Cass. civ., SS.UU., sentenza 23/09/2013, n. 21670

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La nullità della testimonianza resa da persona incapace, ai sensi dell'art. 246 cod. proc. civ., essendo posta a tutela dell'interesse delle parti, è configurabile come nullità relativa e, in quanto tale, deve essere eccepita subito dopo l'assunzione della prova, rimanendo altrimenti sanata ai sensi dell'art. 157, secondo comma, cod. proc. civ.; qualora detta eccezione venga respinta, l'interessato ha l'onere di riproporla in sede di precisazione delle conclusioni e nei successivi atti di impugnazione, dovendosi altrimenti ritenere rinunciata, con conseguente sanatoria della nullità per acquiescenza, rilevabile d'ufficio dal giudice in ogni stato e grado del processo.

Il ricorso per cassazione proposto dai genitori quali esercenti la potestà sul figlio, quando lo stesso sia già divenuto maggiorenne, impone l'integrazione del contraddittorio nei confronti di quest'ultimo, in quanto litisconsorte necessario, essendo già stato parte del giudizio nei precedenti gradi di merito in relazione ai riflessi patrimoniali e non patrimoniali della domanda a lui riferibili, sia pure per effetto della rappresentanza legale dei medesimi genitori, e risultando l'impugnazione così proposta inidonea a determinare la presenza del figlio nella fase di legittimità. Tuttavia, allorché la parte ormai maggiorenne sia comunque intervenuta nel giudizio davanti alla Corte, aderendo alle censure proposte dai genitori nel ricorso, senza però notificare alle altri parti tale atto d'intervento, la fissazione del termine ex art. 331 cod. proc. civ., in forza del principio della ragionevole durata del processo, può ritenersi anche superflua ove il gravame appaia "prima facie" infondato, e l'integrazione del contraddittorio si riveli, perciò, attività del tutto ininfluente sull'esito del procedimento.

Il ricorso per cassazione proposto dai genitori quali esercenti la potestà sul figlio, quando lo stesso sia già divenuto maggiorenne, con riguardo a giudizio per i danni da questo subiti in un infortunio scolastico, rimanendo inammissibile in relazione a tale qualità, può tuttavia ritenersi proposto dai genitori anche in proprio, ove quella specificazione risulti frutto di errore materiale, desumibile, nella specie, dalla partecipazione in proprio dei medesimi genitori ai precedenti gradi del processo, nonché dal contenuto sostanziale della pretesa risarcitoria azionata, senza che possa intendersi come rinuncia alla domanda in proprio sin dall'inizio formulata nemmeno la circostanza che la procura speciale per la fase di legittimità sia stata conferita nella sola medesima qualità di genitori.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 23/09/2013, n. 21670
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 21670
Data del deposito : 23 settembre 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. P R - Primo Presidente f.f. -
Dott. T F - Presidente di sez. -
Dott. R R - Presidente di sez. -
Dott. M M - Consigliere -
Dott. F F - Consigliere -
Dott. A G - Consigliere -
Dott. M V - Consigliere -
Dott. C M M - Consigliere -
Dott. P S - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
D.D.A. ((omesso) ) e C.A. ((omesso)
), rappresentati e difesi, per procura speciale a margine del ricorso, dall'Avvocato M F, presso lo studio del quale in Roma, Via Augusto Aubry n. 1, sono elettivamente domiciliati;



- ricorrenti -


contro
MINISTERO DELL'ISTRUZIONE, DELL'UNIVERSITÀ E DELLA RICERCA ((omesso) ), in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, è domiciliato per legge;



- controricorrente -


D.D.D. ((omesso) ), rappresentata e difesa, per
procura speciale a margine dell'atto di intervento, dall'Avvocato F M, presso lo studio del quale in Roma, via Augusto Aubry n. 1, è elettivamente domiciliata;

- interveniente -
e
UNIPOL S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore;

- intimata -
per la cassazione della sentenza della Corte d'appello di Salerno n. 158 del 2010, depositata il 15 febbraio 2010. Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 29 gennaio 2013 dal Consigliere relatore Dott. Stefano Petitti;

sentito il P.M., in persona dell'Avvocato Generale Dott.

