Cass. pen., sez. VII, ordinanza 11/07/2018, n. 31520

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. VII, ordinanza 11/07/2018, n. 31520
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 31520
Data del deposito : 11 luglio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

a seguente ORDINANZA sul ricorso proposto da: SASSI MARCO nato a REGGIO EMILIA il 30/06/1947 avverso la sentenza del 03/10/2017 della CORTE APPELLO di BOLOGNAdato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere PIERO MESSINI D'AGOSTINI;

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con sentenza del 3/10/2017 la Corte di appello di Bologna confermava la sentenza in data 3/11/2016 con la quale il Tribunale di Reggio Emilia aveva condannato M S alla pena ritenuta di giustizia per una serie di rapine e furti.

2. Propone ricorso M S, a mezzo del proprio difensore di fiducia, chiedendo l'annullamento della sentenza impugnata per vizio di motivazione in ordine alla quantificazione della pena, ritenuta eccessiva.

3. Il ricorso è palesemente inammissibile per genericità e manifesta infondatezza del motivo. Secondo il diritto vivente, contenuto essenziale dell'atto di impugnazione è innanzitutto e indefettibilmente il confronto puntuale con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta. Il principio è stato da ultimo ribadito dalle Sezioni Unite della Suprema Corte (Sez. U., n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, Galtelli, Rv. 268822), che hanno distinto fra il difetto della "specificità intrinseca", presente quando le impugnazioni siano fondate su considerazioni astratte o non pertinenti al caso concreto, e quello della mancanza della cosiddetta "specificità estrinseca", che può essere definita come la esplicita correlazione dei motivi di impugnazione con le ragioni di fatto o di diritto poste a fondamento della sentenza impugnata. Nel caso di specie il ricorso in esame presenta entrambi i vizi, essendo fondata su considerazioni generiche, valide in astratto per qualsiasi caso, e non essendosi confrontato con le precise argomentazioni svolte dalla Corte, che ha specificamente esaminato e disatteso le doglianze svolte con l'appello sul punto, sostenendo anche, alla luce di una precisa serie di elementi, riguardanti la gravità dei fatti e la personalità del reo, che la pena inflitta dal primo giudice era stata sin troppo mite. Nel ricorso non si prospettano argomentazioni meritevoli di valutazione in ordine al corretto esercizio del potere discrezionale previsto dall'art. 1132 cod. pen. da parte della Corte di appello;
è inammissibile, infatti, la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione (v. Sez. 3, n. 6877 del 26/10/2016, dep. 2017, S., Rv. 269196;
Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014, Ferrarlo, Rv. 259142;
Sez. 3, n. 1182 del 17/10/2007, dep. 2008, Cilia, Rv. 238851).
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