Cass. civ., sez. I, sentenza 16/07/2003, n. 11127

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Il termine di trenta giorni, previsto dall'art. 19 della legge n. 865 del 1971 per la proposizione dell'opposizione alla stima dell'indennità di espropriazione, la cui applicazione ha per indefettibile presupposto l'esistenza di una rituale notificazione del decreto di esproprio, riveste carattere perentorio, onde dalla sua inosservanza consegue l'inammissibilità della medesima opposizione. La questione relativa alla tempestività di tale opposizione (e, quindi, all'accertamento del rispetto del termine all'uopo fissato a pena di decadenza) attiene al controllo circa la sussistenza di un presupposto processuale dell'azione, e detto controllo rientra tra i poteri officiosi del giudice, esercitabili in ogni stato e grado del giudizio, risultando suscettibile di venire effettuato, in sede di legittimità, mediante l'esame diretto degli atti.

La legge n. 81 del 1993 ha risolto normativamente il problema dell'esercizio delle funzioni vicarie del sindaco, introducendo la figura del vice sindaco, ed indicando, quali presupposti del legittimo esercizio di dette funzioni vicarie, l'assenza, l'impedimento o la sospensione del sindaco "ex" art. 15 della legge n. 55 del 1990, senza tuttavia escludere la necessità che il sostituto espliciti, nello stesso atto adottato in via sostitutiva, il titolo che ne legittimi la potestà vicaria. Peraltro, in assenza di tale esplicitazione, continua ad operare la presunzione "iuris tantum" che l'esercizio della potestà sostitutiva sia avvenuto nel rispetto dei presupposti di legge, con la conseguenza che è onere del destinatario del provvedimento o di chi vi abbia interesse dedurre e provare l'insussistenza dei detti presupposti, onde, in caso di ricorso per cassazione proposto dall'Amministrazione comunale in persona non del sindaco ma del vice sindaco, a nulla rileva, ai fini della inammissibilità del ricorso stesso, la mancata indicazione, nella procura, delle ragioni di assenza o impedimento del sindaco, dovendosi presumere, in mancanza di prova contraria gravante sul controricorrente, che la sostituzione sia avvenuta in conformità della legge.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. I, sentenza 16/07/2003, n. 11127
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 11127
Data del deposito : 16 luglio 2003
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. S A - Presidente -
Dott. G G - Consigliere -
Dott. D P S - Consigliere -
Dott. G P - rel. Consigliere -
Dott. S M B - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COMUNE di B, elettivamente domiciliato in Roma, Viale delle Province n.37, presso lo studio dell'Avv. G A, rappresentato e difeso dall'Avv. L M in forza di procura speciale in calce al ricorso;



- ricorrente -


contro
ISTITUTO AUTONOMO CASE POPOLARI della PROVINCIA di B, elettivamente domiciliato in Roma, Via Bertoloni n.27, presso lo studio dell'Avv. R C, rappresentato e difeso dall'Avv. R d R in forza di procura in calce alla copia notificata dell'atto di ricorso;



- controricorrente -


avverso la sentenza della Corte di Appello di Bari n.669/99 pubblicata il 7.7.1999. Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 31.1.2003 dal Consigliere Dott. P G.
Udito il difensore del controricorrente.
Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. F U, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 4.7.1988, l'Istituto Autonomo Case Popolari (I.A.C.P.) della Provincia di Bari, assumendo di essere proprietario, quale successore dell'Ente Gestione Case per Lavoratori (GES.CA.L.), di un terreno, posto nel Comune omonimo, del quale era stata disposta l'occupazione di urgenza e la successiva espropriazione per la costruzione di un edificio scolastico, conveniva il Comune anzidetto davanti alla locale Corte di Appello, deducendo che l'indennità di esproprio inserita nel relativo decreto ablatorio n. 110 emesso dal Sindaco del medesimo Comune in data 26.7.1986 era stata erroneamente quantificata e chiedendo quindi la condanna di quest'ultimo Ente al pagamento delle maggiori somme dovute a titolo di indennità di esproprio e di occupazione, in base al valore di mercato del suolo, nella misura da determinarsi a mezzo di consulenza tecnica.
Costituendosi, il convenuto eccepiva l'incompetenza del giudice adito, il proprio difetto di legittimazione passiva in riferimento alla esclusiva legittimazione del Ministero dei Lavori Pubblici (soggetto finanziatore dell'opera realizzata, che chiedeva di essere autorizzato a chiamare in garanzia avendo diritto di rivalsa nei suoi confronti), la decadenza dell'istante dall'azione proposta in ragione dell'inosservanza del termine di cui all'art. 19 della legge n.865 del 1971. Disposta consulenza tecnica, la Corte territoriale, con sentenza del 22.6/7.7.1999, determinava in lire 417.136.755 l'indennità spettante all'attore per l'occupazione e l'espropriazione del fondo de quo, impartendo le consequenziali statuizioni ed assumendo in specie:
a) che unico soggetto passivo dell'obbligazione di pagamento dell'indennità di espropriazione ed occupazione fosse il beneficiario dell'ablazione, da identificarsi nel convenuto cui era stata trasferita la proprietà del suolo in questione;

