Cass. civ., sez. III, sentenza 12/10/2010, n. 21020

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L'art. 10, terzo comma, della legge n. 97 del 2001, contenente la previsione di un termine di decadenza per l'avvio del procedimento disciplinare a carico di dipendenti pubblici per fatti commessi prima della sua entrata in vigore, non si applica, contrariamente ad altre norme della medesima legge, (relativa ai rapporti tra procedimento disciplinare, procedimento penale ed effetti del giudicato penale), ai procedimenti disciplinari a carico di notai, trattandosi di una disposizione che presuppone necessariamente la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato.

L'art. 366 bis cod. proc. civ., contenente la previsione della formulazione del quesito di diritto come condizione di ammissibilità del ricorso per cassazione, in quanto abrogato dall'art. 47 della l. n. 69 del 2009, non può essere applicato nei procedimenti davanti alla Corte di Cassazione relativi a procedimenti disciplinari concernenti i notai, introdotti dopo l'entrata in vigore della predetta legge, nonostante risulti ancora richiamato, per un evidente difetto di coordinamento normativo, nell'art. 158 ter della legge n. 89 del 1913.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. III, sentenza 12/10/2010, n. 21020
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 21020
Data del deposito : 12 ottobre 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VARRONE Michele - Presidente -
Dott. FINOCCHIARO Mario - Consigliere -
Dott. SEGRETO Antonio - rel. Consigliere -
Dott. AMENDOLA Adelaide - Consigliere -
Dott. D'AMICO Paolo - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 324/2010 proposto da:
GN NI *[...]*, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZALE DON MINZONI 9, presso lo studio dell'avvocato MARTUCCELLI Carlo, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati TAORMINA CARLO giusta delega a margine del ricorso, NAPOLITANO MARIA TERESA giusta procura speciale del Dott. Notaio PASQUALE LANDI in ROMA 20/7/2010, rep. 813;

- ricorrente -

contro
PROCURATORE REPUBBLICA PRESSO TRIBUNALE MONDOVÌ, elettivamente domiciliato ROMA presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE;

- controricorrente -

e contro
CONSIGLIO NOTARILE DISTRETTI CUNEO ALBA MONDOVÌ & SALUZZO, PROCURATORE GENERALE REPUBBLICA PRESSO CORTE APPELLO TORINO, COMMISSIONE AMMINISTRATIVA REGIONALE DISCIPLINA CIRCOSCRIZIONE PIEMONTE & VALLE D'AOSTA;

- intimati -

avverso la sentenza n. 74/2009 della CORTE D'APPELLO di TORINO, Sezione Prima Civile, emessa il 2/10/2009, depositata il 19/10/2009, R.G.N. 304/2009, 370/2009, 371/2009;

udito l'avvocato MARIA TERESA NAPOLITANO;

udito l'Avvocato CARLO MARTUCCELLI;

