Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 25/03/2019, n. 08304

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 25/03/2019, n. 08304
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 08304
Data del deposito : 25 marzo 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

eguente SENTENZA sul ricorso 30185-2017 proposto da: DE B S e M M, elettivamente domiciliate in ROMA,

VIALE DELLE MILIZIE

114, presso lo studio dell'avvocato A V, che le rappresenta e difende;

- ricorrenti -

contro

FONDAZIONE TEATRO DELL'OPERA DI ROMA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DELLE TRE MADONNE

8, presso lo studio degli avvocati D D R, M M, M M, che la rappresentano a difendono;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 2655/2017 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 05/07/2017 r.g.n. 1961/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 29/01/2019 dal Consigliere Dott. F A;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. E P, che ha concluso per l'inammissibilità o in subordine rigetto;
udito l'Avvocato A V;
udito l'Avvocato M M. R.G. n. 30185/2017 Fatti di causa 1. M M e S D B convennero la Fondazione Teatro dell'Opera di Roma innanzi al Tribunale per sentir dichiarare l'instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a decorrere dal 13 dicembre 2005 la prima ricorrente e dal 24 luglio 2002 la seconda, con conseguente riammissione in servizio e condanna della Fondazione al risarcimento dei danni subiti da entrambe le lavoratrici. All'esito dell'instaurazione del contraddittorio il Tribunale di Roma rigettò il ricorso.

2. La Corte di Appello di Roma, con sentenza del 5 luglio 2017, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, ha condannato la Fondazione al pagamento di una indennità risarcitoria onnicomprensiva pari a 12 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto in favore di ciascuna delle appellanti. In estrema sintesi la Corte ha ritenuto che non fosse generica la causale apposta ai contratti, ma ha affermato che dall'istruttoria era emerso che le appellanti avevano svolto "mansioni ulteriori diverse da quelle di assunzione a termine" a partire dall'anno 2006. Considerato tuttavia che da quell'anno vigeva un "blocco delle assunzioni" anche per le fondazioni liriche, per cui non era possibile operare la conversione, ha riconosciuto un risarcimento del danno nella misura massima ex art. 32 I. n. 183 del 2010. 3. Per la cassazione di tale sentenza hanno proposto ricorso la Megna e la De Bari con 2 motivi;
la Fondazione ha resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno comunicato memorie ex art. 378 c.p.c.. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 1, co. 1, d. Igs. n. 368 del 2001, per avere la sentenza impugnata "erroneamente respinto la domanda di conversione del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato". R.G. n. 30185/2017 Si eccepisce che "nel caso di specie la giustificazione del termine non esisteva e quindi era dovuta la conversione", atteso che "l'elenco di tutti gli spettacoli della stagione teatrale annuale (da settembre ad agosto) non giustifica il contratto a termine". Si lamenta pure che la Corte territoriale avrebbe applicato l'aggiunta al comma 1 dell'art. 1 del d. Igs. n. 368 del 2001 relativa alla "ordinaria attività del datore di lavoro", inserita dal d.l. n. 112 del 2008 conv. in I. n. 133 del 2008, ai contratti del 2002 e 2005 precedenti alla sua entrata in vigore. Il Collegio reputa che il motivo, con cui si censura la sentenza della Corte di Appello per avere ritenuto "non ... generica" la causale apposta ai contratti impugnati, non possa trovare accoglimento. L'apposizione di un termine al contratto di lavoro, consentita dall'art. 1 del d.lgs. 6 settembre 2001, n. 368 a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, che devono risultare specificate, a pena di inefficacia, in apposito atto scritto, impone al datore di lavoro l'onere di indicare in modo circostanziato e puntuale le circostanze che contraddistinguono una particolare attività e che rendono conforme alle esigenze del datore di lavoro, nell'ambito di un determinato contesto aziendale, la prestazione a tempo determinato;
spetta tuttavia al giudice di merito accertare - con valutazione che, se correttamente motivata ed esente da vizi giuridici, resta esente dal sindacato di legittimità - la sussistenza di tali presupposti (cfr. Cass. n. 10033 del 2010;
tra le successive conformi v.: Cass.n. 1931 del 2011;
Cass. n. 24954 del 2014;
Cass. n. 21701 del 2016;
Cass. n. 4906 del 2017;
Cass. nn. 10019 e 10020 del 2017;
Cass. n. 5953 del 2018). Per contrastare tale apprezzamento del giudice di merito è evidentemente indispensabile che il motivo di ricorso per cassazione sia formulato nel rispetto degli oneri di specificazione e di allegazione imposti dagli artt. 366 n. 6 e 369 n. 4 c.p.c. così come interpretati da questa Corte. Infatti per consentire il sindacato di legittimità su tale apprezzamento, nei limiti in cui esso è possibile a mente del novellato n. 5 dell'art. 360 c.p.c. ma anche sub specie del vizio di sussunzione ex n. 3 del medesimo articolo, è necessario che venga riportato il testo del contratto nonché della relativa Zum R.G. n. 30185/2017 clausola appositiva del termine, quanto meno nei suoi contenuti essenziali, e che venga indicato specificamente quando il documento sia stato prodotto e dove esso sia reperibile, onde porre questa Corte nella condizione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della censura sulla base delle sole deduzioni contenute nel ricorso. Invero il requisito di natura contenutistica delineato dall'art. 366, co. 1, n. 6, c.p.c. (v. Cass. SS. UU. n. 28547 del 2008) per essere assolto postula sia che il documento venga specificamente indicato nel ricorso, sia che si dettagli in quale sede processuale risulti prodotto, "poiché indicare un documento significa necessariamente, oltre che specificare gli elementi che valgono ad individuarlo, dire dove nel processo è rintracciabile" (cfr. Cass. SS. UU. n. 7161 del 2010). Il doppio onere della localizzazione e della trascrizione ha costante seguito nella giurisprudenza di questa Corte (tra le innumerevoli v. Cass. n. 6937 del 2010;
Cass. n. 4220 del 2012;
Cass. n. 19048 del 2016;
Cass. n. 27475 del 2017;
Cass. n. 5478 del 2018;
Cass. n. 29093 del 2018;
Cass. n. 777 del 2019). In particolare, circa l'indicazione della sede processuale, è stato sovente ribadito che è al riguardo necessario che si provveda anche alla relativa individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l'esame (Cass. n. 8569 del 2013) con precisazione (anche) dell'esatta collocazione nel fascicolo d'ufficio o in quello di parte, rispettivamente acquisito o prodotto in sede di giudizio di legittimità (v. Cass.n. 12239 del 2007;
Cass. n. 26888 del 2008;
Cass. n. 22607 del 2014). Quanto poi alla trascrizione dei contenuti si è detto in generale che "l'onere di specificazione non concerne solo il cd. contenente, cioè il documento o l'atto processuale come entità materiale, ma anche il cd. contenuto, cioè quanto il documento o l'atto processuale racchiudono in sé e fornisce fondamento al motivo di ricorso. Sotto questo profilo l'onere di indicazione si può adempiere trascrivendo la parte del documento su cui si fonda il motivo o almeno riproducendola indirettamente in modo da consentire alla Corte di cassazione julLN R.G. n. 30185/2017 di esaminare il documento o l'atto processuale proprio in quella parte su cui il ricorrente ha fondato il motivo, sì da scongiurare un inammissibile soggettivismo della Corte nella individuazione di quella parte del documento o dell'atto su cui il ricorrente ha inteso fondare il motivo" (in termini: Cass. n. 22303 del 2008;
conformi: Cass. n. 2966 del 2011;
Cass. n. 15847 del 2014;
Cass. n. 18024 del 2014). Anche ove non si vogliano pretendere pedisseque riproduzioni integrali, chi fonda il ricorso per cassazione su uno o più documenti ha quanto meno l'onere di indicare nell'atto "il contenuto rilevante del documento stesso" (Cass. n. 17168 del 2012). Nella specie, invece, parte ricorrente si limita ad affermare che "la giustificazione del termine non esisteva", mentre la Corte di Appello l'ha rinvenuta e l'ha anche ritenuta non generica "in virtù dello specifico riferimento agli spettacoli in vista dei quali avveniva l'assunzione";
per contrastare tale valutazione in modo tale da consentirne il sindacato di legittimità e determinare l'eventuale cassazione della sentenza impugnata non è sufficiente una censura meramente contrappositiva rispetto all'apprezzamento operato dai giudici del merito, senza che siano osservati gli oneri imposti quali condizioni di ammissibilità dall'art. 366, co. 1, n. 6, c.p.c.. Mancando nel motivo la "specifica indicazione" dei contratti in relazione ai quali è stato articolato il motivo e sui quali inequivocabilmente esso si fonda - nei sensi espressi dagli orientamenti di legittimità innanzi richiamati sia avuto riguardo ai contenuti sia per quanto concerne la loro collocazione - il mezzo di impugnazione risulta inammissibile, così come espressamente eccepito dalla controricorrente, non ponendo questa Corte nella condizione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificarne il fondamento sulla base delle sole deduzioni contenute nel ricorso, alle cui lacune non è possibile sopperire con indagini integrative, non avendo la Corte di legittimità accesso diretto agli atti del giudizio di merito (tra le tante: Cass. n. 8569 del 2013;
Cass. n. 3158 del 2003;
Cass. n. 12444 del 2003;
Cass. n. 1161 del 1995). Assai di recente questa Corte ancora una volta ha ribadito (Cass. n. 3317 del 2019), proprio con riferimento ad un ricorso in cui era controversa la specificità delle causali inserite nei singoli contratti a termine, senza che i 4 R.G. n. 30185/2017 venisse riportato in tale ricorso il contenuto dei contratti e senza includere i documenti nell'elenco redatto in calce né indicato in quale sede e da chi gli stessi fossero stati prodotti, che "i requisiti imposti dall'art.366 cod. proc. civ. rispondono ad un'esigenza che non è di mero formalismo, perché solo la esposizione chiara e completa dei fatti di causa e la descrizione del contenuto essenziale dei documenti probatori e degli atti processuali rilevanti consentono al giudice di legittimità di acquisire il quadro degli elementi fondamentali in cui si colloca la decisione impugnata, indispensabile per comprendere il significato e la portata delle censure;
gli oneri sopra richiamati sono altresì funzionali a permettere il pronto reperimento degli atti e dei documenti il cui esame risulti indispensabile ai fini della decisione sicché, se da un lato può essere sufficiente per escludere la sanzione della improcedibilità il deposito del fascicolo del giudizio di merito, ove si tratti di documenti prodotti dal ricorrente, oppure il richiamo al contenuto delle produzioni avversarie, dall'altro non si può mai prescindere dalla specificazione della sede in cui il documento o l'atto sia rinvenibile (Cass. S.U.
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