Cass. civ., sez. I, ordinanza 20/03/2023, n. 07932
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Segnala un errore nella sintesiSul provvedimento
Testo completo
. ha pronunciato la seguente ORDINANZA sulricorso n . 3 5862 /20 18 r.g. propost o da: BANCO BPM S.P.A. (quale successore, a titolo universale, di Banco Popolare Società Cooperativa), con sede in Milano, alla Piazza Meda n. 4, in persona della procuratrice speciale dott.ssa L P, rappresentata e difes a , giusta procura speciale allegata in calce al ricorso , da ll’ Avv ocato N S, unitamente al quale elettivamente domicilia in Roma, alla via di Santa Costanza n. 13, presso lo studio dell’Avvocato S C. - r icorrent e -
contro
DE MARTINI ROBERTO, VOLPE STEFANO, VOLPE PAOLA, quali eredi di L D M, tutti rappresentati e difes i , giusta procura speciale apposta a margine del controricorso, dall’Avvocato V P, unitamente a l quali elettivamente domiciliano in Rapallo (GE), al Corso Mameli n. 98/4, presso lo studio dell’Avvocato M M. - controricorrent i - avverso la sentenza, n. cron. 784/2018,della CORTE DI APPELLO di GENOVA, pubblicatail giorno 11/05/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 01/03/2023dal Consigliere dott. E C.
FATTI DI CAUSA
1.L D M citò il Banco Popolare Soc. Coop. (oggi Banco BPM s.p.a.) innanzi al Tribunale di Chiavari chiedendo accertarsene la responsabilità contrattuale, in relazione ai descritti investimenti in titoli obbligazionari (Argentina, Cirioe Finmek ), per essere venuto meno ai suoi obblighi di diligenza nell’adempimento, con particolare riferimento ai criteri di cui agli artt. 1175 e 1776 cod. civ., e per aver violato gli obblighi informativi dettati dall’art. 21 del d.lgs. n. 58 del 1998 (T.U.F.). Ne domandò, inoltre, la condanna al risarcimento dei danni subiti in conseguenza del suddetto inadempimento, quantificati in € 58.200,55, o nella diversa somma che fosse emersa in corso di causa, oltre interessi e rivalutazione.
1.2. Costituitosi l’istituto di credito convenuto, che eccepì la prescrizione delle avverse pretese e ne contestò pure il fondamento in ragione dell’affermata correttezza del proprio operato, l’adito tribunale, con sentenza del 21 maggio 2013, n. 339, dichiarò «improcedibili, per intervenuta prescrizione», le domande attrici relative all’acquisto di obbligazioni Argentina e Cirio e rigettò quelle afferenti l’acquistidi obbligazioni Finmek.
2. Il gravame promosso dalla De Martini contro questa decisione fu parzialmente accolto dalla Corte di appello di Genova che, con sentenza dell’11 maggio 2018, n. 784, pronunciata nel contraddittorio con il Banco Popolare Soc. Coop., dichiarò tenuta e condannò quest’ultima «al risarcimento dei danni nei confronti della parte appellante nella misura di: a) € 25.610,24, per i titoliCirio H. Eur 6,25 %, valore nominale € 26.000,00, acquistati in data 09.01.2001;
b) € 11.200,00, per i titoli
FINMEK
7%, valore nominale € 16.000, acquistati in data 06.12.2001. Oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali sulla somma via via rivalutata dalla data del rispettivi acquisti fino alla data odierna;
sulla somma così ottenuta, solo interessi legali fino al saldo».
2.1. Per quanto qui ancora di interesse, quella corte:i) ritenne gravante sull’intermediario l’onere di provare di aver fornito all’investitore adeguata e specifica informazione sulle caratteristiche del prodotto finanziario proposto per l’acquisto, altresì precisando che lo stesso non potesse consistere nella mera assenza di negligenza, ma dovesse concretizzarsi nella prova positiva della diligenza;
ii) considerò non assolto tale onere, attesoche, «nel caso in esame, nella scheda dell’acquisto, del 9.2.2001, per i titoli Cirio, e del 6.12.2001, per l’obbligazione Finmek, non risultano indicate alcune informazioni sull’adeguatezza dell’operazione al profilo dell’acquirente;
la banca non ha provato altrimenti di aver assolto agli oneri di informazione, in quanto i capitoli di prova dedotti nella seconda memoriaex art. 183, nr. 2, c.p.c. -ed in particolare quello sub 6 - non sono stati ammessi nel processo di primo grado per la loro genericità. Tale giudizio deve essere confermato in quanto in nessuno dei capitoli di prova dedotti sono esattamente specificati la quotazione del titolo al momento della vendita ed il rating dello stesso, uniche informazioni idonee alla effettiva valutazione dell’operazione finanziaria»;
iii) richiamò l’orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui la mancata prestazione dell’informazione che risulta dovuta dall’intermediario ingenera una presunzione di riconducibilità ad essa dell’operazione, posto cheun siffatto suo comportamento si manifesta, in sé stesso, come fattore di “disorientamento” del risparmiatore, ovvero di uno scorretto suo orientamento verso le scelte di investimento.
3. Per la cassazione della descritta sentenza ha proposto ricorso il Banco BPM s.p.a. (successore a titolo universale del Banco Popolare Soc. Coop. giusta l’indicato atto di fusione), affidandosi a tre motivi. Hanno resistito, con controricorso, R D, S V e P V, eredi di L D M medio tempore deceduta. Entrambe le parti costituite hanno depositato memoria exart. 380-bis.1 cod. proc. civ..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.I formulati motivi di ricorsi denunciano, rispettivamente:I) «Ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.: violazione e falsa applicazione dell’art. 21 del d.lgs. 24.2.1998, n. 58 (T.U.F.), nonché dell’art. 28 del Regolamento di attuazione T.U.F., concernente la disciplina degli intermediari, adottato dalla Consob con delibera 11522 dell’1 luglio 1998». Si assume che «nessuna norma di legge o regolamentare pone in capo agli intermediari finanziari quell’obbligo di rendere “informazioni sull’adeguatezza dell’operazione al profilo dell’acquirente” che, secondo la Corte di appello di Genova, concorrerebbe a qualificare come inadempiente la condotta della banca. Pertanto, la Corte territoriale, nel valutare l’adempimento da parte della bancaagli obblighi informativi a suo carico, ha erroneamente applicato i principi sanciti dall’art. 21 T.U.F. e dall’art. 28 del relativo regolamento Consob, ravvisando in capo alla ricorrente uno specifico obbligo informativo in realtà privo di qualsivoglia fondamento normativo»;
II) «Ex art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, c.p.c.: violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., dell’art. 244 c.p.c., nonché omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in reazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.». Si contesta la mancata ammissione della prova testimoniale richiesta dalla banca in primo grado, e reiterata in appello, volta a dimostrare l’avvenuto adempimento dei suoi obblighi informativi, censurandosi l’affermazione di sua genericità resa dalla corte genovese;
III) «Ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.: violazione e falsa applicazione degli artt. 1223 e 2697 c.c., nonché degli artt. 21 e 23 del D.Lgs. 24.2.1998, n. 58 (T.U.F.). Errata applicazione dei principi in tema di ripartizione dell’onere della prova nell’ambito della responsabilità risarcitoria». Si ascrive alla corte di merito di non aver correttamente applicato i principi sulla ripartizione dell’onere della prova del nesso di causalità nell’ambito dei giudizi di responsabilità risarcitoria in materia di intermediazione finanziaria. Inoltre, sul presupposto dell’esistenza di contrastanti pronunce di legittimità su questo tema, si formula istanza di rimessione alle Sezioni Unite per la decisione della corrispondente questione.
2.Premettendosi che il rapporto dedotto in causa si è svolto in epoca antecedente al recepimento delle direttive comunitarie n. 39 del 2004 e n. 73 del 2006 (cd. direttiva MiFid), poi integrate dal regolamento n. 1283 del 2006, sicché si farà riferimento alla disciplina dettata dal T.U.F. del 1998 (d.lgs. n. 58 del 1998) e dal regolamento Consob vigente prima delle modifiche apportategli per adattarli alle suddette nuove direttive, la prima di tali doglianze è infondata.
2.1. Invero, questa Corte si è in molteplici occasioni (cfr.tra le più recenti ed esaustive, anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 10111 del 2018;
Cass. n. 16127 del 2020;
Cass. n. 18981 del 2022;
Cass. n. 35789 del 2022) soffermata sul tema degli obblighi informativi gravanti sull'intermediario finanziario in applicazione dell'art. 21 del d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, in combinato disposto con gli artt. 28 e 29 del regolamento Consob n. 11522 del 1998, esaminando l'argomento e pervenendo ad esiti interpretativi univoci e consolidati, sotto due distinti aspetti che sono stati tenuti e che occorre tenere attentamente separati: i) quello dell'identificazione della latitudine degli obblighi informativi medesimi;
ii) quello dell'atteggiarsi del riparto degli oneri di allegazione e di prova in sede giudiziale ove l'investitore lamenti l'inadempimento di detti obblighi.
2.1.1. In relazione al primo di essi (oggetto specifico della doglianza in esame), quello, appunto, della latitudine degli obblighi informativi di cui al citato art. 28 ed al successivo art. 29, non vi è dubbio che essi - all'infuori dell'ipotesi di cliente che sia effettivamente operatore qualificato, ove ne ricorrano le condizioni individuate da Cass. n. 18702 del 2016 - siano particolarmente estesi e penetranti, giacché diretti, in generale, a consentire all'investitore di operare investimenti pienamente consapevoli, avendo acquisito l'intero ventaglio delle informazioni, specifiche e personalizzate, che, di volta in volta, alla luce del parametro di diligenza applicabile, l'intermediario debba fornire in ragione dell'investimento prescelto, tenuto conto tanto delle caratteristiche dell'investitore, quanto di quelle del titolo verso cui si indirizza l'investimento, benché attuato nel contesto di un rapporto di sola negoziazione, ricezione e trasmissione di ordini (cfr. Cass. n.14884 del 2017;
esclusa, ma nel quadro del successivo regolamento Consob n. 16190 del 29 ottobre 2007, qui inapplicabile ratione temporis, l'ipotesi della cd. execution only : Cass. n. 14884 del 2017). Pertanto, una volta
contro
DE MARTINI ROBERTO, VOLPE STEFANO, VOLPE PAOLA, quali eredi di L D M, tutti rappresentati e difes i , giusta procura speciale apposta a margine del controricorso, dall’Avvocato V P, unitamente a l quali elettivamente domiciliano in Rapallo (GE), al Corso Mameli n. 98/4, presso lo studio dell’Avvocato M M. - controricorrent i - avverso la sentenza, n. cron. 784/2018,della CORTE DI APPELLO di GENOVA, pubblicatail giorno 11/05/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 01/03/2023dal Consigliere dott. E C.
FATTI DI CAUSA
1.L D M citò il Banco Popolare Soc. Coop. (oggi Banco BPM s.p.a.) innanzi al Tribunale di Chiavari chiedendo accertarsene la responsabilità contrattuale, in relazione ai descritti investimenti in titoli obbligazionari (Argentina, Cirioe Finmek ), per essere venuto meno ai suoi obblighi di diligenza nell’adempimento, con particolare riferimento ai criteri di cui agli artt. 1175 e 1776 cod. civ., e per aver violato gli obblighi informativi dettati dall’art. 21 del d.lgs. n. 58 del 1998 (T.U.F.). Ne domandò, inoltre, la condanna al risarcimento dei danni subiti in conseguenza del suddetto inadempimento, quantificati in € 58.200,55, o nella diversa somma che fosse emersa in corso di causa, oltre interessi e rivalutazione.
1.2. Costituitosi l’istituto di credito convenuto, che eccepì la prescrizione delle avverse pretese e ne contestò pure il fondamento in ragione dell’affermata correttezza del proprio operato, l’adito tribunale, con sentenza del 21 maggio 2013, n. 339, dichiarò «improcedibili, per intervenuta prescrizione», le domande attrici relative all’acquisto di obbligazioni Argentina e Cirio e rigettò quelle afferenti l’acquistidi obbligazioni Finmek.
2. Il gravame promosso dalla De Martini contro questa decisione fu parzialmente accolto dalla Corte di appello di Genova che, con sentenza dell’11 maggio 2018, n. 784, pronunciata nel contraddittorio con il Banco Popolare Soc. Coop., dichiarò tenuta e condannò quest’ultima «al risarcimento dei danni nei confronti della parte appellante nella misura di: a) € 25.610,24, per i titoliCirio H. Eur 6,25 %, valore nominale € 26.000,00, acquistati in data 09.01.2001;
b) € 11.200,00, per i titoli
FINMEK
7%, valore nominale € 16.000, acquistati in data 06.12.2001. Oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali sulla somma via via rivalutata dalla data del rispettivi acquisti fino alla data odierna;
sulla somma così ottenuta, solo interessi legali fino al saldo».
2.1. Per quanto qui ancora di interesse, quella corte:i) ritenne gravante sull’intermediario l’onere di provare di aver fornito all’investitore adeguata e specifica informazione sulle caratteristiche del prodotto finanziario proposto per l’acquisto, altresì precisando che lo stesso non potesse consistere nella mera assenza di negligenza, ma dovesse concretizzarsi nella prova positiva della diligenza;
ii) considerò non assolto tale onere, attesoche, «nel caso in esame, nella scheda dell’acquisto, del 9.2.2001, per i titoli Cirio, e del 6.12.2001, per l’obbligazione Finmek, non risultano indicate alcune informazioni sull’adeguatezza dell’operazione al profilo dell’acquirente;
la banca non ha provato altrimenti di aver assolto agli oneri di informazione, in quanto i capitoli di prova dedotti nella seconda memoriaex art. 183, nr. 2, c.p.c. -ed in particolare quello sub 6 - non sono stati ammessi nel processo di primo grado per la loro genericità. Tale giudizio deve essere confermato in quanto in nessuno dei capitoli di prova dedotti sono esattamente specificati la quotazione del titolo al momento della vendita ed il rating dello stesso, uniche informazioni idonee alla effettiva valutazione dell’operazione finanziaria»;
iii) richiamò l’orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui la mancata prestazione dell’informazione che risulta dovuta dall’intermediario ingenera una presunzione di riconducibilità ad essa dell’operazione, posto cheun siffatto suo comportamento si manifesta, in sé stesso, come fattore di “disorientamento” del risparmiatore, ovvero di uno scorretto suo orientamento verso le scelte di investimento.
3. Per la cassazione della descritta sentenza ha proposto ricorso il Banco BPM s.p.a. (successore a titolo universale del Banco Popolare Soc. Coop. giusta l’indicato atto di fusione), affidandosi a tre motivi. Hanno resistito, con controricorso, R D, S V e P V, eredi di L D M medio tempore deceduta. Entrambe le parti costituite hanno depositato memoria exart. 380-bis.1 cod. proc. civ..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.I formulati motivi di ricorsi denunciano, rispettivamente:I) «Ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.: violazione e falsa applicazione dell’art. 21 del d.lgs. 24.2.1998, n. 58 (T.U.F.), nonché dell’art. 28 del Regolamento di attuazione T.U.F., concernente la disciplina degli intermediari, adottato dalla Consob con delibera 11522 dell’1 luglio 1998». Si assume che «nessuna norma di legge o regolamentare pone in capo agli intermediari finanziari quell’obbligo di rendere “informazioni sull’adeguatezza dell’operazione al profilo dell’acquirente” che, secondo la Corte di appello di Genova, concorrerebbe a qualificare come inadempiente la condotta della banca. Pertanto, la Corte territoriale, nel valutare l’adempimento da parte della bancaagli obblighi informativi a suo carico, ha erroneamente applicato i principi sanciti dall’art. 21 T.U.F. e dall’art. 28 del relativo regolamento Consob, ravvisando in capo alla ricorrente uno specifico obbligo informativo in realtà privo di qualsivoglia fondamento normativo»;
II) «Ex art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, c.p.c.: violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., dell’art. 244 c.p.c., nonché omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in reazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.». Si contesta la mancata ammissione della prova testimoniale richiesta dalla banca in primo grado, e reiterata in appello, volta a dimostrare l’avvenuto adempimento dei suoi obblighi informativi, censurandosi l’affermazione di sua genericità resa dalla corte genovese;
III) «Ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.: violazione e falsa applicazione degli artt. 1223 e 2697 c.c., nonché degli artt. 21 e 23 del D.Lgs. 24.2.1998, n. 58 (T.U.F.). Errata applicazione dei principi in tema di ripartizione dell’onere della prova nell’ambito della responsabilità risarcitoria». Si ascrive alla corte di merito di non aver correttamente applicato i principi sulla ripartizione dell’onere della prova del nesso di causalità nell’ambito dei giudizi di responsabilità risarcitoria in materia di intermediazione finanziaria. Inoltre, sul presupposto dell’esistenza di contrastanti pronunce di legittimità su questo tema, si formula istanza di rimessione alle Sezioni Unite per la decisione della corrispondente questione.
2.Premettendosi che il rapporto dedotto in causa si è svolto in epoca antecedente al recepimento delle direttive comunitarie n. 39 del 2004 e n. 73 del 2006 (cd. direttiva MiFid), poi integrate dal regolamento n. 1283 del 2006, sicché si farà riferimento alla disciplina dettata dal T.U.F. del 1998 (d.lgs. n. 58 del 1998) e dal regolamento Consob vigente prima delle modifiche apportategli per adattarli alle suddette nuove direttive, la prima di tali doglianze è infondata.
2.1. Invero, questa Corte si è in molteplici occasioni (cfr.tra le più recenti ed esaustive, anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 10111 del 2018;
Cass. n. 16127 del 2020;
Cass. n. 18981 del 2022;
Cass. n. 35789 del 2022) soffermata sul tema degli obblighi informativi gravanti sull'intermediario finanziario in applicazione dell'art. 21 del d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, in combinato disposto con gli artt. 28 e 29 del regolamento Consob n. 11522 del 1998, esaminando l'argomento e pervenendo ad esiti interpretativi univoci e consolidati, sotto due distinti aspetti che sono stati tenuti e che occorre tenere attentamente separati: i) quello dell'identificazione della latitudine degli obblighi informativi medesimi;
ii) quello dell'atteggiarsi del riparto degli oneri di allegazione e di prova in sede giudiziale ove l'investitore lamenti l'inadempimento di detti obblighi.
2.1.1. In relazione al primo di essi (oggetto specifico della doglianza in esame), quello, appunto, della latitudine degli obblighi informativi di cui al citato art. 28 ed al successivo art. 29, non vi è dubbio che essi - all'infuori dell'ipotesi di cliente che sia effettivamente operatore qualificato, ove ne ricorrano le condizioni individuate da Cass. n. 18702 del 2016 - siano particolarmente estesi e penetranti, giacché diretti, in generale, a consentire all'investitore di operare investimenti pienamente consapevoli, avendo acquisito l'intero ventaglio delle informazioni, specifiche e personalizzate, che, di volta in volta, alla luce del parametro di diligenza applicabile, l'intermediario debba fornire in ragione dell'investimento prescelto, tenuto conto tanto delle caratteristiche dell'investitore, quanto di quelle del titolo verso cui si indirizza l'investimento, benché attuato nel contesto di un rapporto di sola negoziazione, ricezione e trasmissione di ordini (cfr. Cass. n.14884 del 2017;
esclusa, ma nel quadro del successivo regolamento Consob n. 16190 del 29 ottobre 2007, qui inapplicabile ratione temporis, l'ipotesi della cd. execution only : Cass. n. 14884 del 2017). Pertanto, una volta
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