Cass. civ., SS.UU., sentenza 13/06/2019, n. 15895

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 13/06/2019, n. 15895
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 15895
Data del deposito : 13 giugno 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

unciato la seguente SENTENZA sul ricorso 24481-2017 proposto da: MONTINARO GAETANO & FIGLI S.A.S. DI A MO, in persona dell'accomandatario A M, elettivamente domiciliata in ROMA,

CORSO DEL RINASCIMENTO

11, presso LIBERAL S.R.L., rappresentata e difesa dall'avvocato A O;

- ricorrente -

contro

BANCO DI NAPOLI S.P.A. (già SANPAOLO BANCO DI NAPOLI S.P.A.), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

LARGO DI TORRE ARGENTINA

11, presso lo studio dell'avvocato D M, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato F G;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 845/2017 della CORTE D'APPELLO di LECCE, depositata il 24/08/2017. Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21/05/2019 dal Consigliere M G S;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale I Z, che ha concluso per il rigetto con inammissibilità dei motivi due e tre;
uditi gli avvocati A O e D M.

FATTI DI CAUSA

Con citazione del 16.6.2006, la S.a.s. Montinaro Gaetano & figli, di A M, conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Lecce il San Paolo Banco di Napoli S.p.A. (poi Banco di Napoli S.p.A.) chiedendo la rideterminazione del saldo relativo a due conti correnti di corrispondenza, aperti presso il Sanpaolo I.M.I. S.p.A. ed il Banco di Napoli, poi incorporati dal convenuto, previa declaratoria di nullità delle clausole di determinazione del tasso d'interesse in base agli usi praticati "su piazza" e di capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi ed escluse le commissioni di massimo scoperto, non pattuite. Chiedeva, inoltre, la condanna dell'Istituto di credito convenuto alla restituzione delle somme indebitamente versate in ciascuno dei due conti, con gli interessi. Ric. 2017 n. 24481 sez. SU - ud. 21-05-2019 -2- Instauratosi il contraddittorio, il convenuto negava la propria legittimazione passiva, e, nel merito, eccepiva, tra l'altro, la prescrizione dell'azione di ripetizione, facendo presente che i contratti erano assistiti da apertura di credito. Espletata CTU contabile, il Tribunale adito rigettava la domanda, ritenendo non legittimato il Banco convenuto, ma la decisione veniva riformata dalla Corte d'Appello di Lecce, che, con sentenza resa pubblica il 24.8.2017, condannava l'Istituto di credito al pagamento della complessiva somma di C 35.729,54, con gli interessi legali dalla domanda giudiziale al saldo;
compensava per la metà delle spese del doppio grado, per il parziale accoglimento della domanda, ponendo a carico del Banco di Napoli S.p.A., la restante metà. Per quanto ancora interessa, i giudici d'appello affermavano che l'eccezione di prescrizione era stata ritualmente sollevata dalla Banca, e, distinguendo, in dichiarata applicazione dei principi affermati dalla sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 24418 del 2010, tra versamenti aventi funzione solutoria (e, cioè, effettuati in un momento in cui il conto era scoperto, perché non erano ancora state concesse aperture di credito o perché l'esposizione a debito era maggiore di quella autorizzata) e versamenti aventi funzione ripristinatoria (e, cioè, compiuti durante l'operatività delle aperture di credito e in presenza di un saldo debitorio inferiore all'affidamento concesso), accoglievano l'eccezione di prescrizione solo con riferimento ai primi, affermando che solo per essi il termine di prescrizione decennale era decorso dalla data del versamento, e non dalla cessazione del rapporto, nella specie intervenuta entro tale termine con riferimento ad entrambi i conti correnti. Avverso tale decisione, la Montinaro Gaetano & Figli S.a.s. ha proposto ricorso per cassazione, con quattro motivi. L'istituto di credito ha notificato controricorso, ed entrambe le parti hanno depositato memorie. Ric. 2017 n. 24481 sez. SU - ud. 21-05-2019 -3- All'esito dell'adunanza camerale del 18.6.2018, la Prima Sezione di questa Corte ha emesso l'ordinanza interlocutoria n. 27680 del 30 ottobre 2018, con la quale ha rimesso la causa al Primo Presidente per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, rilevando l'esistenza di un contrasto interpretativo in ordine alla questione, introdotta con il primo motivo di ricorso, relativa alle modalità con le quali deve essere formulata, per essere ammissibile, l'eccezione di prescrizione da parte della banca. Fissata l'udienza innanzi a questo Collegio, in vista di essa, si è costituita la S.p.A. Intesa Sanpaolo, quale incorporante il Banco di Napoli S.p.A., mentre la ricorrente ha depositato ulteriore memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La questione posta all'esame delle Sezioni Unite si incentra sulla delimitazione dell'onere di allegazione gravante sull'istituto di credito che, convenuto in giudizio, voglia opporre l'eccezione di prescrizione al correntista che abbia esperito l'azione di ripetizione di somme indebitamente pagate (nella specie, per interessi passivi e commissioni di massimo scoperte non dovuti, rispettivamente, perché pattuiti mediante clausole nulle, e perché non concordate), nel corso del rapporto di conto corrente che sia assistito da un apertura di credito. L'ordinanza interlocutoria evidenzia, in particolare, che la distinzione tra atti ripristinatori della provvista ed atti di pagamento, elaborata "ad altri fini" e valorizzata, dalla sentenza n. 24418 del 2010 di queste Sezioni Unite "per stabilire il momento da cui possa scaturire la pretesa restitutoria del correntista, ai fini della decorrenza della prescrizione", ha generato incertezze applicative che si sono, poi, tradotte nei diversi orientamenti giurisprudenziali che essa riassume.