b) che l'opposizione proposta fosse ammissibile, essendo intervenuto, quale condizione dell'azione, il decreto di espropriazione relativo al bene in oggetto;

c) che il suddetto decreto avesse seguito, anziché precedere, la pubblicazione dell'avviso di deposito della relazione di stima nel Foglio Annunzi Legali della Provincia, onde la domanda giudiziale era stata notificata quando (il 4.7.1988 cioè) il decorso del termine in questione (iniziato alla data - 3.6.1988 - della notifica del decreto di espropriazione all'IACP della Provincia di Bari) non si era ancora concluso.
Avverso tale sentenza, propone ricorso per Cassazione il Comune omonimo, deducendo tre motivi di gravame, illustrati da memoria, ai quali resiste il già indicato IACP con controricorso, parimenti illustrato da memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Deve, innanzi tutto, essere dichiarata l'inammissibilità del suddetto controricorso, atteso che la procura a resistere al ricorso per Cassazione rilasciata, come nella specie, in calce alla copia notificata di tale ricorso, anziché in calce o a margine del controricorso, rende quest'ultimo appunto inammissibile, mancando la certezza dell'effettivo rilascio del mandato in data anteriore o coeva alla notificazione dell'atto, senza che possa, del resto, ritenersi sufficiente, all'uopo, il mero richiamo generico, contenuto nell'epigrafe del medesimo controricorso in difetto di apposita trascrizione, alla procura conferita in tal guisa, il quale, ferma restando l'inidoneità a consentire la presentazione della memoria ex art. 378 c.p.c., resta valido ai soli fini della costituzione in giudizio del resistente e della partecipazione del difensore alla discussione (Cass. 7 aprile 1994, n. 3292;
Cass. 2 febbraio 1995, n. 1240;
Cass. 25 novembre 1996, n. 10441;
Cass. 17 dicembre 1999, n. 14220;
Cass. 21 maggio 2002, n. 7432;
Cass. 3 giugno 2002, n. 7998). Peraltro, pur a prescindere dalla relativa eccezione sollevata nel controricorso, deve ugualmente apprezzarsi, trattandosi di accertamento rimesso ai poteri officiosi di questa Corte, la validità della procura conferita, in calce al ricorso, dal "Vice Sindaco F.F. Avv. Vittorio Ciannamea", "per il Sindaco assente" e nella suindicata qualità di "Vice Sindaco F.F." appunto. Al riguardo, giova notare, in primo luogo, che a nulla rileva, di per sè, il fatto che la procura anzidetta manchi di data, secondo quanto la giurisprudenza di questa Corte (Cass. 23 aprile 1999, n. 4038;
Cass. 29 novembre 2000, n. 1234;
Cass. 25 gennaio 2001, n. 1058;
Cass. 22 giugno 2001, n. 8532) ha già avuto modo di affermare, nel senso esattamente che:
a) ai fini dell'ammissibilità del ricorso (o del ricorso incidentale) per Cassazione, sotto il profilo della sussistenza della procura speciale in capo al difensore iscritto nell'apposito albo, è essenziale, da un lato, che la procura investa espressamente il difensore del potere di proporre ricorso per Cassazione, venendo rilasciata in epoca successiva alla sentenza oggetto dell'impugnazione, nonché, dall'altro, che essa sia stata rilasciata in epoca anteriore alla notificazione del ricorso (o del controricorso contenente il ricorso incidentale);

