Cass. pen., sez. VI, sentenza 13/06/2023, n. 25372
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la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da M G, nato a Biccari il 26/3/1972 avverso la sentenza emessa il 6/5/2022 dalla Corte di appello di Lecce;visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;udita la relazione del consigliere P D G;lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale P L, che ha chiesto dichiararsi il ricorso inammissibile;letta la memoria depositata dall'avvocato A P, il quale conclude per l'accoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. La Corte di appello di Bari, in parziale riforma della sentenza di primo grado, confermava la condanna di G M per il reato di frode nelle pubbliche forniture, riconoscendo il beneficio della non menzione. La condanna veniva emessa sul presupposto che M, legale rappresentante della GAM s.r.I., società aggiudicatrice del servizio di refezione scolastica presso il Comune di Corsano, aveva impiegato, nella preparazione dei pasti, alimenti diversi da quelli espressamente indicati nel capitolato d'appalto. 2. Avverso tale sentenza, il ricorrente propone tre motivi di impugnazione. 2.1. Con il primo motivo, deduce violazione di legge processuale, sostenendo che la sentenza di primo grado è nulla, in conseguenza dell'omessa lettura del dispositivo al termine dell'udienza tenutasi in camera di consiglio, dinanzi al giudice dell'udienza preliminare che aveva celebrato il rito abbreviato. Il ricorrente giunge a tale conclusione evidenziando come il verbale di udienza non sarebbe stato riempito con l'indicazione dell'orario nel quale il giudice si ritirava per la decisione e del successivo orario in cui avrebbe dato lettura del dispositivo. Gli spazi deputati all'inserimento di tali indicazioni contenuti nel modello di verbale di udienza, infatti, risultavano lasciati in bianco. 2.2. Con il secondo motivo, deduce violazione degli artt. 356 cod.pen. e 97 Cost., nonché vizio di motivazione, avendo la Corte di appello ritenuto la responsabilità dell'imputato sulla base di una condotta omissiva, consistita nel mancato controllo sulla correttezza degli acquisti eseguiti dalla persona cui il ricorrente aveva conferito apposita delega. L'avvenuto riconoscimento di una condotta di "omesso controllo" non poteva, tuttavia, fondare la condanna per il reato di frode nelle pubbliche forniture che, integrando una fattispecie di pura condotta e non di evento, non può essere realizzato in forma omissiva. Sotto un diverso profilo, si censura la sentenza nella parte in cui non si è considerato che l'impiego di prodotti congelati„ anziché freschi, aveva garantito la somministrazione di alimenti maggiormente controllati e comportanti, peraltro, una maggiore onerosità. L'utilizzo di carni congelate era, peraltro, reso necessario dalle limitazioni alla macellazione derivanti dalle restrizioni imposte a seguito della cosiddetta "influenza aviaria". Infine, si sottolinea che gli alimenti impiegati erano tutti regolarmente annotati e dichiarati, come accertato in occasione dei due controlli eseguiti dai NAS, il che escluderebbe il requisito costitutivo del reato di cui all'art. 356 cod.pen., richiedente una qualche modalità fraudolenta, non essendo sufficiente il mero inadempimento contrattuale che, al più, potrebbe integrare il reato di cui all'art. 355 cod.pen. 2.3. Con il terzo motivo, deduce la violazione dell'art. 131-bis cod.pen., applicabile previa derubricazione del reato nell'ipotesi di cui all'art. 355 cod.pen.3. Il ricorso è stato trattato in forma cartolare. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso è fondato nei limiti di seguito indicati. 2. Manifestamente infondata è l'eccepita nullità della sentenza di primo grado, derivante dalla ritenuta omessa lettura del dispositivo, all'esito dell'udienza nella quale era stato celebrato il rito abbreviato. Sul punto vanno integralmente condivise le considerazioni svolte dalla Corte di appello, secondo cui il verbale di udienza dà pienamente conto dello svolgimento della discussione, del fatto che il giudice si sia ritirato in camera di consiglio e della successiva lettura del dispositivo. Il semplice fatto che sia stata omessa l'indicazione degli orari, essendo stati lasciati in bianco gli spazi a ciò dedicati nel verbale, non consente di desumerne che la lettura del dispositivo sia stata omessa. In buona sostanza, nel caso di specie si è verificata una mera incompletezza del verbale su elementi del tutto secondari (orario in cui il giudice è rientrato in aula per la lettura), la cui omissione non è idonea a dar luogo ad alcuna nullità. Né è corretto il richiamo compiuto dalla difesa al principio affermato da Sez.U, n. 12822 del 21/1/2010, Marcarino, Rv. 246269, secondo cui la sentenza pronunciata in appello all'esito di giudizio abbreviato deve essere pubblicata mediante lettura del dispositivo in udienza camerale dopo la deliberazione, e non mediante deposito in cancelleria. In tale pronuncia, infatti, si è espressamente chiarito che ove pure il giudice abbia omesso di dare lettura del dispositivo, la sentenza non è abnorme o nulla, verificandosi una mera irregolarità, che produce però effetti giuridici, impedendo il decorso dei termini per l'impugnazione. Nel caso di specie, non solo la Corte di appello ha correttamente escluso l'omessa lettura del dispositivo al termine dell'udienza, ma in ogni caso il ricorso in cassazione è stato tempestivamente depositato, sicchè la parte non può dedurre alcuna lesione del diritto di difesa 3. Il secondo motivo di ricorso propone una molteplicità di questioni, nell'ambito delle quali è necessario soffermarsi su quelle aventi portata dirimente. Il ricorrente censura la qualificazione della condotta in termini di frode nelle pubbliche forniture, sottolineando come non vi sia stato alcun tentativo di occultare l'utilizzo di alimenti diversi da quelli previsti nel capitolato d'appalto. Tutti gli ingredienti impiegati nella preparazione dei pasti erano annotati nell'apposito registro, tant'è che i NAS hanno agevolmente riscontrato la provenienza e la natura degli stessi. A fronte di tale contesto, sarebbe del tutto errato qualificare il fatto ai sensi dell'art. 356 cod.pen., dovendosi escludere che qualsivoglia difformità tra la prestazione pattuita e quella eseguita dia luogo ad un'ipotesi di frode.
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