Cass. civ., SS.UU., sentenza 16/06/2005, n. 12868

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.

Segnala un errore nella sintesi

Massime3

La conoscenza dello statuto del Comune, atto a contenuto normativo di rango paraprimario o subprimario, appartiene, in considerazione anche della forma di pubblicità cui tale fonte è soggetta, alla scienza ufficiale del giudice, il quale è pertanto tenuto - in applicazione del principio "iura novit curia", discendente dall'art. 113 cod. proc. civ. - a disporne l'acquisizione, anche d'ufficio, ed a farne applicazione ai fatti sottoposti al suo esame, pur prescindendo dalle prospettazioni delle parti.

Nel nuovo quadro delle autonomie locali, ai fini della rappresentanza in giudizio del Comune, l'autorizzazione alla lite da parte della giunta comunale non costituisce più, in linea generale, atto necessario ai fini della proposizione o della resistenza all'azione, salva restando la possibilità per lo statuto comunale - competente a stabilire i modi di esercizio della rappresentanza legale dell'ente, anche in giudizio ("ex" art. 6, secondo comma, del testo unico delle leggi sull'ordinamento delle autonomie locali, approvato con il D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267) - di prevedere l'autorizzazione della giunta, ovvero di richiedere una preventiva determinazione del competente dirigente (ovvero, ancora, di postulare l'uno o l'altro intervento in relazione alla natura o all'oggetto della controversia). Ove l'autonomia statutaria si sia così indirizzata, l'autorizzazione giuntale o la determinazione dirigenziale devono essere considerati atti necessari, per espressa scelta statutaria, ai fini della legittimazione processuale dell'organo titolare della rappresentanza.

Nel nuovo sistema istituzionale e costituzionale degli enti locali, lo statuto del Comune - ed anche il regolamento del Comune, ma soltanto se lo statuto contenga un espresso rinvio, in materia, alla normativa regolamentare - può legittimamente affidare la rappresentanza a stare in giudizio ai dirigenti, nell'ambito dei rispettivi settori di competenza, quale espressione del potere gestionale loro proprio, ovvero ad esponenti apicali della struttura burocratico - amministrativa del Comune, fermo restando che, ove una specifica previsione statutaria (o, alle condizioni di cui sopra, regolamentare) non sussista, il sindaco conserva l'esclusiva titolarità del potere di rappresentanza processuale del Comune, ai sensi dell'art. 50 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, approvato con il D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. In particolare, qualora lo statuto (o, nei limiti già indicati, il regolamento) affidi la rappresentanza a stare in giudizio in ordine all'intero contenzioso al dirigente dell'ufficio legale, questi, quando ne abbia i requisiti, può costituirsi senza bisogno di procura, ovvero attribuire l'incarico ad un professionista legale interno o del libero foro (salve le ipotesi, legalmente tipizzate, nelle quali l'ente locale può stare in giudizio senza il ministero di un legale), e, ove abilitato alla difesa presso le magistrature superiori, può anche svolgere personalmente attività difensiva nel giudizio di cassazione.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 16/06/2005, n. 12868
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 12868
Data del deposito : 16 giugno 2005
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CARBONE Vincenzo - Presidente aggiunto -
Dott. CORONA Rafaele - Presidente di sezione -
Dott. DUVA Vittorio - Presidente di sezione -
Dott. PAPA Enrico - Consigliere -
Dott. PREDEN Roberto - Consigliere -
Dott. VARRONE Michele - Consigliere -
Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella - rel. Consigliere -
Dott. GRAZIADEI Giulio - Consigliere -
Dott. CICALA Mario - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COMUNE DI ROMA, in persona del Sindaco pro-tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEL TEMPIO DI GIOVE 21, presso l'Avvocatura Comunale, rappresentato e difeso dagli avvocati SCOTTO Gabriele, LUIGI ONOFRI, giusta delega a margine del ricorso;

- ricorreste -
contro
EO IL, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIOVANNI BETTOLO 17, presso lo studio dell'avvocato QUINTARELLI Alfonso, che la rappresenta e difende, giusta delega a margine del controricorso;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 589/00 della Commissione tributaria Regionale di ROMA, depositata il 05/03/01;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 05/05/05 dal Consigliere Dott. Maria Gabriella LUCCIOLI;

udito l'Avvocato Luigi ONOFRI;

udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott. IANNELLI Domenico che ha concluso per l'ammissibilità del ricorso, rinvio a sezione semplice.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
IL FR ricorreva alla Commissione tributaria provinciale di Roma deducendo la nullità della cartella esattoriale del 10 marzo 1997, con la quale le era stato ordinato il pagamento della somma di L.