b) in ipotesi di procura rilasciata in margine (o in calce, come nella specie) al ricorso (o al controricorso), tali requisiti debbono reputarsi rispettivamente dimostrati, quanto ai primi due, dall'intima connessione con l'atto al quale la procura accede e dalla stessa menzione che ivi si faccia della sentenza gravata, nonché, quanto al terzo, anche da elementi intrinseci ed assolutamente univoci, quali il collegamento tra la procura medesima ed il ricorso per Cassazione reso esplicito attraverso il reciproco richiamo contenuto nell'intestazione del ricorso (che nella specie recita "giusta procura in calce al presente atto") e nel testo della anzidetta procura (che nella specie recita "nel giudizio di cui al presente atto");

c) la ricorrenza dei suddetti requisiti rende irrilevante vuoi il fatto che la procura sia stata conferita o meno in data anteriore a quella della redazione del ricorso, vuoi il fatto che, in calce al conferimento di essa, in margine o in calce all'atto su cui figura apposta, non sia stata indicata altresì la data del suo rilascio, che da nessuna disposizione di legge è prevista a pena di nullità. Secondariamente, vale osservare che la legge 25 marzo 1993, n.81, sull'elezione diretta del sindaco, ha risolto, in via normativa, il problema dell'esercizio delle funzioni vicarie di quest'ultimo, introducendo (all'art. 16) la figura istituzionale del "vice sindaco" e disciplinando (all'art. 20) i presupposti del legittimo esercizio di tali funzioni vicarie (assenza, impedimento temporaneo, sospensione ex art. 15 della legge 19 marzo 1990, n. 55, e successive modifiche, da parte del primo cittadino), senza, peraltro, escludere (ed, anzi, addirittura imponendo, alla luce del principio di legalità dell'azione amministrativa) la necessità che il sostituto espliciti, nello stesso atto adottato in via sostitutiva, il titolo (assenza, impedimento e così via) che ne legittimi la potestà vicaria, laddove, peraltro, pur nell'ipotesi in cui ciò non emerga dall'intero contesto dell'atto emanato dal vice sindaco, continua ad operare la presunzione (iuris tantum) che l'esercizio della potestà sostitutiva sia avvenuta nel rispetto dei presupposti di legge, con la conseguenza che sarà onere del destinatario del provvedimento o di chi vi abbia interesse dedurre e provare l'insussistenza di detti presupposti, onde, in caso di ricorso per Cassazione proposto dall'Amministrazione comunale in persona non del sindaco ma del vice sindaco (come nella specie), a nulla potrebbe rilevare, ai fini dell'inammissibilità del ricorso stesso, neppure l'omessa indicazione, nella procura, delle ragioni di assenza o impedimento del sindaco (nella specie, peraltro, debitamente menzionate attraverso il riferimento al "Sindaco assente"), dovendo presumersi, in mancanza di prova contraria (come nella specie) gravante sul controricorrente, che la sostituzione sia avvenuta in conformità alla legge (Cass. 26 ottobre 1998, n. 10605;
Cass. 8 febbraio 2000, n. 1380), ivi comprendendo altresì la circostanza relativa al possesso, da parte del sottoscrittore, delle qualità, richieste per il conferimento in sede vicaria della procura medesima, espressamente dichiarate all'atto del rilascio di quest'ultima.
Tanto premesso, occorre quindi procedere, innanzi tutto, all'esame del secondo motivo di impugnazione, il quale involge una questione di carattere preliminare, dal punto di vista logico-giuridico, rispetto a quella sottesa al primo motivo, siccome relativa alla stessa ammissibilità dell'azione proposta sotto il profilo della sua tempestività.
Con tale secondo motivo, lamenta infatti il ricorrente violazione e falsa applicazione dell'art. 19 della legge n.865/1971, omessa o insufficiente motivazione su punto decisivo della controversia in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c., violazione dei principi che regolano l'esatta individuazione del dies a quo per il computo dei termini, deducendo:
a) che la Corte territoriale ha ritenuto ammissibile la proposizione della domanda proposta dall'IACP, malgrado il Comune ricorrente avesse eccepito che l'Istituto aveva agito in giudizio successivamente alla scadenza del termine di cui all'art. 19 della legge n.865 del 1971;

