Cass. civ., sez. I, sentenza 20/04/2020, n. 07920
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Testo completo
assunto per il concambio delle azioni, avendo riguardo al fatto che in ragione di esso la sua quota percentuale di capitale sociale era diminuita del 44,31°h ed il valore economico della sua partecipazione si era ridotto da lire 658.625.730 a lire 366.768.680. Domandava quindi in via principale l'accertamento circa l'esattezza del criterio di redistribuzione all'interno del rapporto di concambio, con condanna della controparte, nel caso in cui detto accertamento avesse avuto esito negativo, al risarcimento del danno;
chiedeva in subordine di accertare il danno derivatogli da una turbativa del mercato tesa alla svalutazione delle azioni di risparmio.Nel contraddittorio con Banca Popolare Antoniana Veneta, che resisteva alle domande attrici, il Tribunale di Padova rigettava queste ultime. 2. — F proponeva appello, invocando l'eguaglianza dei diritti patrimoniali fra azionisti ordinari, privilegiati e di risparmio, e la conseguente necessità di operare una paritaria distribuzione delle azioni da ricevere in cambio da parte dei soci della società incorporata. La Corte di appello di Venezia decideva il gravame con sentenza del 13 maggio 2015, rigettandolo. Negava, in sintesi, la necessità di regolare il rapporto assoggettando le azioni ordinarie e quelle di risparmio al medesimo trattamento;
riteneva che all'adozione di un criterio unitario di valutazione ostasse l'«indiscutibile esistenza di diritti particolari di alcune categorie di azioni, e fra esse, delle azioni di risparmio»;
in particolare, «in presenza di una condizione differenziale del titolo», sarebbe risultato necessario procedere a rettificare la modalità di computo della partecipazione azionaria basata sulla stima del rapporto esistente tra il valore complessivo del patrimonio della società emittente al numero dei titoli in circolazione «al fine di valorizzare e riflettere le diversità di diritti di ciascuna categoria di titoli incorporati», giacché «alla presenza di diversi diritti incorporati nel titolo consegue un diverso valore intrinseco rispecchiato dal diverso prezzo che l'azione può spuntare sul mercato». In tal senso, secondo il giudice distrettuale, risultava essere «del tutto congruente assumere al fine di rappresentare la rispettiva valutazione dei titoli le differenti loro valutazioni espresse dal mercato, quale parametro complementare alle valutazioni patrimoniali e reddituali cui è ispirata la determinazione del rapporto di cambio». 3. — La pronuncia è impugnata per cassazione da F con un ricorso basato su tre motivi. Resiste con controricorso Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. già Banca Antoniana Veneta. Sono state depositate le memorie ex art. 378 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. — Il primo motivo oppone la violazione e falsa applicazione degli artt. 2348 c.c. e dell'art. 14 I. n. 216/1974. Rileva il ricorrente che la sentenza impugnata avrebbe disatteso la prescrizione in base alla quale le azioni devono essere di eguale valore. Sottolinea, in proposito, che, pur essendo vero che ad azioni di categorie diverse corrispondono diritti diversi, non potrebbe attribuirsi alle azioni un valore differente, stante la loro ontologica essenza di quote di capitale sociale. Col secondo mezzo è denunciata la violazione degli artt. 2350, 2247, 2252, 1372 e 1321 c.c.. La sentenza impugnata è censurata laddove ha finito per escludere che le azioni di risparmio siano rappresentative di una quota astratta del capitale sociale, con ciò negando la possibilità di attribuire alle stesse il diritto a una parte proporzionale degli utili netti e del patrimonio netto risultante dalla liquidazione. Il terzo motivo lamenta la violazione e falsa applicazione dell'art. 2501 ter (non dell'art. 2501 bis, come invece indicato, per mero errore, nel ricorso), n. 3, e dell'art. 2247 c.c.. Osserva l'istante che nell'espressione «rapporto di cambio delle azioni», contenuta nella prima delle norme richiamate, il termine «azioni» è riferita alla quota sociale, sicché le società per azioni e le altre società in cui la partecipazione sociale è rappresentata, per l'appunto, da quote, si pongono sullo stesso piano. Il ricorrente evidenzia, inoltre, che la sentenza impugnata non avrebbe tenuto conto del fatto che l'art. 2501 ter c.c., al n. 3, parla di «rapporto» e non di «rapporti» di cambio. 2. — I tre motivi possono esaminarsi congiuntamente perché vertono sulla medesima questione, riguardata da diverse angolazioni, e non sono fondati. 2.1. — Il ricorrente lamenta, in sintesi, che il rapporto di cambio sia stato definito attribuendo alle azioni di risparmio un valore diverso — inferiore — rispetto a quello assegnato alle azioni ordinarie: il che avrebbe portato a una ingiustificata alterazione, in senso peggiorativo, della misura della propria partecipazione nella società incorporata, avendo specificamente riguardo al diritto all'utile di esercizio e al diritto alla quota in sede di liquidazione. 2.2. — Può osservarsi, in termini generali, che il rapporto di cambio dipende dalla discrezionalità tecnica degli amministratori, essendo influenzato non solo da valutazioni di carattere economico, ma anche da fattori diversi: sicché deve escludersi che esso sia univocamente desumibile dal rapporto
