Cass. pen., sez. V, sentenza 28/11/2022, n. 45090
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Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: SI BI nato a [...] il [...] avverso la sentenza del 05/10/2020 della CORTE APPELLO di ROMAvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere ENRICO VITTORIO STANISLAO SCARLINI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore LUCIA ODELLO che ha concluso chiedendo udito il difensore
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 5 ottobre 2020, la Corte di appello di Roma, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Frosinone, riduceva la durata delle pene accessorie di cui all'art. 219, ult. comma, legge fall., confermando nel resto l'impugnata sentenza che aveva ritenuto BI LA colpevole del delitto di bancarotta fraudolenta documentale, per avere, quale presidente del consiglio di amministrazione prima, e liquidatore, poi, della coop. a r.l. Tra.Serv. dichiarata fallita il 5 dicembre 2012, sottratto le scritture contabili obbligatorie della predetta al fine di procurarsi un ingiusto profitto a danno dei creditori.
1.1. In risposta ai dedotti motivi di appello, la Corte territoriale osservava quanto segue. Dal processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di finanza era emerso che la fallita faceva parte di un gruppo di cooperative, tutte riconducibili al prevenuto, utilizzate per emettere fatture per operazioni inesistenti e che la documentazione contabile era stata riconsegnata, dagli operanti, conclusa la verifica, all'imputato. Doveva pertanto ritenersi che il prevenuto avesse omesso la consegna delle scritture al curatore a danno, intenzionale, dei creditori. La prolungata attività illecita del prevenuto fondava il giudizio di sussistenza della recidiva e non consentiva la riqualificazione della condotta e la riduzione della pena.
2. Propone ricorso l'imputato, a mezzo del suo difensore, articolando le proprie censure in cinque motivi.
2.1. Con il primo deduce la violazione di legge, ed in particolare dell'art. 597 cod. proc. pen., perché la Corte aveva ritenuto non fossero concedibili le circostanze attenuanti generiche che, invece, il primo giudice aveva già riconosciuto e dichiarato equivalenti alla recidiva. E, purtuttavia, non aveva ridotto la pena.
2.2. Con il secondo motivo lamenta la violazione di legge ed il difetto di motivazione in relazione alla mancata declaratoria di inesistenza dell'elemento soggettivo del reato. L'imputato, infatti, non aveva ricevuto alcuna comunicazione che gli intimasse di