b) che detta Corte ha argomentato dal fatto che tale domanda era stata notificata il 4.7.1988, ovvero quando il termine di trenta giorni non era ancora spirato, avendo iniziato a decorrere il 3.6.1988, data della notifica del decreto di espropriazione;

c) che tale decreto, all'opposto, era stato validamente ed efficacemente notificato in data 3.5.1988, mentre il giudice del merito ha ritenuto a torto nulla una simile notificazione;

d) che dalla corrispondente relazione, infatti, risulta che il decreto venne notificato alla "Gestione INA-Casa assunta dall'Istituto Autonomo Case Popolari ex d.P.R. 1036/1972 mediante consegna di copia nella residenza in Bari, Via Francesco Crispi 85/A a mani di A A impiegata addetta alla ricezione così qualificatasi", onde è di tutta evidenza che il richiamo al d.P.R. n. 1036/72 sta a significare che il decreto fu notificato all'IACP
in quanto successo alla Gestione INA-Casa, ovvero al medesimo IACP in quanto aveva assunto la Gestione anzidetta e, quindi, ad un ente sicuramente esistente contrariamente a quanto sostenuto dall'Istituto;

e) che una diversa lettura della relazione non si concilierebbe con il luogo dell'avvenuta notifica (in Bari, alla Via Crispi n. 85/A, sede dell'Istituto, non anche in Roma, alla Via Giorgione n. 2/A, già sede della Gestione INA-Casa), ne' con la persona (A A) qualificatasi addetta alla ricezione degli atti destinati all'Istituto stesso, cui fu materialmente consegnata la copia. Il motivo è fondato.
Giova al riguardo premettere:
a) che il termine di trenta giorni previsto dall'art. 19 della legge n.865 del 1971 per la proposizione dell'opposizione alla stima
dell'indennità di espropriazione, la cui applicazione ha per indefettibile presupposto l'esistenza di una rituale notificazione del decreto di esproprio (Cass. 6 febbraio 1998, n.1228;
Cass. 20 novembre 1998, n. 11730), riveste carattere perentorio, onde dalla sua inosservanza, là dove cioè l'opposizione anzidetta risulti esperita dopo la scadenza di esso, consegue l'inammissibilità della medesima opposizione (Cass. 25 giugno 1998, n. 6297);

b) che la questione relativa alla tempestività di quest'ultima e, quindi, all'accertamento del rispetto dei termini all'uopo fissati a pena di decadenza, attiene al controllo circa la sussistenza di un presupposto processuale dell'azione, il quale (controllo), riguardando l'ordine del processo, rientra tra i poteri officiosi del giudice, esercitabili in ogni stato e grado del giudizio, risultando suscettibile di venire effettuato, in sede di legittimità, mediante l'esame diretto degli atti (Cass. 4 gennaio 1995, n. 115). Tanto premesso, si osserva come la Corte territoriale, nell'impugnata sentenza, abbia affermato "Vero è che, a dire del medesimo (Comune di Bari), l'istante (IACP di Bari) avrebbe agito in giudizio successivamente alla scadenza del termine di cui all'art. 19 L.865/71, ma vero è altresì che tale affermazione è inesatta
perché, nella specie,...la domanda giudiziale è stata notificata quando (lunedì 4.7.88) il decorso del termine in questione (iniziatosi alla data - 3.6.88 - della notifica all'Istituto Autonomo Case Popolari della Provincia di Bari del decreto di espropriazione) non si era ancora concluso". Per converso, indipendentemente dalla notificazione del decreto di esproprio emesso dal Sindaco del Comune di Bari il 26.7.1986 effettuata all'odierno resistente sotto la data anzidetta del "3.6.1988", posta dalla Corte territoriale a fondamento della decisione impugnata, risulta dagli atti:
a) che tale decreto sia stato emanato a carico, tra gli altri, della "Ditta Gestione INA-Casa";

b) che il medesimo decreto, dopo un primo tentativo di notifica alla "Gestione INA-Casa" in Roma, Via Giorgione, 2/A, sotto la data del "3.5.1988" sia stato quindi notificato alla "Gestione INA-Casa assunta dall'Istituto Autonomo Case Popolari ex D.P.R. 1036/72 mediante consegna di copia nella residenza in Bari, Via Francesco Crispi 85/A, a mani di A A impiegata addetta alla ricezione così qualificatasi";

