Cass. civ., sez. V trib., sentenza 28/05/2014, n. 11957

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. V trib., sentenza 28/05/2014, n. 11957
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 11957
Data del deposito : 28 maggio 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

La Commissione tributaria regionale del Piemonte, con sentenza n. 38/10/2008, depositata il 25.9.2008, confermava la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Torino n. 179/09/2006 che accoglieva parzialmente il ricorso della S. cooperativa A. a r.l. avverso avviso di irrogazioni sanzioni, relativo all'anno 2003, ai sensi della L. n. 73 del 2002, art. 3 a seguito di ispezione Inps in data 6.5.2003 per l'impiego di un lavoratore subordinato non iscritto nei libri obbligatori, riducendo l'ammontare delle sanzioni per il periodo dal 29 aprile al 6 maggio 2003. Proponeva ricorso per cassazione l'Agenzia delle Entrate deducendo i seguenti motivi:

a) violazione dell'art. 360 c.p.c., n. 1, rilevando, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale 14/5/2008, n. 130, il difetto di giurisdizione del giudice tributario sulle controversie relative alle sanzioni irrogate dagli uffici finanziari per l'impiego di lavoratori non risultanti dalle scritture obbligatorie;

b) violazione e falsa applicazione dell'art. 3, comma 3, nel testo vigente ratione temporis, D.L. 22 febbraio 2002, n. 12, convertito con modificazioni in L. 23 aprile 2002, n. 73, in combinato disposto con l'art. 2697 c.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3, rilevando come, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 144/2005, era onere del datore di lavoro produrre documentazione idonea a provare che il lavoratore sorpreso a lavorare presso di lui non era suo dipendente, ritenendo irrilevante, ai fini probatori, la dichiarazione resa dal lavoratore agli ispettori dell'Inps;

c) omessa motivazione su un punto decisivo e controverso della decisione, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 5, non avendo la società fornito alcuna valida prova circa il giorno in cui il lavoratori irregolare ha effettivamente iniziato a lavorare presso società.

La società intimata non ha svolto attività difensiva.

Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 3.4.2014, in cui il PG ha concluso come in epigrafe.

Motivi della decisione



1. Il primo motivo di ricorso è infondato.

A seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 130 del 2008, con cui è stata dichiarata la illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2 (come sostituito dalla L. n. 448 del 2001, art. 12, comma 2) nella parte in cui attribuisce alla giurisdizione tributaria le controversie relative a tutte le sanzioni irrogate dagli Uffici finanziari, anche quando conseguano a violazione di disposizioni non aventi natura fiscale(quali quelle in esame), la presente controversia appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario (Cass. S.U. 15846/2008).

Tuttavia la pronuncia del giudice delle legge non può incidere su una situazione già esaurita, quale - nella specie - il giudicato implicito sulla giurisdizione formatosi a seguito della decisione di merito pronunciata in primo grado e non impugnata in sede d'appello in punto di difetto di giurisdizione, sebbene tale difetto fosse stato già rilevato dalla Corte Costituzionale con le ordinanze n. 34 e 35 del 2006 e 395/2007, che avevano sottolineato l'imprescindibile collegamento tra la giurisdizione del giudice tributario e la natura tributaria del rapporto.

L'interpretazione dell'art. 37 cod. proc. civ., secondo cui il difetto di giurisdizione "è rilevato, anche d'ufficio, in qualunque stato e grado del processo", deve tenere conto dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo ("asse portante della nuova lettura della norma"), della progressiva forte assimilazione delle questioni di giurisdizione a quelle di competenza e dell'affievolirsi dell'idea di giurisdizione intesa come espressione della sovranità statale, essendo essa un servizio reso alla collettività con effettività e tempestività, per la realizzazione del diritto della parte ad avere una valida decisione nel merito in tempi ragionevoli. (Cass. Sez. U, Sentenza n. 24883 del 09/10/2008;
cfr anche Cass. Sez. U, Ordinanza n. 2067 del 28/01/2011;

Cass. Sez. U, Sentenza n. 26019 del 30/10/2008;
Cass. Sez. U, Sentenza n. 26019 del 30/10/2008;
La questione sul difetto di giurisdizione del giudice tributario in tema di sanzioni L. n. 73 del 2002, ex art. 3, comma 3 non è mai stata sollevata dall'odierna ricorrente nei pregressi gradi di giudizio.

Il principio costituzionale della durata ragionevole del processo consente, quindi, come nella fattispecie, di escludere la rilevabilità davanti alla Corte di cassazione, del difetto di giurisdizione qualora sul punto si sia formato un giudicato implicito, per effetto della implicita pronuncia sul merito in primo grado e della mancata impugnazione, al riguardo, dinanzi al giudice di appello.

E', quindi, inammissibile l'eccezione di difetto di giurisdizione sollevata per la prima volta in sede di legittimità dalla parte che, soccombente nel merito in primo grado, aveva appellato la sentenza del giudice tributario senza formulare alcuna eccezione sulla giurisdizione, così ponendo in essere un comportamento incompatibile con la volontà di eccepire il difetto di giurisdizione e prestando acquiescenza al capo implicito sulla giurisdizione della sentenza di primo grado, ai sensi dell'art. 329 c.p.c., comma 2.

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