Cass. civ., sez. III, sentenza 13/12/2010, n. 25123
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In tema di società in nome collettivo, nell'ipotesi di cessione di quota, il cedente che non abbia garantito gli acquirenti di quest'ultima dell'inesistenza dei debiti sociali risponde delle obbligazioni sorte anteriormente alla cessione esclusivamente nei confronti dei creditori sociali - trovando generale applicazione la disposizione di cui all'art. 2290 cod. civ. - ma non nei confronti della società o dei cessionari; ne consegue che nè la società, nè i predetti cessionari della quota, una volta adempiute le predette obbligazioni, hanno titolo per essere tenuti indenni, dall'ex socio cedente, di quanto corrisposto ai creditori.
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PREDEN Roberto - Presidente -
Dott. FINOCCHIARO Mario - rel. Consigliere -
Dott. SEGRETO Antonio - Consigliere -
Dott. VIVALDI Roberta - Consigliere -
Dott. LANZILLO Raffaella - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 4406-2006 proposto da:
IN IA, *[...]*, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI MONSERRATO 34, presso lo studio dell'avvocato ARACHI TOMMASO, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato VESCIO UGO giusta delega in calce al ricorso;
- ricorrente -
contro
ZI & AI DI AC e NI LA S.N.C. *00359110509*, \NI LA\ *[...]*, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA FLAMINIA 287 VILL. 22, presso lo studio dell'avvocato PELO MAURO, rappresentati e difesi dagli avvocati FIORAVANTI ALESSANDRO, LASTRAIOLI GIULIANO giusta delega a margine del controricorso;
- controricorrenti -
contro
\AC PO *[...]*, \AC RA *[...]*;
- intimati -
avverso la sentenza n. 1471/2005 della CORTE D'APPELLO di FIRENZE, 1^ CIVILE, emessa il 20/5/2005, depositata il 19/10/2005, R.G.N. 1243/2003;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/11/2010 dal Consigliere Dott. MARIO FINOCCHIARO;
udito l'Avvocato ALESSANDRO FIORAVANTI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RUSSO Libertino Alberto che ha concluso per l'accoglimento p.q.r.. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con decreto 13 novembre 1996 il presidente del tribunale di Pistoia ha ingiunto alla ZI & AI s.n.c. di CC e RE EM nonché ai soci di questa ultima, \NI EM\, \AC AF e \AC FI il pagamento della somma di L. 190.011.278 in favore di AS VI, che assumeva di essere cessionaria di un credito per tale importo vantato nei confronti degli ingiunti dalla Cassa di Risparmio di Livorno.
Avverso tale decreto hanno proposto opposizione - innanzi al tribunale di Pistoia - sia la ZI & AI s.n.c. sia gli altri ingiunti che hanno chiamato in giudizio, altresì, IN IA e \\ SS, dai quali pretendevano di essere tenuti indenni dalle pretesa della AS\.
Costituitisi in giudizio sia la AS\, che ha resistito alla proposta opposizione deducendone la infondatezza, sia i terzi chiamati IN\ e \\\ che hanno chiesto la reiezione della domanda proposta nei loro confronti e svoltasi l'istruttoria del caso l'adito tribunale con sentenza 9 aprile 2003 da un lato ha rigettato l'opposizione, dall'altro, ha dichiarato inammissibile la chiamata dei terzi ex art. 269 c.p.c. perché non autorizzata dal giudice istruttore.
Gravata tale pronunzia, in via principale, dai soccombenti nei confronti dei soli IN\ e del \\\ e non della AS\ e, in via incidentale, dal IN\ e dal \\\ - avverso il capo della sentenza che aveva disposto la compensazione, tra le parti, delle spese del giudizio di primo grado - la Corte di appello di Firenze con sentenza 20 maggio - 19 ottobre 2005 in accoglimento del proposto appello e in parziale riforma della sentenza del primo giudice ha condannato \\ SS al pagamento in favore di \NI EM\, \AC AF e \AC FI della somma di Euro 47.772,26 oltre interessi legali dal 24 gennaio 1997 e IN IA a tenere indenni gli appellanti della metà di quanto da essi dovuto alla AS\ in esecuzione della sentenza di primo grado.
Per la cassazione della sopra descritta sentenza di appello, non notificata, ha proposto ricorso, affidato a sei motivi, IN IA.