1.673.000 per tassa di smaltimento di rifiuti solidi urbani e tributo provinciale per T anno 1997, per errata identificazione del soggetto obbligato, per illegittimità manifesta e violazione del principio di capacità contributiva, per essere stata effettuata la notifica della cartella stessa oltre un mese dalla consegna del ruolo. Con sentenza del 19 aprile 1999 la Commissione tributaria provinciale accoglieva parzialmente il ricorso. Proposto appello dal Comune ed appello incidentale dalla FR, con sentenza del 18 dicembre 2000 - 5 marzo 2001 la Commissione tributaria regionale rigettava l'impugnazione principale ed accoglieva quella incidentale. Osservava in motivazione la Commissione che, avendo la contribuente avviato nel 1994 un nuovo procedimento di accertamento rispetto a quello iniziale attivato con la denuncia ed essendo l'Ufficio pervenuto a conclusioni diverse da quelle ipotizzate nella seconda denuncia, avrebbe dovuto essere adottato un avviso di accertamento.
Il Comune di Roma proponeva ricorso per Cassazione avverso tale sentenza deducendo tre motivi illustrati con memoria. La FR resisteva con controricorso.
Con ordinanza depositata il 10 settembre 2004 la sezione tributaria di questa Corte, rilevato che il Comune di Roma si era costituito in giudizio in persona del sindaco sulla base di una determinazione del dirigente responsabile dell'Unità organizzativa tributi, sollecitava l'intervento delle Sezioni Unite ai fini della soluzione del contrasto giurisprudenziale esistente in ordine alla persistenza della necessità, nel nuovo ordinamento degli enti locali, della autorizzazione al sindaco a stare in giudizio in nome e per conto del Comune e, nel caso di soluzione positiva di detto quesito, in ordine alla possibilità che lo statuto comunale disciplini la materia delle autorizzazioni alle liti attribuendo la relativa determinazione a dirigenti dell'amministrazione, nonché in ordine alla operatività in relazione allo statuto del principio generale del iuranovit curia. Il ricorso era quindi affidato a queste Sezioni Unite ai sensi dell'art. 374 comma 2 c.p.c., sia ai fini della composizione del denunciato contrasto, sia in ragione della particolare importanza delle questioni che lo stesso ricorso solleva. Il Comune di Roma infine depositava ulteriore memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Come risulta dalla esposizione che precede, le questioni che queste Sezioni Unite sono chiamate a risolvere attengono alla necessità, anche nel sistema delle autonomie locali disciplinato dal testo unico di cui al decr. legisl. n. 267 del 2000, della autorizzazione della giunta comunale al sindaco a promuovere o a resistere alle liti e, nell'ipotesi a affermativa, alla possibilità che lo statuto detti una disciplina derogatoria, eventualmente investendo del potere deliberativo un dirigente dell'amministrazione comunale, nonché alla applicabilità del principio della scienza ufficiale del giudice in relazione allo statuto.
Ritengono le Sezioni Unite che la soluzione delle questioni in esame postuli una rilettura complessiva dell'ordinamento degli enti locali, attraverso una ricostruzione storico - sistematica degli interventi normativi succedutisi nel tempo, che hanno profondamente inciso sulla fisionomia, sull'autonomia e sull'organizzazione di detti enti, ed un approccio alla problematica che muova dall'analisi del connesso problema della rappresentanza processuale. Come è noto, su quest' ultimo problema la giurisprudenza di questa Suprema Corte, anche a sezioni unite, è pervenuta a conclusioni non univoche. Secondo l'orientamento decisamente prevalente la rappresentanza in giudizio del Comune deve considerarsi riservata, in base all'art. 50 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali di cui al decr. legisl. n. 267 del 2000, così come in base al precedente art. 36 della legge n. 142 del 1990, esclusivamente al sindaco e non può essere esercitata dal diligente titolare della direzione di un ufficio o di un servizio neppure se ciò sia previsto dallo statuto:
conseguentemente, ove lo statuto o il regolamento contengano una previsione siffatta, essi devono essere disapplicati dal giudice ordinario, in ragione della loro illegittimità per violazione di legge (così, tra le altre, Cass. 2003 n. 1949;
