Cass. civ., SS.UU., sentenza 11/03/2013, n. 5945

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.

Segnala un errore nella sintesi

Massime3

Laddove la cancellazione di una società dal registro delle imprese italiano sia avvenuta non a compimento del procedimento di liquidazione dell'ente, o per il verificarsi di altra situazione che implichi la cessazione dell'esercizio dell'impresa e da cui la legge faccia discendere l'effetto necessario della cancellazione, bensì come conseguenza del trasferimento all'estero (nella specie, in Francia) della sede della società, e quindi sull'assunto che questa continui, invece, a svolgere attività imprenditoriale, benché in altro Stato, non trova applicazione l'art. 10 legge fall., atteso che un siffatto trasferimento, almeno nelle ipotesi in cui la legge applicabile nella nuova sede concordi sul punto con i principi desumibili dalla legge italiana, non determina il venir meno della continuità giuridica della società trasferita e non ne comporta, quindi, in alcun modo, la cessazione dell'attività, come peraltro agevolmente desumibile dal disposto degli articoli 2437, primo comma, lett. c) e 2473, primo comma, cod. civ.

Benchè non gravi sulla società nei cui confronti sia presentata un'istanza di fallimento la dimostrazione che il centro effettivo dei propri interessi coincida con l'ubicazione della sua sede legale, è comunque consentito al giudice, ai sensi dell'art. 116, secondo comma, cod. proc. civ. - applicabile al procedimento prefallimentare - al fine di vincere la presunzione di corrispondenza tra sede effettiva e sede legale della società stessa, di desumere argomenti di prova dal contegno delle parti nel processo. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che, in un quadro di risultanze istruttorie già significativamente caratterizzato dalla irreperibilità all'estero della società presso la sede sociale al momento della notifica del ricorso di fallimento, dall'avere il suo legale rappresentante conservato la propria residenza in Italia e dalla individuazione unicamente in Italia di beni ed attività ancora riferibili alla prima, aveva altresì valorizzato la mancanza, da parte del medesimo legale rappresentante, di una qualsiasi indicazione, pure agevole da fornirsi, da cui ricavare un qualche collegamento dell'attività e dell'amministrazione della società con il luogo in cui era stata trasferita la sede legale di quest'ultima anteriormente alla notificazione del predetto ricorso).

Ai sensi dell'art. 3, paragrafo 1, del Regolamento CE 29 maggio 2000, n. 1346/2000, relativo alle procedure di insolvenza, competenti ad aprire la medesima sono i giudici dello Stato membro nel cui territorio è situato il centro degli interessi principali del debitore, presumendosi, per le società e le persone giuridiche, che detto centro coincida, fino a prova contraria, con il luogo in cui si trova la sede statutaria; ove, però, anteriormente alla presentazione dell'istanza di fallimento, la società abbia trasferito all'estero la propria sede legale, una siffatta presunzione deve considerarsi vinta, e tale trasferimento ritenersi fittizio, permanendo, così, la giurisdizione del giudice italiano a decidere su quell'istanza, allorquando nella nuova sede non sia effettivamente esercitata attività economica, né sia stato ivi spostato il centro dell'attività direttiva, amministrativa ed organizzativa dell'impresa.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 11/03/2013, n. 5945
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 5945
Data del deposito : 11 marzo 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. P R - Primo presidente f.f. -
Dott. R L A - Presidente di sez. -
Dott. R R - rel. Presidente di sez. -
Dott. S A - Consigliere -
Dott. S S - Consigliere -
Dott. A A - Consigliere -
Dott. M L - Consigliere -
Dott. A G - Consigliere -
Dott. N V - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 11797/2011 proposto da:
SUPERIMPERMEABILIZZAZIONI S.R.L. IN LIQUIDAZIONE, in persona del legale rappresentante pro tempore, 108 elettivamente domiciliata in ROMA,

VIALE LIEGI

34, presso lo studio dell'avvocato B A, rappresentata e difesa dall'avvocato O R, per delega a margine del ricorso;



- ricorrente -


contro
A S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI

PIETRALATA

320, presso lo studio dell'avvocato M R G, rappresentata e difesa dagli avvocati R M, M C, per delega a margine del controricorso;



- controricorrente -


e contro
FALLIMENTO SUPERIMPERMEABILIZZAZIONI S.R.L. IN LIQUIDAZIONE, PROCURATORE GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE D'APPELLO DI TRIESTE;



- intimati -


avverso la sentenza n. 134/2011 della CORTE D'APPELLO di TRIESTE, depositata il 16/03/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26/02/2013 dal Presidente Dott. RENATO RORDORF;

udito l'Avvocato Roberto OMENETTO;

udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott.