2. Appare, dunque, del tutto opportuno muovere dalla menzionata sentenza n. 24418 del 2.12.2010. Questi, in sintesi, i Ric. 2017 n. 24481 sez. SU - ud. 21-05-2019 -4- relativi passaggi argomentativi, svolti in premessa generale ed in riferimento al rapporto tra correntista e Banca: -perché possa sorgere il diritto alla ripetizione di un pagamento indebitamente eseguito tale pagamento deve esistere ed essere ben individuabile. Per esistere, il pagamento deve essersi tradotto nell'esecuzione di una prestazione da parte di un soggetto (il solvens) con conseguente spostamento patrimoniale in favore di altro soggetto (l'accipiens). Esso può dirsi indebito quando difetti di una idonea causa giustificativa;
-non può ipotizzarsi il decorso del termine di prescrizione del diritto alla ripetizione se non da quando sia intervenuto un atto giuridico definibile come pagamento, nel senso anzidetto, che l'attore affermi indebito. Tale situazione non muta quando la natura indebita sia la conseguenza dell'accertata nullità del negozio giuridico in esecuzione del quale il pagamento è stato effettuato, diverse essendo la domanda volta alla declaratoria di nullità di un atto, che non si prescrive affatto, e quella volta ad ottenere la condanna alla restituzione di ciò che si è pagato, soggetta a prescrizione in dieci anni;
-in base al disposto degli artt. 1842 e 1843 c.c., l'apertura di credito si attua mediante la messa a disposizione, da parte della banca, di una somma di denaro che il cliente può utilizzare anche in più riprese e della quale, per l'intera durata del rapporto, può ripristinare in tutto o in parte la disponibilità, eseguendo versamenti che gli consentiranno poi eventuali ulteriori prelevamenti entro il limite complessivo del credito accordatogli;
-i versamenti effettuati dal correntista durante lo svolgimento del rapporto potranno esser considerati pagamenti, tali da poter formare oggetto di ripetizione (ove indebiti), quando abbiano avuto lo scopo e l'effetto di uno spostamento patrimoniale in favore della banca, e cioè quando siano stati eseguiti su un conto in passivo (o "scoperto") cui Ric. 2017 n. 24481 sez. SU - ud. 21-05-2019 -5- non accede alcuna apertura di credito a favore del correntista, o quando siano destinati a coprire un passivo eccedente i limiti dell'a ccredita mento;
-per converso, quando il passivo non ha superato il limite dell'affidamento concesso, i versamenti in conto fungono unicamente da atti ripristinatori della provvista della quale il correntista può ancora continuare a godere, rispetto ai quali la prescrizione decennale decorre non dalla data di annotazione in conto di ogni singola posta di interessi illegittimamente addebitati, ma dalla data di estinzione del saldo di chiusura del conto, in cui gli interessi non dovuti sono stati registrati.