lette le conclusioni scritte dal Sostituto Procuratore Generale ENNIO ATTILIO SEPE che ha chiesto il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
A seguito di sentenza penale irrevocabile di condanna con la quale il notaio NN MA era stato ritenuto responsabile del reato di cui all'art. 479 c.p., il procuratore della repubblica presso il Tribunale di Mondovì il 31.7.2008 promuoveva procedimento disciplinare presso la Commissione regionale di disciplina per la circoscrizione del Piemonte e Valle d'Aosta, chiedendo la destituzione del medesimo per l'illecito disciplinare di cui alla L. n. 89 del 1913, art. 142 bis e art. 147, comma 1, lett. a), come
modificata dal D.Lgs. n. 249 del 2006. L'incolpazione consisteva nell'aver il notaio compromesso la dignità e la reputazione, nonché il decoro ed il prestigio della classe notarile, con la propria condotta consistita nell'avere, in sede di ricezione del testamento pubblico di AR IA, attestato falsamente che lo stesso conteneva la volontà della predetta, con dichiarazione di revoca di precedenti testamenti, tutto ciò contrariamente al vero, in quanto la detta testatrice, in coma irreversibile clinicamente accertato, e poi deceduta due giorni dopo la redazione del testamento, non era in condizioni di proferire parola e quindi esprimere qualsiasi volontà.
La Commissione, con decisione dell'12.1.2009 dichiarava la responsabilità del notaio e, concesse le attenuanti generiche, gli infliggeva la sanzione della sospensione per nove mesi. Avverso tale decisione proponevano reclamo sia il notaio MA\ che il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Mondovì. La corte di appello di Torino, con sentenza depositata il 19.10.2009, rigettava le censure proposte dal notaio MA\ ed, in accoglimento del reclamo del P.M., riformava in parte qua la decisione di prima istanza, escludendo la concessione delle attenuanti generiche ed applicando la sanzione della destituzione. Riteneva la corte di merito che nella fattispecie, trattandosi di illecito consumato da professionista lavoratore autonomo non fosse applicabile il termine decadenziale per il promovimento del procedimento disciplinare di cui alla L. n. 97 del 2001, art. 10, comma 3;
che non era maturata la prescrizione di cui alla L. n. 89 del 1913, art. 146, nell'originaria formulazione, stante la
sospensione dell'azione disciplinare fino all'esito del processo penale, giusta la sentenza additiva della Corte Costituzionale n. 40/1990;
che esaminata in concreto la gravità l'illecito e ritenuta la stessa al massimo livello, andava affermata la congruità della sanzione della destituzione;
che l'esistenza di altra condanna per illecito disciplinare (per quanto successivo a quello in esame) e la mancanza di altri elementi positivi, comportavano che non potessero essere concesse le attenuanti generiche.
Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione MA AN. Resiste con controricorso il Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Mondovì.
Il ricorrente ha presentato due memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1. In via preliminare va rilevato che ritualmente il presente procedimento camerale si è sviluppato con conclusioni scritte del P.G. (arg. ex art. 380 ter c.p.c.) in luogo della relazione del consigliere relatore (arg. ex art. 380 bis c.p.c.), non dovendosi ritenere la prima modalità necessaria ed esclusiva nel procedimento disciplinare notarile di legittimità.
Va in proposito ribadito quanto già affermato da questa Corte (ord. n. 6937 del 2010), secondo cui, poiché il procedimento in cassazione nel giudizio disciplinare notarile sia nel regime anteriore al D.Lgs. n. 249 del 2006, sia in quello successivo segue il rito camerale,
essendovi due specie di procedimento in camera di consiglio dopo il D.Lgs. n. 40 del 2006, e cioè quella di cui all'art. 380 bis e quella di cui all'art. 380 ter, a tale procedimento va applicata quest'ultima disciplina, poiché trattasi di procedimento a decisione necessaria camerale.

1.2. L'argomentazione va condivisa.
La L. n. 89 del 1913, art. 158 ter, aggiunto dal D.Lgs. 1 agosto 2006, n. 249, art. 46, si limita a statuire al comma quarto che "la
Corte di cassazione pronuncia con sentenza in camera di consiglio, sentite le parti".
Con tale disposizione si statuisce, quindi, che il procedimento di legittimità segue necessariamente il rito camerale e non solo eventualmente, allorché ricorranno le ipotesi di inammissibilità o di manifesta fondatezza o infondatezza (art. 375 c.p.c., nn. 1 e 5). A parte le prescrizioni che siano "sentite le parti" e che la decisione sia emessa "con sentenza" e non con ordinanza, la norma suddetta null'altro dispone.
Occorre, quindi far riferimento alle norme del codice di procedura civile, in tema di ricorso per cassazione, trattato con rito camerale
(come avviene per il procedimento davanti alla corte di appello, L. n. 89 del 1913, ex art. 158 bis).