DESTRO

Carlo, che ha concluso per il rigetto del primo motivo, rimessione degli altri alla sezione ordinaria.
ESPOSIZIONE DEL FATTO
Dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di Udine del 6 dicembre 2010, la società Superimpermeabilizzazioni s.r.l., in liquidazione, propose reclamo. Eccepì anzitutto il difetto di giurisdizione del giudice italiano, avendo essa trasferito già da alcuni anni in Francia la propria sede;
sostenne che, essendo stata cancellata da oltre un anno dal registro delle imprese italiano, la L. Fall., art.10 avrebbe comunque precluso la dichiarazione di fallimento;
negò,
infine, che ricorressero le condizioni poste dalla L. Fall., art. 1, per la propria assoggettabilità alla procedura concorsuale. Con sentenza depositata in cancelleria il 16 marzo 2011 la Corte d'appello di Trieste rigettò il reclamo. Quanto alla giurisdizione, la corte territoriale osservò che il trasferimento della sede della società all'estero appariva fittizio, giacché, in occasione del tentativo di notifica del ricorso per fallimento, l'asserita sede francese era risultata inesistente, ne' alcun dato era stato fornito dalla reclamante che denotasse una qualche attività in Francia della società, il cui legale rappresentante risiedeva in Italia, dove si trovavano anche i pochi beni residui della Superimpermeabilizzazioni, e qui la medesima società risultava tuttora intestataria di una partita Iva. Neppure l'intervenuta cancellazione dal registro delle imprese italiano fu ritenuta ostativa alla dichiarazione di fallimento, a norma del citato L. Fall., art. 10, trattandosi di cancellazione dovuta non già alla cessazione dell'attività bensì all'asserito trasferimento della sede all'estero. Almeno due dei tre parametri dimensionali indicati dal pure citato art. 1 della stessa legge fallimentare, quelli concernenti l'ammontare dei debiti e l'entità dell'attivo, risultavano infine - a giudizio della corte d'appello - superati, onde apparivano pienamente sussistenti le condizioni per addivenire alla dichiarazione di fallimento.
Per la cassazione di tale sentenza la Superimpermeabilizzazioni ha proposto ricorso, prospettando cinque motivi di doglianza, col primo dei quali è tornata ad eccepire il difetto di giurisdizione del giudice italiano, onde il ricorso è stato portato all'esame delle sezioni unite.
La Alubel s.p.a., ad istanza della quale è stato dichiarato il fallimento, ha resistito con controricorso.
Nessuna difesa ha spiegato il curatore fallimentare. La ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE


1. Il primo motivo di ricorso investe il tema della giurisdizione, poiché la società ricorrente assume che, avendo trasferito sin dall'anno 2005 la propria sede in Marsiglia ed avendo dato di ciò regolare pubblicità nel registro delle imprese, solo al giudice francese compete dichiarane l'eventuale fallimento. L'impugnata sentenza della corte d'appello di Trieste avrebbe perciò violato l'art. 3 del regolamento CE/1346/2000, che, nell'attribuire la competenza giurisdizionale per l'apertura di una procedura d'insolvenza al tribunale dello Stato membro nel cui territorio si trova il centro principale degli interessi dell'impresa debitrice, pone espressamente una presunzione di corrispondenza di tale centro d'interessi con la sede legale della società, quale indicata nel registro delle imprese.