CENICCOLA

Raffaele, che ha concluso chiedendo che venga disposta la rinotificazione del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


1. Con sentenza del 20 dicembre 2007, il Tribunale di Sala Consilina condannava il Ministero della pubblica istruzione al pagamento della somma di Euro 4.978,95 a titolo di risarcimento danni in favore di D.D.A. e C.A. , quali genitori della minore
D.D.D. infortunatasi il giorno (omesso) mentre
seguiva le lezioni presso la scuola elementare di (omesso) .
Proponeva appello il Ministero della Pubblica Istruzione, censurando la sentenza nella parte in cui non era stata accolta l'eccezione di incompetenza territoriale ex art. 25 cod. proc. civ., e, nel merito, dolendosi del fatto che non fosse stata esclusa la propria responsabilità pur in presenza di caso fortuito.
Radicatosi il contraddittorio, si costituivano gli appellati, in proprio e nella qualità di genitori della minore D.D.D. , contestando il gravame.
Non si costituiva la assicuratrice Unipol, chiamata in causa in garanzia dal Ministero.


2. L'adita Corte d'appello di Salerno, con sentenza depositata il 15 febbraio 2010, rigettava l'eccezione di incompetenza territoriale, in quanto irritualmente proposta, essendo stata formulata soltanto con riferimento all'art. 25 cod. proc. civ.. Accoglieva invece il secondo motivo di appello, rilevando che nel caso di specie dalla dinamica del sinistro, quale risultante dalla espletata prova testimoniale, emergeva in maniera inequivocabile la assoluta accidentalità dell'infortunio verificatosi per una caduta della minore, senza alcun concorso esterno alla presenza della insegnante, che nulla avrebbe potuto fare per evitarlo.


3. Avverso questa sentenza A..d.D. e C.A. , "quali
genitori esercenti la potestà sulla figlia minore D.D.D. ", proponevano ricorso per cassazione sulla base di due motivi. Con il primo motivo, i ricorrenti deducevano "violazione dell'art.360 c.p.c., n. 5), in relazione all'art. 1218 cod. civ. e art. 246 cod. proc. civ. (contraddittorietà della motivazione circa un punto
decisivo della controversia)", censurando la sentenza impugnata nella parte in cui aveva ritenuto che la P.A. avesse fornito la prova della accidentalità della caduta della minore in orario scolastico, in proposito utilizzando le dichiarazioni rese dalla insegnante e le ammissioni dei genitori. In proposito, i ricorrenti sostenevano che erroneamente la Corte d'appello aveva attribuito efficacia alle dichiarazioni della insegnate, atteso che senz'altro la domanda proposta era una domanda di risarcimento del danno da inadempimento contrattuale, rispetto alla quale le dichiarazioni della insegnante erano irrilevanti;
peraltro, essendo stata impegnata la responsabilità specifica della insegnante sotto il profilo della violazione della regola della omessa custodia della minore, alla medesima andava attribuita la responsabilità del denunciato inadempimento, con conseguente sua incapacità a testimoniare ai sensi dell'art. 246 cod. proc. civ.. Con il secondo motivo, i ricorrenti deducevano il vizio di omessa, insufficiente ed illogica motivazione su di un punto decisivo della controversia, sostenendo che in considerazione del fatto che il Tribunale aveva apprezzato le medesime risultanze istruttorie nel senso della sussistenza della responsabilità dell'amministrazione, la Corte d'appello avrebbe dovuto illustrare in modo puntuale le ragioni che la avevano indotta a ritenere assolto l'onere della prova in ordine alla riferibilità dell'evento a caso fortuito.

3.1. Il Ministero dell'istruzione, università e ricerca scientifica resistiva con controricorso, mentre la Unipol non svolgeva attività difensiva.


4. Il ricorso veniva avviato alla trattazione in camera di consiglio, avendo il consigliere delegato ravvisato la manifesta inammissibilità dello stesso, perché proposto dai ricorrenti nella qualità di asseriti rappresentanti legali della figlia, divenuta però ormai maggiorenne, essendo nata, come si legge
nell'intestazione del ricorso, il (omesso) .
Nella relazione si ipotizzava una violazione dell'art. 81 cod. proc. civ., in quanto i ricorrenti avrebbero esercitato sostanzialmente un
diritto altrui senza più esservi legittimati dalla cessata potestà parentale, dovendo ormai proporre il ricorso in proprio la figlia D..d.D. . Per di più, sia nella intestazione del ricorso, sia nelle conclusioni si deduceva espressamente da parte dei ricorrenti di avere esercitato il diritto di impugnazione quali esercenti la potestà sulla figlia, senza, quindi, far valere la posizione che avevano azionato in proprio nei gradi di merito, evidentemente per il danno patrimoniale.