1.3. Quanto alle modalità del rito camerale in cassazione, va osservato che quelle previste dall'art. 380 bis c.p.c., riguardano appunto le ipotesi in cui il rito camerale è solo eventuale, ravvisando il consigliere relatore le ipotesi di soluzione della decisione, di cui all'art. 375 c.p.c., nn. 1 e 5. Quando invece il rito camerale è disposto non sulla prognosi della soluzione del ricorso in una delle ipotesi specifiche previste dalla legge (art. 375, nn. 1 e 5), ma sulla base dell'oggetto del ricorso, e quindi, della natura della questione trattata, a prescindere da ogni ipotesi di decisione, si versa in fattispecie normativa di rito camerale necessaria e non eventuale, perché filtrata da una delibazione del relatore contenuta nella relazione. In questo caso le modalità del rito devono essere quelle stabilite dall'art. 380 ter.
Tale norma, infatti, è l'unica che tratta, sia pure con riguardo ai regolamenti di competenza e di giurisdizione, delle modalità del rito camerale nelle fattispecie a trattazione necessaria in camera di consiglio.
Ne consegue che al ricorso per cassazione nel procedimento disciplinare notarile si applica l'art. 380 ter c.p.c., con la conseguenza che il presidente può provvedere o a norma dell'art. 380 bis (con la nomina del relatore per l'eventuale relazione), o a richiedere al pubblico ministero le sue conclusioni scritte.

1.4. La riprova di quanto detto emerge anche da altra considerazione. Se il relatore nominato ai sensi dell'art. 380 bis, non ritiene che il giudizio si possa definire ai sensi dell'art. 375 c.p.c., nn. 1 e 5, e quindi non ritiene di dover effettuare alcuna relazione, rimette la causa al presidente, non perché possa essere disposta l'udienza pubblica (ostando a ciò la L. n. 89 del 1913, art. 158 ter), come avviene normalmente (salve le ipotesi id cui all'art. 375, nn. 2 e 3, rilevate dal relatore nominato ai sensi dell'art. 377, comma 1), ma perché sia fissata l'udienza camerale. In quest'ultimo caso il presidente deve pur sempre richiedere al P.G. le sue conclusioni scritte e, quindi, per questa via ritornare alle modalità di cui all'art. 380 ter.
Infatti, oltre alla notifica ai difensori del decreto di fissazione dell'adunanza camerale, l'art. 380 bis, prevede che sia notificata la relazione del consigliere relatore, mentre l'art. 380 ter, prevede la notifica delle conclusioni scritte del P.G..
Non è invece prevista dal codice di rito una modalità di fissazione dell'adunanza senza che sia notificata ai difensori delle parti una valutazione di definizione del ricorso, espressa o dal consigliere relatore (nella relazione) o dal P.G.(nelle conclusioni). Sennonché il primo può provvedere alla relazione solo nel caso in cui ritiene il ricorso inammissibile o manifestamente fondato o manifestamente infondato. Fuori da questa ipotesi e se non si ritenesse applicabile l'art. 380 ter, si avrebbe la fissazione dell'adunanza, senza che ai difensori delle parti siano comunicate nè la relazione ne' le conclusioni del P.G..

2. Sempre preliminarmente va dichiarata l'infondatezza dell'eccezione di inammissibilità del ricorso ex art. 366 bis c.p.c., sul rilievo che il quesito di diritto, imposto dalla L. n. 89 del 1913, art. 158 ter, ed introdotto nella legge notarile dal D.Lgs. n. 249 del 2006, art. 46, non risultava abrogato dalla L. n. 69 del 2009, che pure
aveva abrogato l'art. 366 bis c.p.c.. Effettivamente la L. n. 89 del 1913, art. 158 ter, vigente, dispone che "Contro la sentenza della corte d'appello è ammesso ricorso per cassazione nei casi previsti dall'art. 360 cod. proc. civ., nn. 3) e 5). Si applica l'art. 366 bis cod. proc. civ.". Osserva questa Corte che il ricorso per cassazione proposto nell'ambito del procedimento disciplinare notarile anche per procedimenti promossi anteriormente all'1 giugno 2007, deve presentare i requisiti richiesti da tale mezzo impugnatorio nella data in cui esso viene utilizzato, in assenza di

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