Resistono, con controricorso illustrato da memoria, la ZI & AI di CC e RE EM s.n.c. nonché \NI EM\, \AC AL e \AC FI.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Come evidenziato in parte espositiva, nel proporre opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso nei loro confronti dal presidente del tribunale di Pistoia, la ZI & AI di CC e RE EM s.n.c., \NI EM\, \AC AL e \AC FI hanno evocato in giudizio, con lo stesso atto, anche IN IA nonché \\ SS nei cui confronti hanno svolto domanda di garanzia.
Mentre il primo giudice ha dichiarato inammissibile la chiamata dei terzi, perché eseguita senza la preventiva autorizzazione del giudice, diversamente la sentenza ora oggetto di ricorso ha - in limine - evidenziato che il primo giudice non poteva dichiarare - come ha dichiarato - la inammissibilità di un tale iter procedimentale.
2. Il ricorrente censura nella parte de qua la sentenza impugnata con i primi due motivi con i quali lamenta, nell'ordine:
- da un lato, art. 360 c.p.c., n. 3: violazione e falsa applicazione dell'art. 269 c.p.c., atteso che la stessa è andata di contrario avviso - a suo parere con argomenti non convincenti - a una giurisprudenza consolidata di questa Corte regolatrice, specie tenuto presente che nell'ambito del procedimento monitorio originariamente le parti debbono essere esclusivamente il soggetto istante per l'ingiunzione di pagamento e il soggetto nei cui confronti la domanda è diretta e che con questa normativa, volta a tutelare l'interesse pubblico al sollecito e corretto svolgimento dei processi il legislatore ha in sostanza inteso vietare, anche al convenuto la citazione di soggetti estranei al processo e conclude le proprie argomentazioni osservando che gli oneri che la legge impone alle parti che intendono chiamare terzi in causa non hanno nulla a che fare con la posizione delle stesse in seno al processo, ma sono dettati a salvaguardia dell'interesse pubblico al corretto, razionale e celere svolgimento dei giudizi primo motivo;
- dall'altro, art. 360 c.p.c., n. 5: omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, atteso che le affermazioni svolte dalla sentenza di secondo grado e, in particolare per quanto è dato comprendere dalla non chiarissima esposizione del motivo nella parte in cui questa ha affermato che gravare l'opponente di un simile adempimento fare istanza al giudice per essere autorizzato a chiamare in causa un terzo contrasta con la generale finalità di celerità dei giudizi tutelata dalla Costituzione, atteso che una tale motivazione non è idonea a sorreggere logicamente il decisum reso su questo fondamentale capo della sentenza impugnata.
3. I riassunti motivi sono inammissibili.
Alla luce delle considerazioni che seguono.
3.1. Come assolutamente pacifico - presso una giurisprudenza più che consolidata di questa Corte regolatrice e da cui senza alcuna motivazione totalmente prescinde la difesa di parte ricorrente - nel caso in cui la decisione impugnata sia fondata su una pluralità di ragioni, tra di loro distinte e tutte autonomamente sufficienti a sorreggerla sul piano logico-giuridico, è necessario, affinché si giunga alla cassazione della pronuncia, che il ricorso si rivolga contro ciascuna di queste, in quanto, in caso contrario, le ragioni non censurate sortirebbero l'effetto di mantenere ferma la decisione basata su di esse (Cass. 20 novembre 2009, n. 24540;
Cass. 13 febbraio 2009, n. 3640;
Cass. 7 luglio 2008, n. 18589).
3.2. Facendo applicazione del riferito principio al caso di specie si osserva che i giudici di appello sono pervenuti alla conclusione criticata dal ricorrente sulla base delle seguenti argomentazioni:
- i chiamati, costituitisi in causa si sono difesi nel merito e non hanno eccepito ne' all'atto della costituzione ne' nel corso del giudizio di primo grado, alcuna menomazione della loro facoltà di difendersi, conseguenza delle modalità concreta con cui è avvenuta la loro evocazione in giudizio;
- con la citazione introduttiva è stato instaurato un giudizio (di garanzia) certamente connesso con quello introdotto con la notificazione del provvedimento monitorio e che obbligava il giudice a una decisione;
- non vi è - in conclusione - spazio per rilevare una nullità ovvero una inammissibilità conseguente a un eventuale vizio formale che non abbia dato luogo a un documento effettivo ne' comunque denunciato dalle parti interessate;
- l'insegnamento della Corte di cassazione cui ha