Cass. civ., sez. III, sentenza 10/04/2014, n. 8405
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Costituisce domanda nuova, come tale inammissibile, la richiesta di ripetizione dei canoni di locazione superiori alla misura legale versati anche nel corso di causa, ovvero successivamente alla data di proposizione della domanda, in quanto si fonda su presupposti di fatto diversi da quelli prospettati con la pretesa originaria, e comporta un mutamento del fatto costitutivo del diritto fatto valere, senza che possa estendersi analogicamente a tale fattispecie l'ipotesi eccezionale di condanna in futuro di cui all'art. 664, primo comma, cod. proc. civ., la quale consente, a chi abbia intimato sfratto per morosità, di ottenere l'ingiunzione per il pagamento, oltre che dei canoni già scaduti, anche dei canoni da scadere.
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. B G M - Presidente -
Dott. D'ALESSANDRO Paolo - Consigliere -
Dott. S A - Consigliere -
Dott. V E - rel. Consigliere -
Dott. R M - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 29348-2010 proposto da:
F A (FNTLSN75C62D009J), elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE ANGELICO 70, presso lo studio dell'avvocato P G, rappresentata e difesa dall'avvocato C I giusta delega a margine;
- ricorrente -
contro
MANISCALCO FRANCESCA (MNSFNC32D49G273G) e MANISCALCO ROSA (MNSSRS25A26G273D);
- intimate -
avverso la sentenza n. 1184/2009 della CORTE D'APPELLO di P, depositata il 19/10/2009, R.G.N. 2313/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/02/2014 dal Consigliere Dott. E V;
udito l'Avvocato C I;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. G G, che ha concluso per il rigetto del ricorso. RITENUTO IN FATTO
1. - Il Tribunale di Palermo, in accoglimento della domanda proposta da F A con atto di citazione del 30 aprile 2002, dichiarava cessata al 1 settembre 2002 la locazione dell'immobile condotto da Maniscalco Rosa e Francesca;
in accoglimento, poi, della domanda riconvenzionale proposta dalle conduttrici convenute, condannava la F al pagamento in loro favore della somma di Euro 17.165,333, corrispondente agli importi dalle predette versati in misura superiore al canone dovuto in forza della L. n. 392 del 1978, artt. 12 e ss.;
fissava, inoltre, la misura dell'indennità di
occupazione dovuta dalle Maniscalco dal 1 novembre 2002 al 1 agosto 2005.
2. - Avverso tale decisione proponeva appello principale F A, affinché fosse dichiarata la sua carenza di legittimazione passiva in ordine alla domanda riconvenzionale accolta dal primo giudice o che, comunque, questa fosse ritenuta inammissibile e/o infondata.
Resistevano al gravame Maniscalco Rosa e Francesca, formulando altresì appello incidentale per ottenere la condanna della F al pagamento sia della differenza tra quanto da esse corrisposto per indennità di occupazione e quanto effettivamente dovuto, sia della somma di Euro 568,11 a titolo di deposito cauzionale versato. 3. - Con sentenza resa pubblica il 19 ottobre 2009, la Corte di appello di Palermo rigettava l'appello principale ed accoglieva in parte quello incidentale.
3.1. - Per quanto ancora interessa in questa sede, la Corte territoriale, in relazione all'impugnazione principale, rigettava anzitutto il motivo concernente la dedotta nullità del giudizio di primo grado per "lesione del litisconsorzio necessario processuale" in riferimento alla domanda riconvenzionale di restituzione di indebito per canoni pagati in eccesso, formulata come "domanda di condanna di una pluralità di debitori solidali".
Il giudice del gravame osservava che la domanda non era stata mai formulata dalla F e che, del resto, "l'obbligazione solidale passiva (ipotizzata in primo grado dalle convenute in relazione al debito della parte locatrice per le somme ricevute in eccedenza sull'equo canone e dedotta dalla F a sostegno del motivo di appello)" non determinava una ipotesi di inscindibilità delle cause e non dava luogo dunque ad un litisconsorzio necessario, essendo peraltro principio generale, non derogato in materia di locazione, quello della solidarietà delle obbligazioni in capo a più locatori, non comportante un rapporto unico ed inscindibile e, quindi, il litisconsorzio necessario tra i coobbligati.