2003 n. 2583;
2003 n. 2878;
2003 n. 3736;
2003 n. 17360;
2003 n. 19082;
2004 n. 10787;
2004 n 15634;
2004 n. 18087
). Tali decisioni si fondano, pur nella non completa identità del relativo percorso argomentativo, su una serie di convergenti considerazioni: in primo luogo si rileva che il preciso disposto dell'art. 50 del testo unico di cui al decr. legisl. n. 267 del 2000, il quale riserva al sindaco il potere - dovere di rappresentare il Comune in giudizio, non può subire deroga attraverso il conferimento del potere rappresentativo ad altri soggetti ad opera dell'autonomia normativa comunale. Si osserva inoltre che i poteri di direzione degli uffici e dei servizi attribuiti ai dirigenti dall'art. 107 dello stesso testo unico, includenti quello di adottare atti e provvedimenti amministrativi che impegnano l'amministrazione verso l'esterno e quello di stipulare contratti, non ricomprendono il potere di rappresentanza processuale dell'ente, che non costituisce oggetto di menzione nella analitica elencazione contenuta in detta disposizione. Si rileva ancora che l'art. 6 comma 2 del testo unico consente al Comune di disciplinare con lo statuto il regime delle autorizzazioni a promuovere o a resistere alle liti, in quanto attinente ai modi con i quali la rappresentanza va esercitata, ma non anche di individuare i soggetti che possono rappresentare F ente in giudizio: si richiama a giustificazione di una limitazione siffatta della potestà statutaria il principio della gerarchia delle fonti, il quale non consente che lo statuto possa sottrarre quel potere all'organo cui il legislatore, avvalendosi delle sue prerogative, ha inteso in via esclusiva affidarlo.
Secondo un diverso e minoritario orientamento lo statuto comunale può legittimamente prevedere che i poteri di rappresentanza processuale spettino ad un dirigente comunale in luogo del sindaco:
in tal senso si è espressa Cass. 2002 n. 4845, che ha affermato che la legittimazione a promuovere giudizi in rappresentanza dell'ente, che compete in via primaria al sindaco, può appartenere al segretario generale, nella sua qualità di dirigente di ufficio dirigenziale generale, solo in quanto derivi da una norma dello statuto o del regolamento comunale o sia stata attribuita dallo stesso sindaco, ed ha precisato che la norma di cui all'art. 16 del decr. legisl. 3 febbraio 1993 n. 29, sostituito prima dall'art. 9 del decr. legisl. n. 546 del 1993, poi dall'art. 11 del decr. legisl. n. 80 del 1998, quindi modificato dall'art. 4 del decr. legisl. n. 387 del 1998, infine dall'art. 16 del decr. legisl. n. 165 del 2001, che
attribuisce ai dirigenti di uffici dirigenziali generali il potere di promuovere e resistere alle liti e di conciliare e di transigere, non trova diretta applicazione nei confronti dei dirigenti del Comune, in mancanza di adeguamento del suo statuto o regolamento a tale regola, ai sensi dell'art. 27 dello stesso decr. legisl. n. 165 del 2001. Altre recenti decisioni tendono a temperare la rigidità dell'orientamento per primo richiamato, in quanto, pur ribadendo la spettanza unicamente al sindaco del potere di rappresentanza processuale del Comune, ammettono che tale potere possa essere dal sindaco delegato al dirigente responsabile di un ufficio comunale, con riguardo ai rapporti di competenza di tale ufficio (così S.U. 2004 n. 5174 e 5463;
2004 n. 22197
). Ritengono le Sezioni Unite che T indirizzo giurisprudenziale seguito dalla giurisprudenza prevalente debba essere sottoposto a revisione, in quanto gli argomenti che lo sorreggono, fondati sulla assunzione del dato testuale fornito dall'art. 50 del decr. legisl. n. 267 del 2000 V come principio cardine del sistema, tale da influenzare
l'intero impianto normativo, riflettono una visione dell'ordinamento degli enti locali superata dai più recenti interventi riformatori, anche a livello costituzionale. Ed è appunto nella rilettura complessiva del sistema istituzionale degli enti locali e della loro autonomia statutaria che la soluzione del problema in esame deve essere rinvenuta. Come è noto, il processo di riforma avviato con la legge n.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi