Cass. civ., SS.UU., sentenza 23/07/2019, n. 19886

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 23/07/2019, n. 19886
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 19886
Data del deposito : 23 luglio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

nciato la seguente SENTENZA sul ricorso 19786-2016 proposto da: F A, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIALE MAZZINI

114/B, presso lo studio dell'avvocato G F, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato F E A;
- ricorrente —

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI

12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;
- con troricorrente e ricorrente incidentale - avverso il decreto della CORTE D'APPELLO di FIRENZE (r.g. n.(/2015), depositato il 20/01/2016. Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/06/2019 dal Consigliere R G C;
udito il Pubblico Ministero, in persona dell'Avvocato Generale L S, che ha concluso per il rigetto del ricorso ed assorbito quello incidentale condizionato;
uditi gli avvocati F E A, G F ed E M per l'Avvocatura Generale dello Stato.

Fatti di causa

F A, con ricorso depositato il 4.3.2015, chiese alla Corte di appello di Firenze la condanna del Ministero della Giustizia al pagamento dell'equo indennizzo per irragionevole durata di un procedimento promosso per ottenere l'indennizzo ai sensi della legge P svoltosi innanzi alla Corte di appello di Perugia che si era articolato in tre fasi (due di cognizione davanti alla Corte di appello ed alla Cassazione ed una di esecuzione). Il ricorrente rappresentò che il processo aveva avuto una durata complessiva di anni quattro e mesi due, essendo decorso detto periodo dal 13.5.2010 al 1.7.2014, in cui era stata disposta con ordinanza l'assegnazione della somma. La domanda di equo indennizzo fu accolta dal consigliere delegato, con condanna del Ministero anche al pagamento di euro 1.000,00 oltre alle spese legali. Ric. 2016 n. 19786 sez. SU - ud. 18-06-2019 -2- Avverso tale decreto propose opposizione ai sensi dell'art. 5 ter della L. n. 89 del 2001 il Ministero della Giustizia. La Corte di appello di Perugia, con decreto del 20.1.2016, ritenne preliminarmente l'infondatezza delle eccezioni di incompetenza territoriale e di decadenza ex art. 4 della legge P avanzate dal Ministero. Osservò, in particolare, quanto alla prima eccezione, che il procedimento rispetto al quale si era proposto il giudizio per la violazione della ragionevole durata del processo era stato definito dal giudice del Distretto di Corte di appello di Perugia, mentre quanto all'eccezione di decadenza, che il termine semestrale di proponibilità della domanda era stato rispettato, risultando l'ordinanza di assegnazione emessa 1'1.7.2014, definitiva dopo giorni venti. La Corte di appello ritenne invece fondato l'ulteriore motivo di ricorso proposto del Ministero affermando che, nella durata del procedimento, dal quale andava detratto il termine di anni 2, mesi sei e giorni 5, non potevano essere valutati i c.d. "tempi morti", in forza di quanto previsto dall'art. 2, comma 2-quater della I. n.89/2001, non potendo questi ultimi ritenersi addebitabili al sistema giudiziario. Secondo la Corte di appello non andavano quindi considerati nel computo, ai fini della ragionevole durata, sia il periodo intercorrente tra la data di emissione del decreto che definisce il merito ed il deposito del ricorso per Cassazione, sia il periodo intercorrente tra la definizione del processo di cognizione e l'inizio del processo esecutivo da identificarsi, quest'ultimo, con la notifica dell'atto di pignoramento ex art. 491 c.p.c. Secondo la Corte di appello, operando lo scomputo di tali periodi, la durata totale del processo doveva essere determinata in trenta mesi e ventitré giorni, sicché il ritardo rispetto al termine ritenuto congruo - di anni due, mesi sei e giorni cinque- era di pochi giorni, inferiore dunque a quello di 6 mesi ritenuto necessario per affermate la sussistenza di una lesione del diritto ad Ric. 2016 n. 19786 sez. SU - ud. 18-06-2019 -3- un processo di durata ragionevole, secondo quanto previsto dall'art.2 bis, comma 1 I. n.89/2001. F A ha proposto ricorso per cassazione affidato, a due motivi. Il Ministero della Giustizia ha resistito con controricorso, proponendo a sua volta ricorso incidentale condizionato, affidato a due motivi. All'udienza del 15.12.2017, il Collegio con ordinanza interlocutoria, ha rinviato la causa alla pubblica udienza, ritenuta la necessità di un approfondimento della questione di diritto sollevata. All'udienza pubblica del 19.4.2018, la ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell'art. 378 c.p.c. La seconda sezione, all'esito della camera di consiglio, ha pronunziato ordinanza interlocutoria n.806/2019, con la quale ha rimesso gli atti al Primo Presidente per l'eventuale assegnazione alle S.U.La ricorrente ha depositato memoria in data 7 giugno 2019. Il P.G. ha concluso con requisitoria scritta per il rigetto del ricorso. Ragioni della decisione 1. Il ricorrente principale, con il primo motivo, deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2 e 4 della legge n. 89 del 2001. Il giudice di appello avrebbe errato nel non considerare unitariamente il periodo compreso fra la fase di cognizione e quello della fase esecutiva, lamentando altresì che la Corte territoriale non avrebbe valorizzato, nel computo della durata del processo, il termine di 120 gg. dalla data della notifica del titolo esecutivo, in pendenza del quale la parte privata non può, ai sensi dell'art. 14 del d.l. n. 669/1996, notificare alcun atto di precetto. Rileva altresì che, a differenza di quanto ritenuto dalla Corte territoriale, il processo Ric. 2016 n. 19786 sez. SU - ud. 18-06-2019 -4- esecutivo inizierebbe con la notifica del precetto e non con il pig nora mento.

1.2 Con il secondo motivo di ricorso principale si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. e del d.m. n. 55/2014, censurando il decreto impugnato per non aver disposto la compensazione delle spese di giudizio dovendo tener conto del mutamento giurisprudenziale su questioni dirimenti.

1.3 II Ministero della Giustizia, con il primo motivo di ricorso incidentale prospetta la violazione dell'art.4 I. n.89/2001, riproponendo l'eccezione di inammissibilità del ricorso per decorrenza del termine decadenziale di cui al ricordato art.4, fondata sul carattere non unitario della fase di cognizione rispetto alla fase esecutiva, dolendosi della valutazione unitaria dei due giudizi (di merito ed esecuzione). Secondo il Ministero in caso di duplicità di giudizio (di cognizione e di esecuzione) ai fini della decadenza dovrebbe aversi riguardo alla definitività della decisione di merito, in caso contrario dilatandosi in modo smisurato il termine di decadenza per proporre ricorso per irragionevole durata del processo. Andrebbe quindi esclusa la fondatezza dell'alternativa fondata sul fatto che la fase esecutiva costituisce una fase dell'unitario giudizio ex I. n.89/2001. 1.4 Con il secondo motivo il ricorrente incidentale impugna la decisione nella parte in cui aveva disatteso l'eccezione di incompetenza territoriale. Secondo il ricorrente, poiché il giudizio per il quale era stato chiesto il riconoscimento dell'indennizzo per irragionevole durata del processo, inizialmente promosso innanzi alla Corte di appello di Perugia, poi definito quanto alla fase di cognizione innanzi alla Corte di Cassazione e in fase esecutiva innanzi al tribunale di Roma, la Corte di appello di Firenze avrebbe dovuto dichiarare la propria incompetenza in favore della Corte di appello di Perugia ai sensi dell'art.3 della I. n.89/2001, a cui tenore " la Ric. 2016 n. 19786 sez. SU - ud. 18-06-2019 -5- domanda di equa riparazione si propone con ricorso al presidente della Corte di appello del distretto in cui ha sede il giudice competente ai sensi dell'art.11 del c.p.p. a giudicare nei procedimenti riguardanti i magistrati nel cui distretto è concluso o estinto relativamente ai gradi di merito il procedimento nel cui ambito la violazione si assume verificata". Secondo il Ministero l'inciso relativamente ai gradi di merito avrebbe dovuto ricomprendere anche la fase esecutiva, dovendo considerarsi quest'ultima come un unicum rispetto all'intero giudizio P.

2.L 'ordinanza interlocutoria della seconda sezione civile.

2.1 Alla luce di un assai articolato ordito motivazionale che ha ripercorso l'evoluzione della giurisprudenza interna e sovranazionale relativa ad alcuni aspetti della I. n.89/2001, prevalentemente calibrati sul tema del rapporto fra fase di cognizione e di esecuzione ai fini del riconoscimento dell'indennizzo la seconda sezione, con l'ordinanza interlocutoria sopra ricordata, ha rimesso gli atti al Primo Presidente per l'eventuale assegnazione alle S.U., al fine di decidere la seguente questione: 2.2 'Dicano le Sezioni Unite, alla luce, da un lato, della menzionata sentenza delle Sezioni Unite n. 9142 del 2016 e, dall'altro, della richiamata giurisprudenza della Corte EDU e della Corte costituzionale, se, nel caso in cui l'indennizzo sia stato riconosciuto per la prima volta con la pronuncia emessa in sede di legittimità (ex art. 384, comma 2, c.p.c.): a) si debba superare la concezione autonoma delle due "fasi", prescindendo, ai fini della continuità tra le stesse, da una instaurazione tempestiva della procedura esecutiva (ferma restando, poi, la necessità che la procedura ex lege P venga attivata a pena di decadenza, dalla parte privata, entro sei mesi dalla definizione di quella espropriativa);
Ric. 2016 n. 19786 sez. SU - ud. 18-06-2019 -6- b) il privato debba in ogni caso attendere il maturare infruttuoso del termine di sei mesi e cinque giorni prima di attivare (nei successivi sei mesi) la procedura esecutiva;
c) nell'arco temporale di sei mesi dalla irrevocabilità della decisione definitiva del procedimento di cognizione debba essere notificato l'atto di pignoramento o sia sufficiente la notifica del titolo esecutivo ovvero dell'atto di precetto;
d) sia sufficiente, per il privato, notificare, entro sei mesi dalla sua irrevocabilità, il titolo esecutivo all'Amministrazione o la notifica debba avvenire immediatamente (e, in siffatta evenienza, entro quale termine), ciò ai fini non della considerazione nel calcolo complessivo del tempo utilizzato per l'adempimento, ma della configurabilità, o meno, di una soluzione di continuità tra il giudizio di cognizione e la procedura esecutiva. Dicano altresì le Sezioni Unite se: a) il termine di 120 giorni introdotto dall'art. 14 del d.l. 31.12.1996, n. 669, conv. con I. n. 30 del 1997 (anche alla luce della modifica apportata al suo testo dall'art. 44 comma 3 d.l. n. 269 del 2003, conv. con I. n. 326 del 2003), sia tendenzialmente ricompreso in quello di 6 mesi e 5 giorni dalla esecutività del decreto di liquidazione del compenso, entro il quale la PA sarebbe tenuta a pagare o debba altresì essere tenuto presente ai fini di una valutazione unitaria delle fasi di cognizione e di esecuzione;
b) nell'eventualità in cui, per inerzia del creditore, il primo termine dovesse slittare in avanti a causa della tardiva notifica del titolo esecutivo, ciò dovrebbe gravare sul medesimo o dovrebbe restare a carico dello Stato".
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