2. La doglianza non è fondata.
La Corte di giustizia dell'Unione Europea, pur ribadendo che, nel caso di trasferimento della sede statutaria di una società debitrice prima della proposizione di una domanda di apertura di una procedura d'insolvenza, si presume che il centro degli interessi principali di tale società si trovi presso la nuova sede statutaria della medesima, ha con chiarezza indicato che, per individuare il centro degli interessi principali di una società debitrice, l'art. 3, n. 1, seconda frase, del citato regolamento n. 1346/2000 dev'essere interpretato nel senso che tale centro degli interessi - da intendere con riferimento al diritto dell'Unione - s'individua privilegiando il luogo dell'amministrazione principale della società, come determinabile sulla base di elementi oggettivi e riconoscibili dai terzi. Pertanto, qualora gli organi direttivi e di controllo di una società si trovino presso la sua sede statutaria ed in quel luogo le decisioni di gestione di tale società siano assunte in maniera riconoscibile dai terzi, la presunzione introdotta dalla menzionata disposizione del regolamento non è superabile;
ma, viceversa, laddove il luogo dell'amministrazione principale della società non si trovi presso la sua sede statutaria, la presenza di valori sociali nonché l'esistenza di attività di gestione degli stessi in uno stato membro diverso da quello della sede statutaria di tale società possono essere considerate elementi sufficienti a superare detta presunzione, a condizione che una valutazione globale di tutti gli elementi rilevanti consenta di stabilire che, sempre in maniera riconoscibile dai terzi, il centro effettivo di direzione e di controllo della società stessa, nonché della gestione dei suoi interessi, è situato in tale altro stato membro (così Corte giustizia Unione Europea 20 ottobre 2011, n. 396/09;
la necessità che in simili casi si faccia luogo ad una valutazione globale dell'insieme degli elementi pertinenti al fine di accertare, in un modo riconoscibile dai terzi, dove è situato il centro effettivo di direzione e di controllo della società è stata poi confermata anche da Corte giustizia Unione Europea 15 dicembre 2011, n. 191/10). In questa logica l'esistenza di una situazione reale, diversa da quella che si ritiene corrispondere alla collocazione ufficiale della sede statutaria, può anche consistere nel fatto che la società non svolge alcuna attività sul territorio dello stato membro in cui è formalmente collocata la sua sede sociale (si veda, in argomento, Corte giustizia Comunità Europee 2 maggio 2006, n. 341/04). La dovuta trasposizione di siffatti principi nella giurisprudenza nazionale ha già condotto in passato questa corte ad affermare che spetta al giudice italiano la giurisdizione con riguardo all'istanza di fallimento presentata nei confronti di società di capitali, già costituita in Italia che, dopo il manifestarsi della crisi dell'impresa, abbia trasferito all'estero la sede legale, nel caso in cui i soci, chi impersona l'organo amministrativo ovvero chi ha maggiormente operato per la società, siano cittadini italiani senza collegamenti significativi con lo stato straniero: circostanze che, unitamente alla difficoltà di notificare l'istanza di fallimento nel luogo indicato come sede legale, lasciavano chiaramente intendere come la delibera di trasferimento fosse preordinata allo scopo di sottrarre la società dal rischio di una prossima probabile dichiarazione di fallimento (Cass., sez. un., 20 luglio 2011, n. 15880;
ed in termini sostanzialmente analoghi, con riferimento ad un fittizio trasferimento della sede sociale in uno stato extracomunitario, Cass., sez. un., 3 ottobre 2011, n. 20144). La presunzione di coincidenza del centro degli interessi principali con il luogo della sede statutaria, stabilita dall'art. 3, par. 1, del citato regolamento n. 1346/2000 del 29 maggio 2000, deve infatti considerarsi vinta allorché nella nuova sede non sia effettivamente esercitata attività economica, ne' sia stato spostato presso di essa il centro dell'attività direttiva, amministrativa e organizzativa dell'impresa (Cass., sez. un., 18 maggio 2009, n. 11398). Da tale orientamento non v'è motivo di discostarsi, ne' la corte d'appello di Trieste se ne è discostata nel caso in esame, avendo fondato l'affermazione della propria giurisdizione sull'accertamento di una situazione di fatto in concreto diversa da quella risultante dalle indicazioni ufficiali desumibili dal registro delle imprese ed essendo pervenuta a tale conclusione all'esito di una valutazione globale dei dati di cui disponeva. Valutazione correttamente motivata, che ha preso le mosse dalla constatazione
dell'impossibilità di reperire la società nella sede ufficiale di Marsiglia, ove era stata inutilmente tentata la notifica del ricorso per fallimento, e che si è congruamente sviluppata attraverso il rilievo della residenza in Italia del legale rappresentante della medesima società, dello svolgimento sempre in Italia delle pur sporadiche operazioni liquidatorie del patrimonio sociale e della presenza qui dell'unico bene mobile ad essa sicuramente ancora riferibile;
con l'aggiunta del fatto che in Italia la medesima società ha conservato la propria partita Iva. A tali rilievi la corte distrettuale ha poi fatto seguire anche la considerazione che l'eventuale esistenza di attività sociali svolte in Francia avrebbe potuto essere agevolmente dimostrata da parte della reclamante, la quale invece nessun concreto elemento aveva allegato in tal senso.
La ricorrente nega, in punto di fatto, che sia vero che la propria partita Iva è rimasta attiva in Italia;
ma, a parte il rilievo che trattasi di una circostanza di per sè sola non dotata di importanza decisiva, in rapporto alle altre considerazioni sopra riferite, va evidentemente escluso che una simile contestazione possa trovare spazio in questa sede, giacché l'accertamento dei fatti non è compito del giudice di legittimità.
La medesima ricorrente obietta anche che, imputandole di non aver fornito elementi idonei a confermare lo svolgimento di una qualche attività sociale sul suolo francese, la corte d'appello avrebbe finito per violare la presunzione di corrispondenza tra sede effettiva e sede legale della società, alla luce della quale non era quest'ultima a dover fornire la prova che le è stato rimproverato di non aver dato.
Ora, se è vero che non gravava certo sulla società l'onere di dimostrare che il centro effettivo dei propri interessi corrisponda con l'ubicazione della sede legale, è vero altresì che il capoverso dell'art. 116 c.p.c. - della cui applicazione nella presente materia non vi sarebbe ragione di dubitare - consente sempre al giudice di desumere argomenti di prova dal contegno delle parti nel processo. Ed è innegabile che, in un quadro di risultanze istruttorie già significativamente caratterizzato dall'accettata irreperibilità all'estero della società presso la sede sociale, al momento della notifica del ricorso, dal fatto che il legale rappresentante aveva conservato la propria residenza in Italia e dalla individuazione unicamente in Italia di beni ed attività ancora riferibili alla società, la mancanza da parte dello stesso legale rappresentante di una qualsiasi indicazione - che avrebbe pur dovuto essere agevole fornire - da cui desumere un qualche effettivo collegamento dell'attività e dell'amministrazione della società col territorio francese assume la valenza di un comportamento significativo, dal quale il giudice legittimamente ha tratto argomento di prova.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi