Cass. civ., sez. II, sentenza 27/01/2011, n. 1900
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In tema di riassunzione, una volta eseguito tempestivamente il deposito del ricorso in cancelleria, il termine di sei mesi di cui all'art. 305 cod. proc. civ. non ha alcun ruolo nella successiva notifica dell'atto volta a garantire il corretto ripristino del contraddittorio, con la conseguenza che il vizio o la mancanza della notifica impongono al giudice di ordinarne la rinnovazione in applicazione analogica dell'art. 291 cod. proc. civ. entro un termine perentorio, il cui mancato rispetto determina l'estinzione del giudizio ai sensi del combinato disposto degli artt. 291, ultimo comma, e 307, terzo comma, cod. proc. civ. Tuttavia, detta estinzione non potrà essere dichiarata ove la parte riassumente si sia adeguatamente e tempestivamente attivata nel richiedere al giudice (assolvendoli sotto il suo diretto controllo) i necessari adempimenti nei termini assentiti per il completamento del subprocedimento notificatorio nei casi di obiettiva difficoltà nell'individuazione del soggetto passivamente legittimato alla prosecuzione del giudizio o di altri oggettivi ostacoli di natura processuale, ad essa parte non imputabili, che risultino indispensabili per la corretta e definitiva individuazione di tale soggetto. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione di merito che aveva dichiarato estinto il giudizio per non aver la parte provveduto a notificare, nel termine giudizialmente assegnatogli, il ricorso in riassunzione, tempestivamente depositato, ed il decreto di fissazione d'udienza, nonostante essa avesse la necessità di accertare l'esistenza di eredi effettivi della controparte deceduta, con conseguente instaurazione di "actio interrogatoria" ex art. 481 cod. civ. e successiva necessaria richiesta della nomina del curatore dell'eredità giacente).
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ODDO Massimo - Presidente -
Dott. PICCIALLI GI - Consigliere -
Dott. BURSESE Gaetano Antonio - Consigliere -
Dott. MIGLIUCCI Emilio - Consigliere -
Dott. CARRATO Aldo - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso (iscritto al N.R.G. 6723/07) proposto da:
CH VED. RG IR (C.F.: [...]), quale erede di GI VA di NO e di US GI,
rappresentata e difesa, in forza di procura speciale a margine del ricorso, dall'Avv. Frau Giovanni ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma, via Sardegna, n. 38 (c/o studio Caporale);
- ricorrente -
contro
EREDITÀ GIACENTE DI NN ON, in persona del curatore Avv. GI Tabacchi, rappresentata e difesa dagli Avv. Pontecorvo Edoardo e Napoli Mario, in virtù di procura speciale apposta a margine del controricorso giusta autorizzazione del giudice della curatela del Tribunale di Torino in data 6 marzo 2007, elettivamente domiciliata presso lo studio del primo in Roma, viale Carso, n. 77;
- controricorrente -
Avverso la sentenza della Corte di appello di Torino n. 1076/2006, depositata il 19 giugno 2006;
Udita la relazione della causa svolta nell'udienza pubblica del 1 dicembre 2010 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;
udito l'Avv. Edoardo Pontecorvo per la controricorrente;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Velardi Maurizio, che ha concluso per l'accoglimento del primo motivo dei ricorso con assorbimento degli altri. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato in data 2 dicembre 1989, il sig. GI VA di NO e di US conveniva dinanzi al Tribunale di Torino lo zio ON NN e, sul presupposto che aveva ereditato, nel giugno 1987, dalla madre IA (sorella del suddetto ON) un ingentissimo patrimonio composto da beni immobili e mobili anche di particolare pregio e valore che aveva affidato alla gestione (in qualità di mandatario) dell'indicato zio, chiedeva che quest'ultimo rendesse il conto, ai sensi dell'art. 1713 c.c., delle operazioni realizzate, nonché della detenzione di beni mobili di varia natura.
Costituitosi il convenuto (che proponeva anche domanda riconvenzionale per la condanna dell'attore alla rimessione di un saldo del prezzo ricevuto per la vendita di un immobile), nel prosieguo del giudizio si verificavano varie vicende modificative incidenti sul rapporto processuale instauratosi e in particolare: - il 30 gennaio 2001, il difensore del convenuto ne dichiarava in udienza il decesso con conseguente interruzione del giudizio, a cui seguiva, in data 20 luglio 2001, il deposito nell'interesse dell'attore del ricorso in riassunzione;
- il 7 settembre 2001 l'attore notificava l'atto in riassunzione al sig. NO di TR LI e EL (nipote del NN), individuato, in seguito all'avvenuta rinuncia all'eredità da parte di CE (figlia), di SS e IS (nipoti) e di lui medesimo, quale unico erede del convenuto (il quale, tra l'altro, rimaneva contumace);
- il 18 aprile 2002, si costituiva in giudizio la signora IR HI, in qualità di erede (siccome coniuge) dell'attore GI VA, anch'egli, nelle more, deceduto (il 10 febbraio 2002);
- il 6 dicembre 2002, la predetta HI, in
considerazione dell'esito negativo dell'interpello rivolto, ai sensi dell'art. 481 c.c., al NO, a fine dell'accettazione dell'eredità del NN, e verificata l'inesistenza di altri chiamati nel possesso dei beni ereditari, depositava il ricorso per la nomina di un curatore dell'eredità giacente ex art. 528 c.c., che veniva individuato, in data 9 dicembre 2002, nella persona dell'avv. GI Tabacchi;
- il 3 febbraio 2003, il menzionato curatore si costituiva, previa autorizzazione giudiziale, per eccepire l'avvenuta estinzione del giudizio in dipendenza dell'assunta inosservanza del termine semestrale di riassunzione, oltre che per far proprie le difese di merito già svolte dal NN. Il Tribunale adito, con sentenza in data 10 ottobre 2003, accoglieva l'indicata eccezione e, per l'effetto, dichiarava estinto il giudizio ai sensi dell'art. 305 c.p.c., compensando le spese di lite.