c) che lo stesso IACP di Bari, nell'"atto di opposizione a stima e citazione" davanti alla locale Corte di Appello, dopo aver premesso che "Il decreto di espropriazione risulta comunque emesso in data 26 luglio 1986, preceduto da deposito di indennità...in favore della Gestione Case per Lavoratori" e che "si presume che tutti gli avvisi e le notifiche relative siano avvenuti nei confronti della Gestione Case per Lavoratori", abbia quindi affermato che, "Ai sensi dell'art. 12 del D.P.R. 30.12.1972, nr. 1036, la GES.CA.L. è stata soppressa con decorrenza dal 31.12.1973 e tutti i beni e le attività di appartenenza sono stati devoluti agli IACP competenti per Provincia (artt. 14 e 15 stesso D.P.R.): ne consegue, pertanto, che il bene di cui all'espropriazione, sia al momento della pronuncia che del deposito dell'indennità, era già devoluto allo IACP di Bari".
Appare, quindi, palese, vuoi sulla base del richiamo, contenuto nella suindicata relazione di notifica del 3.5.1988, al "D.P.R. 1036/72" (il quale, all'art. 14, ha espressamente devoluto agli
Istituti Autonomi Provinciali per le Case Popolari, con effetto dal 31.12.1973, disponendo il subentro di questi ultimi nella titolarità di tutte le situazioni attive o passive e nei rapporti processuali relativi, i beni immobili di proprietà della soppressa, ex art. 13 del medesimo d.P.R. n. 1036 del 1972, Gestione Case per Lavoratori - GESCAL che, a sua volta, ai sensi dell'art. 35 della legge 14 febbraio 1963, n.60, era succeduta in tutti i rapporti già
interessanti la soppressa, in forza dell'art. 1 della legge da ultimo citata, Gestione INA-Casa), vuoi sulla base del fatto stesso che la predetta notifica è stata eseguita non già in Roma, Via Giorgione n.2/A (già sede della Gestione INA-Casa), bensì in Bari, Via Crispi n.85/A (sede del locale IACP), mediante consegna di copia dell'atto a mani di persona, dipendente dell'Istituto, a ciò deputata, che, nella specie, la notificazione in parola (del 3.5.1988 appunto), indipendentemente dall'impiego della locuzione "Gestione INA-Casa assunta dall'Istituto Autonomo Case Popolari" e dalle incertezze ad essa legate, sia stata in realtà effettuata non già alla Gestione INA-Casa, ovvero ad un soggetto inesistente giacché ormai estinto per le ragioni dianzi illustrate, bensì esattamente all'IACP di Bari in quanto "succeduto", attraverso la successione alla soppressa GESCAL, alla medesima Gestione INA-Casa. Ne consegue che, pur in mancanza dell'indicazione nel decreto di esproprio dell'Ente (IACP di Bari) succeduto all'originario proprietario (Gestione INA-Casa) del terreno espropriato nonché dell'aggiornamento dei dati catastali a questo relativi, tale decreto, giusta quanto precede, risulta essere stato notificato all'Ente anzidetto (e cioè all'effettivo proprietario) già in data 3.5.1988, onde siffatta notificazione si palesa idonea a far decorrere, nei confronti dello stesso destinatario, il termine per proporre l'opposizione giudiziale alla stima dell'indennità, la quale, essendo stato il relativo giudizio incardinato a mezzo di domanda notificata il 4.7.1988, appare tardivamente instaurata. Pertanto, il secondo motivo del ricorso merita accoglimento e l'impugnata sentenza, dichiarati assorbiti gli altri, deve essere cassata senza rinvio in relazione al motivo accolto, ex art. 382, ultimo comma, c.p.c., versandosi esattamente in un'ipotesi di
rilevazione di un impedimento, attinente ai presupposti processuali, erratamente escluso dal giudice di merito e preclusivo della proponibilità della causa.
L'obiettiva incertezza della lite, e segnatamente della questione affrontata in questa sede, giustifica, con riferimento al disposto dell'art. 385, secondo comma, c.p.c., la compensazione tra le parti delle spese dell'intero giudizio.

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