Cass. pen., sez. IV, sentenza 07/01/2020, n. 00149

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. IV, sentenza 07/01/2020, n. 00149
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 00149
Data del deposito : 7 gennaio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da 1. D N T, nato a Taranto il 23/01/1978;

2. F D, nato a Taranto il 14/12/1984;

3. I F, nato a Roma il 23/11/1987;

4. L A, nata a Grottaglie (TA) il 07/12/1994;
avverso l'ordinanza del giorno 08/01/2019, del Tribunale del Riesame di Taranto;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere A L T;
udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale E C, che ha concluso per l'inammissibilità per rinuncia dei ricorsi di L e I del ricorso e per il rigetto degli altri.

RITENUTO IN FATTO

1. Con decreto di perquisizione e sequestro ex art. 250 e ss. c.p.p. e con decreto di sequestro preventivo d'urgenza ex art. 321 e ss. c.p.p. del 04/12/2018, il P.M. presso il Tribunale di Taranto, nell'ambito del procedimento penale n. 9278/18 RGNR, dopo aver compiutamente esposto il quadro normativo venutosi a creare a seguito della L. 242/2016, ritenendo sussistente il fumus commissi delícti del reato di cui all'art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90 a carico di D N T, F D, I F e L A, disponeva la perquisizione personale e locale e il conseguente sequestro ex art.252 c.p. dei beni specificamente indicati come "corpo del reato" e "cose pertinenti al reato" e "di tutte le altre eventuali cose in ogni caso ritenute utili al fine delle indagini, al fine di ricostruire i rapporti oggetto di investigazione, di accertare le concrete modalità di esecuzione del reato, di individuare i corresponsabili, di procedere ad analisi di laboratorio". Ritenendo sussistente, inoltre, il periculum in mora insito nella libera disponibilità dei predetti beni e considerando la necessità di provvedere d'urgenza, disponeva, altresì, il sequestro preventivo di quanto sopra indicato e del denaro profitto del reato, degli strumenti utilizzati per la combustione/inalazione, del materiale pubblicitario, e degli esercizi commerciali dedicati alla vendita e distribuzione di tali prodotti.

1.1. Con provvedimento in data 17/12/2018, il GIP del Tribunale di Taranto convalidava il predetto decreto emettendo poi autonomo decreto di sequestro preventivo.

1.2. Con l'ordinanza del giorno 08/01/2019, il Tribunale del Riesame di Taranto, adito dagli indagati, rigettava il ricorso formulato avverso tale ultimo provvedimento.

2. Avverso tale ordinanza del Tribunale del Riesame propongono ricorso per cassazione D N T, F D, I F e L A, a mezzo dei propri difensori, lamentando (in sintesi giusta il disposto di cui all'art.173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.): D N T: I) violazione di legge e vizi motivazionali in relazione al DPR 309/90 e alla L. 242/2016. Deduce che la legge 242/2016 va interpretata in senso estensivo, inclusivo anche della legittimità della commercializzazione di infiorescenze: a) alla luce del principio dell'analogia in bonam partem, l'operatività favorevole della norma anche in relazione alla successiva attività di commercializzazione del prodotto, a condizione che il soggetto che pone in vendita piante o sostanze rispetti i limiti indicati;
b) l'estensione si ricava anche dall'aspetto più innovativo della nuova disciplina insito nella circostanza che la stessa si pone come lex specialis rispetto alla disciplina offerta dal DPR 309/90, introducendo un limite di tolleranza legale in materia di presenza di THC addirittura superiore a quello individuato in alcune pronunzie dalla Suprema Corte di Cassazione che ha determinato la soglia nello 0,5%;
c) in base al principio di tassatività, le norme incriminatrici devono essere considerate fattispecie penali in qualità di tassative eccezioni alla generale libertà di azione delle persone. Afferma che la commercializzazione di un bene che non presenta intrinseche caratteristiche di illiceità deve, in assenza di specifici divieti, ritenersi consentita nell'ambito del generale potere delle persone di agire per il soddisfacimento dei loro interessi. F D: I.a.) violazione di legge e vizi motivazionali in relazione alla L. 242/2016. Deduce che il Tribunale del Riesame di Taranto ha rigettato tutte le puntuali deduzioni eccepite nell'atto di gravame, con motivazione meramente apparente. Sostiene che il collegio della cautela commette un errore di interpretazione del D.Lgs 2014/05, che si riflette erroneamente sulla vicenda relativa alla canapa sativa ed al dettato normativo della L. 242/16;
l'art. 2 del D.Lgs. 214/05, opera una distinzione tra "parti di piante vive" e le "piante vive" ed i fiori recisi fanno parte delle parti di piante vive e non sono di conseguenza piante vive per cui chi produce e commercializza fiori recisi non deve essere in possesso di autorizzazioni fitosanitarie, in quanto non rientrante tra i soggetti elencati nell'articolo 19, comma 1, lettera a) del D.Lgs. 214/05 che riguarda coloro che producono piante. Assume che il Tribunale, ritenendo sussistente la prospettazione del fumus commissi delicti, ha erroneamente affermato che la previsione dell'art. 4, comma 5, L. 242/16 ha introdotto una causa di non punibilità per l'agricoltore che non può essere applicata in favore del commerciante, in quanto le disposizioni penali di favore non sono suscettibili di interpretazione estensiva mediante procedimento analogico. Sostiene che, per ciò che attiene alla posizione del F, inoltre, il Tribunale del Riesame, suppone erroneamente ed illogicamente che i prodotti inseriti nei distributori H24 di proprietà dello stesso ricorrente, escludessero che la sua finalità fosse la destinazione al florovivaismo bensì quella della cessione ai singoli consumatori della sostanza poiché sulle confezioni, acquistate dalla società Greenjoy srl, poste in vendita e inserite nei distributori vi è la scritta "E' un prodotto non destinato al consumo umano. Non inalare, non ingerire, non fumare. Prodotto destinato a uso tecnico di ricerca e di collezionismo". Eccepisce che, perché possa ritenersi leso il bene giuridico tutelato dall'art. 73 D.P.R. 309/90, la sostanza deve essere idonea a produrre un "effetto stupefacente in concreto rilevabile", sicché il giudice è tenuto a verificare in concreto se il fatto abbia effettivamente leso o messo in pericolo il bene e/o l'interesse tutelato. I F: I.b.) violazione di legge e vizi motivazionali in relazione alla L. 242/2016. Deduce che il Tribunale del Riesame di Taranto ha rigettato tutte le puntuali deduzioni eccepite nell'atto di gravame, con motivazione meramente apparente. Sostiene che l'ordinanza impugnata risulta basata su una eccentrica interpretazione della legge 242/2016 poiché, ai sensi dell'art. 2, comma 2, lett. G) s.l. è lecita la coltivazione destinata al florovivaismo, attività espressamente esercitata dall'odierna prevenuta. Assume che l'art. 2 del D.Lgs. 214/05 opera una distinzione tra "parti di piante vive" e le "piante vive" ed i fiori recisi fanno parte delle parti di piante vive e non sono di conseguenza piante vive per cui chi produce e commercializza fiori recisi non deve essere in possesso di autorizzazioni fitosanitarie, in quanto non rientrante tra i soggetti elencati nell'articolo 19, comma 1, lettera a) del D.Lgs. 214/05 che riguarda coloro che producono piante. Afferma che il Tribunale, ritenendo sussistente la prospettazione del fumus commissi delicti, ha erroneamente ritenuto che la previsione dell'art. 4, comma 5, L. 242/16 ha introdotto una causa di non punibilità per l'agricoltore che non può essere applicata in favore del commerciante, in quanto le disposizioni penali di favore non sono suscettibili di interpretazione estensiva mediante procedimento analogico. Eccepisce che il Tribunale del Riesame, erra nel ritenere che la circostanza secondo cui le infiorescenze e le confezioni di resina fossero detenute presso l'esercizio commerciale "The weed shop", che commercia anche articoli come trincia tabacco, bong di vetro ed altra merce (sottoposti a sequestro perché ritenuti cose pertinenti al reato), renderebbe evidente che le finalità del. soggetto agente fossero diverse da quelle della destinazione al florovivaismo, ma quello della cessione ai singoli consumatori della sostanza mediante inalazione;