3.2. - La Corte territoriale affermava, poi, che la legittimazione passiva della F in ordine alla domanda riconvenzionale discendeva "dalla sua qualità di locatrice, che ha dato inizio alla presente causa intimando la licenza per finita locazione". 3.3. - Quanto, inoltre, alla determinazione del canone, il giudice di appello rilevava che, a fronte di una domanda riconvenzionale che indicava "tutte le caratteristiche dell'appartamento condotto in locazione", la F si era limitata, in primo grado, "a chiedere il rigetto della domanda stessa in modo del tutto generico". Sicché, sussistendo in grado di appello il divieto di domande ed eccezioni nuove, ai sensi dell'art. 437 c.p.c., comma 2, erano inammissibili le questioni introdotte dalla appellante solo in sede di gravame;
cosi come erano inammissibili le prove orali richieste, ed i documenti prodotti, solo in appello a sostegno delle "nuove eccezioni". 3.4. - La Corte territoriale riteneva, poi, provata la domanda riconvenzionale proposta in primo grado quanto all'effettivo versamento del canone in misura maggiore a quello legale in ragione della mancata risposta della F all'interrogatorio formale deferitole e delle risultanze testimoniali (deposizioni di B G ed E).
3.5. - Il giudice di appello escludeva, infine, il vizio di ultrapetizione della sentenza impugnata là dove aveva condannato l'appellante al pagamento delle differenze dei canoni maturatesi dopo il 27 maggio 2002, osservando che la locazione era cessata al 1 settembre 2002, ma che la data del rilascio era stata fissata per il 28 ottobre 2002, sicché era corretta la decisione del Tribunale che aveva condannato la F al pagamento delle somme percepite in misura eccedente il canone legale "durante la vigenza del contratto, cosi come richiesto dalle conduttrici".
4. - Per la cassazione di tale sentenza ricorre F A affidando le sorti dell'impugnazione a quattro motivi, illustrati da memoria.
Non hanno svolto attività difensiva le intimate Maniscalco Rosa e Maniscalco Francesca.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. - Con il primo mezzo è denunciata la violazione degli artt. 101 e 102 cod. proc. civ., artt. 752, 754, 1292, 1294 e 1295 cod. civ., nonché vizio di motivazione.
La Corte territoriale non si sarebbe pronunciata, anzitutto, sull'erroneità del rigetto della richiesta di integrazione del contraddittorio da parte del giudice di primo grado, a fronte delle domande riconvenzionali, proposte dalle convenute anche nei confronti degli altri coeredi, germani di essa ricorrente, per la determinazione dell'equo canone, delle "differenze pagate in eccesso alle locatrici pro tempore e di condanna al rimborso di tali differenze". Avrebbe poi errato sia nel reputare insussistente un litisconsorzio necessario, sia nel ritenere che le obbligazioni dedotte in giudizio fossero solidali, là dove, invece, avrebbe dovuto distinguere tre periodi del rapporto locatizio (quello con la Pitarresi, originaria locatrice e usufruttuaria dell'immobile;
quello con la Giangrieco, in capo alla quale si era consolidato l'usufrutto anzidetto con la nuda proprietà;
quello erroneamente attribuito ad essa ricorrente, dopo la morte della Giangrieco) e, quantomeno, riconoscere tra gli eredi l'esistenza di obbligazioni parziarie, ai sensi degli artt. 752 e 754 cod. civ.. Peraltro, avendo le convenute chiesto l'accertamento, con efficacia di giudicato, della determinazione dell'equo canone dell'immobile, delle differenze di canone e delle conseguenti condanne anche nei confronti di tutti i germani F, il giudice di appello non avrebbe potuto esimersi dall'integrazione del contraddittorio con tutte le parti, cui la causa era comune.
1.1. - Il motivo è in parte infondato e in parte inammissibile. La Corte territoriale, contrariamente a quanto dedotto dalla ricorrente, ha espressamente affrontato lo scrutinio del motivo di gravame con il quale la medesima F si doleva della mancata integrazione del contraddittorio in primo grado a fronte della domanda riconvenzionale "di restituzione di indebito per canoni pagati in eccesso", da intendersi "formulata come domanda di condanna di una pluralità di debitori solidali" (cfr. sentenza impugnata p. 7) e lo ha risolto rilevando che nessuna istanza in tal senso, "nei confronti degli altri comproprietari dell'immobile", era stata avanzata dalla originaria attrice in primo grado, ne' la stessa aveva mai dedotto "che la causa fosse comune ad altri, ne' chiesto di chiamare in giudizio alcuno". Il giudice di merito ha poi soggiunto che l'obbligazione solidale non determina una inscindibilità di cause e, dunque, non da luogo a litisconsorzio necessario;
principio, quello della solidarietà, non derogato in materia di locazione e, segnatamente, di obbligazioni facenti capo a più locatori. La soluzione, cui la Corte territoriale è giunta (in controversia soggetta al rito speciale di cui all'art. 447-bis cod. proc. civ.), risulta anzitutto rispondente alla prospettazione della parte appellante con lo specifico motivo di gravame (cfr. ricorso pp. 10 e 11, nelle quali è trascritto il primo motivo di appello), in cui si faceva leva esclusivamente sull'esistenza di una obbligazione solidale tra i vari condebitori, "tutti comproprietari