2.1. Come rammenta l'ordinanza interlocutoria, la sentenza in esame è pervenuta a tali conclusioni, ritenendo che la distinzione tra rimessa con funzione solutoria (in entrambi i casi di conto non assistito da apertura di credito che presenti un saldo a debito del correntista, e di quello scoperto a seguito di sconfinamento del fido convenzionalmente accordatogli) ovvero semplicemente ripristinatoria della provvista, elaborata in giurisprudenza in tema di revocabilità delle rimesse sul conto corrente dell'imprenditore poi fallito, ex art.67 L. Fall. (nel testo antecedente la modifica apportata dal d.l. n. 35 del 2005), costituiva un parametro idoneo a stabilire, anche, la configurabilità di un pagamento, asseritamente indebito, idoneo ad ingenerare una pretesa restitutoria in favore del correntista.

2.2. Va detto che, a pochi giorni di distanza dalla pubblicazione di detta sentenza, è stato emanato il d.l. n. 225 del 2010, art. 2, co 61, convertito in I. n. 10 del 2011, secondo cui l'art. 2935 c.c. andava interpretato nel senso che "la prescrizione relativa ai diritti nascenti dall'annotazione sul conto inizia a decorrere dal giorno dell'annotazione", norma che è stata, tuttavia, dichiarata illegittima con sentenza della Corte costituzionale n. 78 del 2012. Ric. 2017 n. 24481 sez. SU - ud. 21-05-2019 -6- 2.3. Il menzionato arresto, costantemente applicato dalla giurisprudenza successiva, va qui riconfermato. Prima ancora che per la coerenza di sistema in riferimento alle note applicazioni giurisprudenziali in tema di revocatoria di rimesse bancarie ad opera di correntista poi fallito, l'approdo, nel comporre l'antinomia tra i contrapposti argomenti relativi al dies a quo del decorso prescrizionale dell'azione di ripetizione in ipotesi di domanda volta all'accertamento della nullità del titolo in forza del quale è il pagamento, in tesi indebito, è stato eseguito (dalla chiusura del conto o dall'annotazione di ciascun addebito in applicazione di clausola nulla), si connota per il suo rigore logico nell'individuazione dell'atto giuridico qualificabile come pagamento -e dunque ripetibile ove indebito- nell'ambito dello specifico rapporto di conto corrente bancario, in cui il saldo passivo non è immediatamente esigibile , salvo che non ecceda l'importo dell'affidamento concesso al correntista, o in ipotesi di conto corrente "scoperto';
non assistito da aperture di credito.

3. La distinzione tra rimesse solutorie e ripristinatorie della provvista non ha, peraltro, dato luogo a specifici problemi interpretativi in relazione all'onere di allegazione dovuto dal correntista nella proposizione dell'azione di ripetizione: la questione relativa alla necessità che l'attore, oltre all'indicazione del conto corrente, dell'eventuale apertura di credito, della durata del relativo rapporto I dovesse indicare partitamente i versamenti effettuati, e specificarne la natura, o se, invece, fosse sufficiente l'allegazione di versamenti indebiti, con la richiesta di restituzioneNiuna determinata somma, è stata risolta nel secondo senso in modo esplicito da Cass.n. 28819 del 2017, secondo cui non compete al correntista l'allegazione della mancata effettuazione di versamenti c.d. solutori, trattandosi di un fatto negativo estraneo alla fattispecie costitutiva del diritto azionato;
conclusione che è data per assunta nelle sentenze n. Ric. 2017 n. 24481 sez. SU - ud. 21-05-2019 -7- 18581 del 2017;
n. 4273 del 2018, n. 18144 del 2018, che richiamano, anche per tale aspetto, la giurisprudenza, formatasi in materia di revocatoria fallimentare ante L. n. 80 del 2005, ferma nel ritenere che non sia affetta da nullità per indeterminatezza dell'oggetto o della causa petendi la citazione contenente la domanda di revocatoria fallimentare di pagamenti costituiti da rimesse di conto corrente bancario, seppure in mancanza d'indicazione dei singoli versamenti solutori (cfr. in proposito, Cass. S.U. n. 8077 del 2012, che ha, tra l'altro, affermato che l'atto di citazione per la revoca di rimesse in conto corrente bancario non è affetto da nullità per vizio del petitum se l'attore ha identificato una somma minima o un importo complessivo ed ha chiesto la revoca di tutte le rimesse affluite, non essendo necessaria, per l'individuazione della domanda, l'indicazione di ciascuna singola rimessa revocabile).

