Cass. civ., sez. V trib., ordinanza 20/07/2018, n. 19393
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la seguente ORDINANZA sul ricorso iscritto al n. 21794/11 R.G. proposto da: AGENZIA DELLE ENTRATE, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;- ricorrente -contro L RTO e P ANIO, rappresentati e difesi dall'avv. G Z, dall'avv. G R C e dall'avv. G P, presso il cui studio in Roma, via della Scrofa, n. 57, sono elettivamente domiciliati;- controricorrenti - avverso la sentenza della Commissione Tributaria regionale del Lazio n. 137/22/10 depositata in data 16 giugno 2010 Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 31.5.2018 dal Consigliere dott.ssa P A P C;lette le conclusioni del Procuratore generale, dott. P F, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso \a\ RITENUTO IN FATTO Nell'anno 1997 la società finlandese Nokia deliberava un piano di stock options attraverso il quale attribuiva ad alcuni dipendenti della società Nokia Italia s.p.a. un certo numero di diritti di opzione su proprie azioni, non cedibili a terzi fino al 1° novembre 2001. L R e P A, beneficiari della attribuzione, nel corso dell'anno 2001 cedevano 1.000 diritti di opzione ciascuno;con separate istanze, nel febbraio 2004 chiedevano il rimborso delle ritenute Irpef operate dalla Nokia Italia s.p.a. sui valori loro attribuiti a seguito della cessione dei diritti di opzione, ritenendo non applicabile il regime fiscale introdotto dall'art. 13, comma 2, del d.lgs. n. 505/1999, avente decorrenza dal 1/1/2000, bensì il regime più favorevole di cui all'art. 48, comma 3, del t.u.i.r., ratione temporis vigente. Avverso il silenzio rifiuto formatosi sulle istanze di rimborso proponevano ricorso i contribuenti dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Roma, la quale, previa riunione dei ricorsi, li accoglieva, ritenendo applicabile al caso di specie il regime antecedente alle modifiche di cui all'art. 3 del d.lgs. n. 314/97. Proposto appello dall'Ufficio, la Commissione tributaria regionale lo respingeva, ritenendo che, ai sensi della norma transitoria di cui all'art. 13, comma 2, d.lgs. n. 505/99, la nuova disposizione in materia di tassazione del valore dei titoli contenuta nell'art. 48, comma 2, lett. g-bis) del t.u.i.r. non dovesse trovare applicazione alle assegnazioni di diritto di opzione avvenute, come quella oggetto di causa, nel 1997/1998, con la conseguenza che il regime applicabile era quello individuato dall'art. 3, comma 2, lett. g) del d.lgs. n. 314/97. L'Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, con un unico motivo, cui resistono L R e P A mediante controricorso. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Con l'unico motivo di ricorso - deducendo violazione e falsa applicazione dell'art. 48, comma 2, lett. g -bis) del t.u.i.r., come modificato dall'art. 13 del d.lgs. n. 505/99 - l'Agenzia delle Entrate, premettendo che i giudici di secondo grado hanno erroneamente ritenuto che la cessione dei 2 su\ diritti di opzione posta in essere dai contribuenti nel 2001 non possa essere assoggettata alla disciplina prevista dal d.lgs. n. 505/99 in quanto l'assegnazione dei diritti di opzione è avvenuta nel 1997/1998, ha evidenziato che ai fini della individuazione della disciplina applicabile occorre distinguere tra il momento in cui si verifica l'assegnazione del diritto di opzione e quello in cui si esercita lo stesso diritto di opzione. Nell'evidenziare che le azioni oggetto di opzione da parte del dipendente entrano a far parte del suo patrimonio solo al momento in cui viene esercitata l'opzione o si dispone di esse mediante cessione, ha posto in rilievo che la disciplina applicabile non può che essere quella vigente al momento dell'esercizio dell'opzione, conclusione confortata dal tenore del 2° comma dell'art. 13 del d.lgs. n. 505/99, ai sensi del quale la nuova disciplina risulta applicabile a decorrere dal 1° gennaio 2000, restando escluse dalla stessa solo le assegnazioni di titoli effettuate anteriormente a tale data e le assegnazioni derivanti dall'esercizio di opzioni attribuite tra il 1/1/1998 ed il 1/1/2000. 1.1. Il motivo è fondato. Va in primo luogo ricordato che con l'espressione "stock options" si intende far riferimento all'offerta generalizzata ai dipendenti di una società quotata in borsa di diritti di opzione ad acquistare o a sottoscrivere in una certa data futura e ad un prezzo predeterminato le azioni della società, e ciò al fine di incentivare i dipendenti ad aumentare la produttività. Come statuito da questa Corte nella sentenza n. 11214 del 8/6/2011, a cui questo Collegio intende dare continuità, "in tema di Irpef, la disposizione contenuta nella lettera g-bis) del comma 2 dell'art. 48 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, aggiunta dall'art. 13, comma 1, lett. b) del d.lgs. 23 dicembre 1999, n. 505, relativa ai criteri di tassazione delle cd. "stock options", si applica, secondo il comma 2 dell'art. 13 citato, a decorrere dal 1° gennaio 2000 e, quindi, alle assegnazioni dei titoli avvenute dopo tale data, indipendentemente dal momento in cui sia stata offerta l'opzione".Va, al riguardo, rilevato che l'art. 48, nel testo originario, disciplinava la determinazione del reddito da lavoro dipendente, ricomprendendovi tutte le somme ed i valori in genere percepiti anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro, prevedendo specifiche esclusioni che non facevano alcun riferimento ai piani di incentivazione azionaria. Con il d.lgs. 314/1997, si è invece inserito tra i casi di esclusione dal computo del reddito da lavoro dipendente il valore delle azioni offerte alla generalità dei dipendenti, in caso di sottoscrizione di azioni ai sensi degli artt. 2349 e 2441, ultimo comma, cod. civ. Con il successivo d.lgs. 505/1999 è stato disciplinato anche il diritto di opzione, con riferimento al momento della sua attribuzione ed a quello successivo del suo esercizio, e, introducendo nel citato art. 48 la lettera g- bis, è stata prevista l'esclusione dal reddito da lavoro dipendente della differenza di valore delle azioni attribuite al dipendente, avuto riguardo ai due diversi momenti di attribuzione e di esercizio dell'opzione, a condizione che questi abbia pagato le azioni al valore corrente alla data dell'offerta. Attraverso la nuova disposizione, il legislatore ha, dunque, voluto affermare in via di principio la tassabilità secondo il regime ordinario previsto per i redditi da lavoro dipendente del valore conseguito dal lavoratore con l'esercizio del diritto di opzione attribuitogli dalla società presso la quale egli lavora, salvo, in via di deroga, l'esclusione dal reddito imponibile qualora si realizzi la condizione prevista dal citato art. 13, comma 1, la cui finalità è quella di escludere che il piano di azionariato venga utilizzato per corrispondere al dipendente compensi non soggetti a tassazione attraverso l'offerta di titoli ad un prezzo inferiore al loro valore di mercato. Con la conseguenza che il maggior valore dell'azione attribuita al dipendente con il meccanismo della "stock option", se ricollegabile esclusivamente al miglior andamento economico della società, viene ritenuto esente ai fini della determinazione del reddito da lavoro dipendente, mentre se è frutto di ulteriori vantaggi economici attribuiti dalla società al lavoratore al momento dell'operazione di azionariato, viene ritenuto tassabile come reddito da lavoro dipendente.Nella sentenza n. 11214/2011 si è precisato che "le assegnazioni di titoli" considerate dal legislatore sono quelle indicate nella lettera g-bis), sicchè il momento temporale va identificato in quello in cui la società datrice di lavoro, onorando l'offerta di acquisto fatta in precedenza, assegna, trasferendo la titolarità degli stessi, i titoli azionari offerti al dipendente, realizzando in tal modo il presupposto impositivo (Cass. n. 12425 del 2011). Nel caso di specie il presupposto impositivo si è realizzato nel 2001, e quindi sotto il regime del d.lgs. n. 505/99, e non ricorre alcuna delle due ipotesi di esclusione dell'applicazione della nuova disciplina (che, configurando eccezioni, non possono che essere di stretta interpretazione), atteso che i diritti di opzione sono stati ceduti dai contribuenti nel 2001 a seguito di attribuzione intervenuta nel 1997;ne consegue la piena legittimità della tassazione operata sul valore dei diritti di opzione assegnati ed oggetto di cessione e la infondatezza delle istanze di rimborso proposte dai contribuenti. La Commissione tributaria regionale, escludendo la applicazione del nuovo regime introdotto con il d.lgs. n. 505/99, è, dunque, incorsa nella denunciata violazione di legge e, pertanto, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata;la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell'art. 384, secondo comma, cod proc. civ., non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, con il rigetto del ricorso introduttivo dei contribuenti. Le spese relative ai gradi del giudizio di merito vanno interamente compensate tra le parti, avuto riguardo allo svolgimento del processo, mentre le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
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