4.1. In prossimità della adunanza camerale, con memoria recante procura in calce, interveniva in giudizio D..D.D. , la quale dichiarava di ratificare il ricorso dei suoi genitori, ai sensi dell'art. 182 cod. proc. civ., all'uopo invocando: Cass. n. 23291 del 2004, Cass. n. 19881 del 2011 e Cass. n. 24450 del 2011, nonché Cass. n. 5135 del 2004, Cass. n. 4468 del 2003, Cass. n. 12494 del 2001, Cass. n. 15031 del 2000, Cass. n. 272 del 1998, Cass. n. 882 del 1995 e Cass. n. 2129 del 1968.

4.2. Con ordinanza interlocutoria n. 5599 del 2012, la Terza Sezione di questa Corte ha escluso che la situazione individuata fosse riconducibile all'art. 81 cod. proc. civ., ravvisando, piuttosto, un'ipotesi di possibile inammissibilità del ricorso in quanto proposto da soggetti (parti in senso formale) privi del potere di rappresentare in giudizio la parte in senso sostanziale, ovvero da soggetti privi di legittimazione all'esercizio del diritto di impugnazione, ponendosi, tuttavia, l'interrogativo se tale situazione fosse irrimediabile o potesse, al contrario, esserlo e, se del caso, in che modo.
Con la citata ordinanza interlocutoria, la Terza Sezione, dopo articolata illustrazione delle problematiche poste dalla proposizione del ricorso da parte dei genitori nella qualità di esercenti la potestà su di una figlia ormai divenuta maggiorenne e dopo avere dato conto delle possibili soluzioni e degli interrogativi dalle stesse posti, ha conclusivamente ritenuto opportuno rimettere gli atti al Primo Presidente per la eventuale assegnazione del ricorso a queste Sezioni Unite, formulando i seguenti interrogativi:
a) nell'ipotesi in cui il ricorso per cassazione sia proposto dai genitori che avevano rappresentato nelle fasi di merito la parte ormai divenuta maggiorenne, la situazione deve ritenersi disciplinata, nel caso di mancata costituzione della controparte, dai primi tre commi dell'art. 164 cod. proc. civ., in quanto assimilabile a quella della nullità per omessa od assolutamente incerta indicazione della parte, sicché la Corte deve ordinare il rinnovo del ricorso da parte del maggiorenne personalmente se l'intimato non si sia costituito?
b) sempre nel caso sub a), qualora l'intimato si sia costituito, la nullità del ricorso resta sanata e, tuttavia, si configura (che l'intimato resistente eccepisca, o meno, che stanno in giudizio genitori privi di potere rappresentativo) un'ipotesi di nullità della costituzione, cui deve rimediarsi dalla S.C. con l'applicazione dell'art. 182 cod. proc. civ., comma 2?
c) qualora nell'ipotesi sub b) il soggetto maggiorenne si costituisca nel giudizio di cassazione spontaneamente mediante atto notificato alla controparte, la nullità rilevante ai sensi dell'art. 182 cod. proc. civ., deve intendersi sanata?
d) se la costituzione avvenga mediante atto non notificato alla controparte ed essa non compaia all'adunanza in camera in consiglio della Corte o all'udienza pubblica, è necessario ordinare la notificazione dell'atto oppure provvedere ai sensi dell'art. 182 cod. proc. civ., comma 2,?
Con l'ulteriore precisazione che questi quesiti sollecitano risposte al più generale problema della compatibilità con la struttura del giudizio di cassazione dell'art. 164 cod. proc. civ. e, gradatamente, dell'art. 182 cod. proc. civ.. Invero, essendo gli atti introduttivi del giudizio di cassazione presidiati, sia sul piano dei termini, sia su quello dei requisiti, da sanzioni di inammissibilità, si sarebbe al di fuori dalla disciplina dell'art. 162 cod. proc. civ., relativa alle nullità e, dunque, apparentemente anche dalla possibilità di una rinnovazione: da ciò il dubbio che tanto l'art. 164 quanto l'art. 182 cod. proc. civ., siano in radice non compatibili con il giudizio di cassazione, ed invece applicabili soltanto nei gradi di giudizio di merito, seppure previsti nel libro primo del codice di rito.

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