In virtù di appello ritualmente interposto dalla signora HI IR (mediante il quale veniva dedotta l'erroneità della dichiarazione di estinzione pronunciata dal giudice di prima istanza), l'adita Corte di appello di Torino, nella resistenza della suddetta Curatela, con sentenza n. 1076 del 2006 (depositata il 19 giugno 2006), respingeva la proposta impugnazione, confermando la gravata decisione, e condannava l'appellante al pagamento delle spese del grado.
A sostegno dell'adottata sentenza la Corte territoriale rilevava l'infondatezza dell'appello sul presupposto che l'estinzione del giudizio era stata, nella specie, correttamente pronunciata poiché l'originario attore, pur avendo provveduto, in effetti, a depositare, nel rispetto dei sei mesi dalla notizia dell'evento interruttivo, il ricorso per riassunzione, aveva, tuttavia, omesso di notificare, nel termine assegnatogli dal giudice, l'atto di riassunzione ed il decreto di fissazione dell'udienza di prosecuzione al soggetto passivamente legittimato a proseguirlo, senza che a tale adempimento avesse provveduto tempestivamente anche la subentrata erede HI IR.
Avverso la suddetta sentenza di appello (notificata il 21 dicembre 2006) ha proposto ricorso per cassazione (notificato alla controparte il 19 febbraio 2007) la suddetta sig.ra HI IR ved. VA, articolato, complessivamente, su quattro motivi, al quale ha resistito con controricorso l'intimata Curatela dell'eredità giacente di ON NN. I difensori delle parti hanno depositato memorie illustrative.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo la ricorrente ha censurato la sentenza impugnata sotto due distinti profili (riportati come 1 e 1 bis), ovvero per violazione e falsa applicazione degli artt. 303 e 305 c.p.c. (in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) nella parte
in cui dispongono che, ai fini della tempestività della riassunzione, il processo deve essere riassunto entro il termine perentorio di sei mesi dall'interruzione (circostanza in mancanza della quale il processo si estingue), nonché (ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) per omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione sul riportato aspetto, avendo la Corte di appello dichiarato estinto il processo a causa della mancata notifica del ricorso e del decreto di riassunzione entro il termine semestrale. Con riguardo al primo aspetto la difesa della ricorrente ha formulato il seguente quesito ex art. 366 bis c.p.c.: "Voglia la S.C. statuire se, ai fini della tempestività della riassunzione del procedimento interrotto, sia o meno sufficiente il deposito, da parte del soggetto interessato, entro il termine stabilito dal combinato disposto degli artt. 303 e 305 c.p.c. del ricorso finalizzato a ottenerne la prosecuzione". Con riferimento a secondo aspetto la suddetta difesa ha censurato, di conseguenza, la motivazione della sentenza impugnata, individuando, quale momento di sintesi, l'insufficienza della stessa in ordine all'errata interpretazione delle citate norme processuali che aveva condotto la Corte territoriale a confermare la decisione di estinzione del giudizio.
1.1. Con il secondo motivo, anch'esso scomposto in due profili (indicati come 2 e 2 bis), la ricorrente ha, per un verso, denunciato (in virtù dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la violazione e falsa applicazione dei citati artt. 303 e 305 c.p.c. nella parte in cui dispongono che, ai fini della tempestività della riassunzione, il processo possa essere riassunto previo deposito del relativo ricorso presso il competente giudice entro il termine perentorio di sei mesi dall'interruzione, senza necessità che il medesimo procedimento sia anche proseguito entro il citato termine, previa notifica di detto decreto entro il medesimo termine semestrale, e, per altro verso, ha prospettato (ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione
sul punto appena evidenziato, avendo la Corte di appello ritenuto estinto il processo a causa della mancata notifica del ricorso e del decreto di riassunzione entro il termine semestrale. In relazione al primo profilo la difesa della ricorrente ha prospettato il seguente quesito ex art. 366 bis c.p.c.: "Voglia la S.C. statuire se, ai sensi dell'art. 303 e dell'art. 305 c.p.c., la riassunzione del processo possa dirsi ritualmente avvenuta nel caso in cui il ricorso per l'ottenimento del relativo decreto sia stato depositato entro il termine semestrale concesso dalla legge, a prescindere, in concreto, dall'intervenuta esatta notifica del ricorso e del pedissequo decreto ai soggetti legittimati passivi, sussistendo, in siffatti casi, al più, un obbligo di ordinare la rinnovazione della notificazione in capo al giudice, impossibilitato, invece, in assenza della rinnovazione d'ufficio del termine, a dichiarare l'estinzione del processo". Con riferimento al secondo profilo la menzionata difesa ha censurato, di conseguenza, la motivazione della sentenza impugnata, individuando, quale momento di sintesi, l'insufficienza della stessa in ordine all'errata interpretazione delle citate norme processuali anche sotto l'aspetto del mancato ordine di rinnovazione della notifica nella fattispecie, che aveva condotto la Corte territoriale a confermare illegittimamente la pronunzia di primo grado di estinzione del giudizio.
1.2. Con