si tratta, in questo caso, di una evidente supposizione, in quanto ogni singola confezione sigillata riportava la dicitura "prodotto da collezione", per cui il compratore era sufficientemente edotto della finalità della sostanza. Rimarca che, perché possa ritenersi leso il bene giuridico tutelato dall'art. 73 D.P.R. 309/90, la sostanza deve essere idonea a produrre un "effetto stupefacente in concreto rilevabile", sicché il giudice è tenuto a verificare in concreto se il fatto abbia effettivamente leso o messo in pericolo il bene e/o l'interesse tutelato. II.b.) violazione di legge in relazione al sequestro dei locali commerciali. Deduce che il Tribunale del Riesame ha erroneamente ritenuto legittimo il sequestro del locale commerciale "The weed shop" posto che il decreto di sequestro preventivo d'urgenza emesso dal Pubblico Ministero disponeva che fosse sottoposto a sequestro l'intero esercizio commerciale soltanto "se interamente dedicato alla vendita o distribuzione di tali prodotti";
il giudice della cautela, quindi, nella parte motiva dell'ordinanza, non ha adeguatamente considerato la circostanza che all'interno dell'esercizio commerciale fossero in vendita anche prodotti diversi dalle infiorescenze e dalle resine, ritenendo che l'attività commerciale fosse stata posta in essere appositamente per commercializzare i prodotti "vietati". L A : I.c.) violazione di legge e vizi motivazionali in relazione alla L. 242/2016. Deduce che il Tribunale del Riesame di Taranto ha rigettato tutte le puntuali deduzioni eccepite nell'atto di gravame, con motivazione meramente apparente. Sostiene che l'ordinanza impugnata risulta basata su una eccentrica interpretazione della legge 242/2016 poiché, ai sensi dell'art. 2, comma 2, lett. G) s.l. è lecita la coltivazione destinata al florovivaisrno, attività espressamente esercitata dall'odierna prevenuta. Assume che l'art. 2 del D.Lgs. 214/05 opera una distinzione tra "parti di piante vive" e le "piante vive" ed i fiori recisi fanno parte delle parti di piante vive e non sono di conseguenza piante vive per cui chi produce e commercializza fiori recisi non deve essere in possesso di autorizzazioni fitosanitarie, in quanto non rientrante tra i soggetti elencati nell'articolo 19, comma 1, lettera a) del D.Lgs. 214/05 che riguarda coloro che producono piante. Afferma che il Tribunale, ritenendo sussistente la prospettazione del fumus commissi delicti, ha erroneamente ritenuto che la previsione dell'art. 4, comma 5, L. 242/16 ha introdotto una causa di non punibilità per l'agricoltore che non può essere applicata in favore del commerciante, in quanto le disposizioni penali di favore non sono suscettibili di interpretazione estensiva mediante procedimento analogico. Eccepisce che il Tribunale del Riesame, erra nel ritenere che la circostanza secondo cui le infiorescenze e le confezioni di resina fossero detenute presso l'esercizio commerciale "Lakan", che commercia anche articoli come trincia tabacco, (sottoposti a sequestro perché ritenuti cose pertinenti al r'eato), renderebbe evidente che le finalità del soggetto agente fossero diverse da quelle della destinazione al florovivaismo, ma quello della cessione ai singoli consumatori della sostanza mediante inalazione;
si tratta, in questo caso, di una evidente supposizione, in quanto ogni singola confezione sigillata riportava la dicitura "prodotto da collezione", per cui il compratore era sufficientemente edotto della finalità della sostanza. Rimarca che, perché possa ritenersi leso il bene giuridico tutelato dall'art. 73 D.P.R. 309/90, la sostanza deve essere idonea a produrre un "effetto stupefacente in concreto rilevabile", sicché il giudice è tenuto a verificare in concreto se il fatto abbia effettivamente leso o messo in pericolo il bene e/o l'interesse tutelato. II.c.) violazione di legge in relazione al sequestro dei locali commerciali. Deduce che il Tribunale del Riesame ha erroneamente ritenuto legittimo il sequestro del locale commerciale "Lakan" posto che posto che il decreto di sequestro preventivo d'urgenza emesso dal Pubblico Ministero disponeva che fosse sottoposto a sequestro l'intero esercizio commerciale soltanto "se interamente dedicato alla vendita o distribuzione di tali prodotti";
il giudice della cautela, quindi, nella parte motiva dell'ordinanza, non ha adeguatamente considerato la circostanza che all'interno dell'esercizio commerciale fossero in vendita anche prodotti diversi dalle infiorescenze e dalle resine, ritenendo che l'attività commerciale fosse stata posta in essere appositamente per commercializzare i prodotti "vietati". III.c.) violazione di legge in relazione al sequestro del locale sito in via Umbria nr. 121. Deduce che il sequestro è stato esteso ad un locale commerciale sito in via Umbria nr. 121 (del quale la L risulta essere titolare del contratto di locazione), in cui vi sono nr. 3 frigoriferi, una macchina destinata alla distribuzione di bevande calde h24 ed un altro distributore per oggettistica varia;
il Tribunale del riesame, sul punto, non ha fornito alcuna motivazione per cui non vi sono ragioni per sostenere la legittimità della misura in atto, giacché il locale non rientra, neppure a livello ipotetico, nelle fattispecie previste dal magistrato nel decreto di sequestro preventivo d'urgenza né vi è prova che i distributori fossero adibiti alla vendita di prodotti contenenti la canapa sativa.
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