chiedeva in subordine di accertare il danno derivatogli da una turbativa del mercato tesa alla svalutazione delle azioni di risparmio.Nel contraddittorio con Banca Popolare Antoniana Veneta, che resisteva alle domande attrici, il Tribunale di Padova rigettava queste ultime. 2. — F proponeva appello, invocando l'eguaglianza dei diritti patrimoniali fra azionisti ordinari, privilegiati e di risparmio, e la conseguente necessità di operare una paritaria distribuzione delle azioni da ricevere in cambio da parte dei soci della società incorporata. La Corte di appello di Venezia decideva il gravame con sentenza del 13 maggio 2015, rigettandolo. Negava, in sintesi, la necessità di regolare il rapporto assoggettando le azioni ordinarie e quelle di risparmio al medesimo trattamento;
riteneva che all'adozione di un criterio unitario di valutazione ostasse l'«indiscutibile esistenza di diritti particolari di alcune categorie di azioni, e fra esse, delle azioni di risparmio»;
in particolare, «in presenza di una condizione differenziale del titolo», sarebbe risultato necessario procedere a rettificare la modalità di computo della partecipazione azionaria basata sulla stima del rapporto esistente tra il valore complessivo del patrimonio della società emittente al numero dei titoli in circolazione «al fine di valorizzare e riflettere le diversità di diritti di ciascuna categoria di titoli incorporati», giacché «alla presenza di diversi diritti incorporati nel titolo consegue un diverso valore intrinseco rispecchiato dal diverso prezzo che l'azione può spuntare sul mercato». In tal senso, secondo il giudice distrettuale, risultava essere «del tutto congruente assumere al fine di rappresentare la rispettiva valutazione dei titoli le differenti loro valutazioni espresse dal mercato, quale parametro complementare alle valutazioni patrimoniali e reddituali cui è ispirata la determinazione del rapporto di cambio». 3. — La pronuncia è impugnata per cassazione da F con un ricorso basato su tre motivi. Resiste con controricorso Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. già Banca Antoniana Veneta. Sono state depositate le memorie ex art. 378 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. — Il primo motivo oppone la violazione e falsa applicazione degli artt. 2348 c.c. e dell'art. 14 I. n. 216/1974. Rileva il ricorrente che la sentenza impugnata avrebbe disatteso la prescrizione in base alla quale le azioni devono essere di eguale valore. Sottolinea, in proposito, che, pur essendo vero che ad azioni di categorie diverse corrispondono diritti diversi, non potrebbe attribuirsi alle azioni un valore differente, stante la loro ontologica essenza di quote di capitale sociale. Col secondo mezzo è denunciata la violazione degli artt. 2350, 2247, 2252, 1372 e 1321 c.c.. La sentenza impugnata è censurata laddove ha finito per escludere che le azioni di risparmio siano rappresentative di una quota astratta del capitale sociale, con ciò negando la possibilità di attribuire alle stesse il diritto a una parte proporzionale degli utili netti e del patrimonio netto risultante dalla liquidazione. Il terzo motivo lamenta la violazione e falsa applicazione dell'art. 2501 ter (non dell'art. 2501 bis, come invece indicato, per mero errore, nel ricorso), n. 3, e dell'art. 2247 c.c.. Osserva l'istante che nell'espressione «rapporto di cambio delle azioni», contenuta nella prima delle norme richiamate, il termine «azioni» è riferita alla quota sociale, sicché le società per azioni e le altre società in cui la partecipazione sociale è rappresentata, per l'appunto, da quote, si pongono sullo stesso piano. Il ricorrente evidenzia, inoltre, che la sentenza impugnata non avrebbe tenuto conto del fatto che l'art. 2501 ter c.c., al n. 3, parla di «rapporto» e non di «rapporti» di cambio. 2. — I tre motivi possono esaminarsi congiuntamente perché vertono sulla medesima questione, riguardata da diverse angolazioni, e non sono fondati. 2.1. — Il ricorrente lamenta, in sintesi, che il rapporto di cambio sia stato definito attribuendo alle azioni di risparmio un valore diverso — inferiore — rispetto a quello assegnato alle azioni ordinarie: il che avrebbe portato a una ingiustificata alterazione, in senso peggiorativo, della misura della propria partecipazione nella società incorporata, avendo specificamente riguardo al diritto all'utile di esercizio e al diritto alla quota in sede di liquidazione. 2.2. — Può osservarsi, in termini generali, che il rapporto di cambio dipende dalla discrezionalità tecnica degli amministratori, essendo influenzato non solo da valutazioni di carattere economico, ma anche da fattori diversi: sicché deve escludersi che esso sia univocamente desumibile dal rapporto
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