4. I problemi interpretativi si sono invero registrati, proprio come registra l'ordinanza interlocutoria, sulla modalità di formulazione dell'eccezione di prescrizione da parte della banca, convenuta in ripetizione. Posto che, secondo la menzionata sentenza n. 24418 del 2010 di queste Sezioni Unite, la prescrizione del diritto alla restituzione ha decorrenza diversa a seconda del tipo di versamento effettuato -solutorio o ripristinatorio- si è, infatti, posta la questione se, nel formulare l'eccezione di prescrizione, la banca debba necessariamente indicare il termine iniziale del decorso della prescrizione, e cioè l'esistenza di singoli versamenti solutori, a partire dai quali l'inerzia del titolare del diritto può venire in rilievo, o se possa limitarsi ad opporre tale inerzia, spettando poi al giudice verificarne effettività e durata, in base alla norma in concreto applicabile. Al quesito sono state date soluzioni differenti, che di seguito vengono riassunte, senza pretesa di completezza.

4.1. Hanno aderito alla prima soluzione: Ric. 2017 n. 24481 sez. SU - ud. 21-05-2019 -8- - Cass. n. 4518 del 2014, secondo cui i versamenti eseguiti in conto corrente hanno normalmente funzione ripristinatoria della provvista e non determinano uno spostamento patrimoniale dal solvens all'accipiens, rispondendo allo schema causale tipico del contratto, sicchè una diversa finalizzazione dei singoli versamenti (o di alcuni di essi) deve essere in concreto provata da parte di chi intende far decorrere la prescrizione da una data diversa e anteriore rispetto a quella della chiusura del conto (in quel caso, la banca non aveva mai dedotto né allegato tale diversa destinazione dei versamenti in deroga all'ordinaria utilizzazione dello strumento contrattuale);
- Cass n. 20933 del 2017, secondo cui la natura ripristinatoria delle rimesse è presunta: spetta dunque alla banca che eccepisce la prescrizione di allegare e di provare quali sono le rimesse che hanno, invece, avuto natura solutoria, con la conseguenza che, a fronte della formulazione generica dell'eccezione, indistintamente riferita a tutti i versamenti intervenuti sul conto in data anteriore al decennio decorrente a ritroso dalla data di proposizione della domanda, il giudice non può supplire all'omesso assolvimento di tale onere, individuando d'ufficio i versamenti solutori;
- Cass. n. 28819 del 2017 cit., secondo cui incombe sulla banca, quando eccepisce la prescrizione del credito, l'onere di far valere l'avvenuta effettuazione di rimesse solutorie in pendenza di rapporto, non essendo configurabile, in mancanza di tali versamenti, l'inerzia del creditore, che rappresenta il fatto costitutivo dell'eccezione;
- Cass. n. 17998 del 2018, secondo cui il fatto costitutivo dell'eccezione di prescrizione (ossia la finalizzazione del versamento da parte del correntista a una funzione diversa da quella ripristinatoria della provvista) deve essere allegato e provato dalla Banca, e pertanto l'eccezione di prescrizione non può considerarsi validamente proposta, quando non sono stati allegati i fatti che ne Ric. 2017 n. 24481 sez. SU - ud. 21-05-2019 -9- costituiscono il fondamento, sicchè "la prescrizione va fatta decorrere dalla chiusura del conto" (in quel caso neppure verificatasi);
- Cass. n. 18479 del 2018, che ha riaffermato il principio secondo cui la natura ripristinatoria delle rimesse deve presumersi, spettando, dunque, alla banca di indicare specificamente i versamenti solutori rispetto ai quali è intervenuta la prescrizione. In particolare, la sentenza ha aggiunto che il principio, secondo cui l'eccezione di prescrizione è validamente proposta quando la parte ne abbia allegato il fatto costitutivo, ossia l'inerzia del titolare, senza che rilevi l'erronea individuazione del termine applicabile, ovvero del momento iniziale o finale di esso, trattandosi di questione di diritto sulla quale il giudice non è vincolato dalle allegazioni di parte, deve esser coniugato con quello secondo cui quando, come nella specie, si è in presenza di pluralità di rimesse affluite sul conto corrente, ognuna delle quali costituisce un distinto credito, è necessario che l'elemento costitutivo dell'eccezione sia specificato, dovendo il convenuto precisare, appunto, il momento iniziale dell'inerzia in relazione a ciascuno dei diritti azionati;
- Cass. n. 33320 del 2018, che ha ribadito esser onere della banca, che ha eccepito la prescrizione, fornire la prova della decorrenza e quindi della natura solutoria delle rimesse.
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