Cass. civ., sez. III, sentenza 07/07/2010, n. 16024
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Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI N L F - Presidente -
Dott. F M - rel. Consigliere -
Dott. S A - Consigliere -
Dott. U G - Consigliere -
Dott. A A - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 14691/2006 proposto da:
L GPE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LIVIO ANDRONICO 24, presso lo studio dell'avvocato L R M T, rappresentato e difeso dall'avvocato D'AURA MATTALIANO Maria giusta delega a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
LO PRESTI OLIVA LPRLVO45T67L727E, elettivamente domiciliata in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall'Avvocato M A in 90138 P, VIA CONTESSA ADELASIA 5, giusta delega a margine del controricorso;
LO BUE GIUSEPPE LBOGPP55L01H070A, elettivamente domiciliato in ROMA presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall'Avvocato G L in 90143 P, VIA GENERALE ARIMONDI 2/Q, giusta delega a margine del controricorso;
- controricorrenti -
avverso la sentenza n. 835/2005 della CORTE D'APPELLO di P, Sezione Seconda Civile, emessa il 03/06/2005, depositata il 22/06/2005 R.G.N. 880/2002;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 11/06/2010 dal Consigliere Dott. MARIO FINOCCHIARO;
udito l'Avvocato ILARIA ROMAGNOLI (per delega dell'Avv. MARIA D'AURA MATTALIANO);
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GOLIA Aurelio, che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto 2 aprile 1993 Giuseppe LEONE ha convenuto in giudizio, innanzi al tribunale di Palermo Giuseppe LO BUE.
Premesso che questo ultimo, aveva acquistato da LO BUE Giuseppa e O L P un fondo rustico in Corleone in via violazione del diritto di prelazione spettategli quale affittuario coltivatore diretto dello stesso, l'attore ha dichiarato di volere riscattare tale fondo e - per l'effetto - chiesto fosse emessa sentenza costitutiva del trasferimento in suo favore della proprietà di tale fondo, per il prezzo indicato nell'atto pubblico di vendita. Costituitosi in giudizio il LO BUE ha resistito alla domanda avversaria, deducendone la infondatezza e chiedendo di essere autorizzato a chiamare in causa le proprie venditrici, dalle quali chiedeva di essere garantito.
Autorizzata la chiamata in causa di Giuseppa LO BUE e di LO PRESTI Oliva queste hanno fatto presente che il LEONE non aveva mai condotto in affitto il terreno oggetto di vendita chiedendo, pertanto, il rigetto sia della domanda attrice che della domanda di garanzia proposta dal LO BUE.
Svoltasi la istruttoria del caso nel corso della quale a seguito del decesso di Giuseppa LO BUE il processo era interrotto e riassunto con la costituzione in giudizio della O L P quale erede della defunta, l'adito tribunale, con sentenza 28 gennaio 2002 ha accolto la domanda attrice, dichiarando il diritto del LEONE a riscattare il fondo e disponendo, per l'effetto, il trasferimento coattivo del conto stesso in favore del LEONE a condizione del versamento del prezzo di Euro 9.038,00 oltre Euro 1.291,00 per spese e condanna di O L P a risarcire al LO BUE i danni liquidati in Euro 2.349,88, oltre interessi.
Gravata tale pronunzia in via principale dalla soccombente LO PRESTI, e in via incidentale dal LO BUE, la Corte di appello di Palermo nel contraddittorio anche del LEONE che ha chiesto il rigetto dell'avverso gravame, con sentenza 3-22 giugno 2005 in riforma della sentenza del primo giudice ha rigettato sia le domande del LEONE sia la domanda di garanzia proposta da LO BUE nei confronti della LO PRESTI, compensate tra le parti le spese di entrambi i gradi del giudizio.
Per la cassazione di tale ultima pronunzia, non notificata, ha proposto ricorso, affidato a 4 motivi L G, con atto 3 maggio 2006 e date successive.
