. DA GAETANO ANNA STELLA nel procedimento a carico di: BOLDINI ELEONORA nato a CUGGIONO il 08/1211977 avverso la sentenza del 09/07/2021 della CORTE APPELLO di MILANOvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere LUCA SERARO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

ETTORE P

Il Proc. Gen. conclude per l'annullamento con rinvio uditi i difensori L'Avvocato B chiede l'accoglimento del ricorso e deposita conclusioni e nota spese. Gli avvocati S e L chiedono l'inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza del 9 luglio 2021 la Corte di appello di Milano, in riforma della condanna inflitta dal Tribunale di Milano il 27 febbraio 2018 alla pena di 8 mesi di reclusione per il reato ex art. 171-ter, comma 2, lett. a), legge n.633 del 1941, ha assolto E B perché il fatto non sussiste.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore della parte civile 3 B s.a.s., in persona del legale rappresentante A S G.

2.1. Con il primo motivo si deducono i vizi di violazione dell'art. 125 cod. proc. pen. e della motivazione, in particolare per la violazione dell'obbligo di motivazione rafforzata in caso di riforma della sentenza di primo grado. La Corte territoriale non avrebbe dimostrato in alcun modo l'insostenibilità sul piano logico e giuridico degli argomenti più rilevanti della sentenza di primo grado, non rispettando l'obbligo di rigorosa e penetrante analisi critica, richiesto in caso di riforma della sentenza di primo grado. La Corte di appello, infatti, pur non mettendo in dubbio la sussistenza dei fatti, si sarebbe limitata ad affermare che l'opera creata e prodotta dalla società Pretty Bijoux non possa essere protetta dal diritto d'autore con una motivazione apodittica che non confuta compiutamente il percorso logico giuridico del giudice di primo grado, che aveva analiticamente considerato tutte le circostanze probatorie e giuridiche per fondare il proprio giudizio di colpevcdezza. La Corte di appello ha ritenuto che le collane non rientrino nei beni tutelati dalla disciplina sul diritto d'autore, in quanto difetterebbe il requisito della creatività previsto dall'art. 2 L.d.A. Tale affermazione non terrebbe conto di quanto emerso nel corso dell'istruttoria dibattimentale, come invece indicato dal Tribunale il quale, alla luce delle dichiarazioni dei testi Stella Gaetano e V F, circa le modalità di ideazione dell'opera e di registrazione presso il Ministero dei beni e delle attività culturali quale «opera d'arte figurativa similare», aveva ritenuto l'opera meritevole della tutela autoriale, in quanto «contraddistinta dall'applicazione di idee originali in punto di forma delle cose, scelta del materiale utilizzato, ma soprattutto in punto di versatilità e di trasformismo». Il Tribunale aveva richiamato anche la giurisprudenza civilistica relativa al requisito della creatività a sostegno delle proprie conclusioni. La Corte di appello affermerebbe apoditticamente che l'opera «Cristal net» sarebbe del tutto sfornita del carattere creativo, senza spiegare né perché abbia valutato diversamente le risultanze istruttorie né sulla base di quale orientamento giurisprudenziale alternativo abbia ritenuto insussistente il requisito della creatività. Inoltre, l'affermazione per cui la certificazione rilasciata dal Ministero dei beni culturali il 19 marzo 2014 non farebbe acquisire all'opera il diritto di essere tutelata dal diritto d'autore non sarebbe idonea a confutare le risultanze del primo grado anche perché il Tribunale aveva sostenuto che l'attestazione ministeriale avesse valore dichiarativo e non costitutivo e che fosse funzionale a dimostrare l'esistenza del diritto, e facesse fede, sino a prova contraria, dell'esistenza dell'opera e della sua pubblicazione. La Corte territoriale avrebbe ritenuto, altresì, che le collane, da ricondurre in via astratta alle categorie delle opere di disegno industriale, siano prive anche dell'ulteriore requisito del valore artistico. Anche in questo caso le affermazioni della Corte sarebbero apodittiche in quanto non dimostrerebbero perché si tratterebbe di un'opera di design e non di opera d'arte figurativa, né confuterebbero quanto sostenuto dal Tribunale, la cui sentenza si fonda sulla testimonianza di V F e la qualificazione contenuta nella registrazione del Ministero dei Beni Culturali. Per quanto concerne il requisito del valore artistico la Corte territoriale ometterebbe di motivare in ordine alla sua assenza, sebbene nel corso dell'istruttoria dibattimentale fossero stati documentati gli ampi riconoscimenti ricevuti dal prodotto in questione con l'attribuzione di premi e di pubblicazioni.

2.2 Con il secondo motivo si deduce il vizio di violazione di legge sull'erronea applicazione dell'art. 171-ter, comma 2, lett. a), legge n.633 del 1941 e degli artt. 4 Reg. CE n. 6/2002 e 31 d.lgs. 30/2005. La sentenza sarebbe viziata anche per avere ritenuto che la registrazione presso il Ministero dei beni culturali sarebbe avvenuta dopo che il prodotto era stato predivulgato e per non aver ritenuto sussistente il reato contestato, richiamando erroneamente non la disciplina sul diritto di autore, bensì l'art. 31 del codice della proprietà industriale e l'art. 4 del regolamento Comunitario n. 6/2002. Trattasi di norme che disciplinano la registrazione dei disegni o modelli presso la Camera di Commercio, con natura e funzioni del tutto diverse da quelle della normativa sul diritto d'autore, perché nel caso di proprietà industriale la registrazione ha natura costitutiva del diritto e non meramente dichiarativa ed è necessario che il modello non sia stato predivulgato. Infatti, proprio perché non si trattava di un diritto di proprietà industriale, il Pubblico ministero modificò l'originaria contestazione del reato ex art. 517-ter cod. pen., con l'attuale imputazione. La Corte territoriale confonderebbe nuovamente i piani, ritenendo non sussistente il reato ex art. 171-ter legge n.633 del 1941, ma richiamando sul punto la disciplina del codice della proprietà industriale.
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