Resistono, con distinti controricorso sia LO BUE sia la LO PRESTI che ha presentato, altresì, memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. I giudici del merito hanno negato che il LEONE fosse titolare del diritto di prelazione del fondo per cui è controversia atteso che lo stesso il 15 febbraio 1993 (e, pertanto, nel biennio precedente l'esercizio del diritto di riscatto, esercitato con atto 2 aprile 1993) ha venduto le quote di sua proprietà di due fondi rustici per un imponibile fondiario - quanto alle quote di sua pertinenza - pari a L. 8.574 (e, quindi, superiore a L. 1.000). 2. Il ricorrente censura nella parte de qua la pronunzia impugnata con i primi tre motivi.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente denunzia violazione e/o falsa applicazione delle norme di cui alla L. 26 maggio 1965, n. 590, art.8, ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione sul punto
decisivo della controversia risultante dalle prove acquisite al processo in relazione all'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5. Si osserva, infatti:
- poiché dal 1 gennaio 1974 la riforma tributaria ha sostituito al tributo diretto verso lo Stato quello del reddito dominicale, non è dubbio che, pur in mancanza di modifica, il riferimento al reddito dominicale di lire mille è divenuto dopo oltre quaranta anni dalla entrata in vigore della L. n. 590 del 1965 assolutamente inadeguato come sottolineato dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, nonché dalla dottrina che si è interessata al problema;
- come confermato dal certificato del notaio M se il valore di lire mille indicato dal citato art. 8 è rimasto invariato da oltre quaranta anni, i coefficienti catastali sono, invece, aumentati per effetto della rivalutazione in maniera abnorme, fino a 250 volte il valore che essi avevano nel 1965.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente denunzia violazione e/o falsa applicazione della L. 26 maggio 1965, n. 590, art. 8, in relazione all'art. 12 disp. gen., in relazione all'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, atteso che l'attività dell'interprete deve mirare a
ricercare il senso della norma, e la corte di cassazione non può ne' deve essere vincolata a sè stessa nell'attività di interpretazione del diritto, ne' tantomeno consolidare interpretazioni già cristallizzatesi perché il diritto è continuo divenire, e evoluzione costante.
In realtà alla inadeguatezza dei valori monetar cui fa riferimento il dato letterale della norma deve porre rimedio l'interprete - data la inerzia del legislatore - tenuto presente che proprio da un'errata in-terpretazione della norma nasce la maggiore sperequazione, perché se da un lato si adegua parte del testo normativo ai valori correnti (l'imponibile fondiario dato dalla somma dei due redditi dominicale ed agrario) dall'altro non si ritiene di adeguare la restante parte del testo (lire mille) lasciandolo totalmente immutato. 2.3. Con il terzo motivo il ricorrente denunzia - infine - omessa ed insufficiente motivazione e violazione e/o falsa applicazione della L. n. 590 del 1965, art. 8, in relazione all'art. 848 c.c., ed alla L. 31 gennaio 1994, n. 91, comma 2, lett. a) con riferimento agli artt. 3 - 44 e 47 Cost., in relazione all'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5. Si osserva - in particolare - che i giudici a quibus hanno omesso di esaminare il certificato rilasciato dal notaio M, nonché i due atti di vendita dallo stesso stipulati il 15 febbraio 1993, dai quali risultava che comunque nessuna vendita di fonti aveva fatto il LEONE.
Questo ultimo, infatti:
- ha ceduto la quota ideale spettategli (pari a un terzo dell'intero) di due piccoli fondi;
- tali fondi, erano al di sotto della unità culturale minima prevista dall'art. 848 c.c., oltre che dall'art. 44 Cost.;
- è fatto pacifico e notorio che nel 1965 anno della L. 26 maggio 1965, n. 590 per superare l'imponibile fondiario di L. mille
occorreva vendere circa tre ettari di terreno, mentre ora, basta vendere giusta l'assunto della sentenza impugnata un decimo di ettaro per superiore detto imponibile e vedersi negato il diritto di prelazione;
- di ciò si è reso puntualmente conto il legislatore con la L. gennaio 1994, n. 97, art. 4, che ha concesso agli eredi considerati affittuari ai sensi della L. 3 maggio 1982, n. 203, art. 49, il diritto di acquisto della proprietà delle porzioni di fondo comprese nelle quote degli altri coeredi, e tra i requisiti è compreso quello di non avere alienato altri fondi rustici di imponibile fondiario superiore a lire 500 mila ed è indubbio - quindi - che la L. n. 590 del 1965, art. 8, che impone il requisito della mancata vendita di
fondi con un imponibile fondiario superiore a lire mille opera una disparità di trattamento tra l'affittuario che esercita il diritto di prelazione e l'affittuario erede che in pratica esercita lo stesso diritto, con conseguente contrasto con gli artt. 44 e 47 Cost., oltre che dell'art. 3 Cost.. 3. I riassunti motivi - intimamente connessi e da esaminare congiuntamente - sono infondati.