Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 28/05/2021, n. 14992

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 28/05/2021, n. 14992
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 14992
Data del deposito : 28 maggio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

te Ud. 19/01/2021 SENTENZA PU sul ricorso 22632-2014 proposto da: AZIENDA U.S.L. DI REGGIO EMILIA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

SAVERIO MERCADANTE N.

9, presso lo studio dell'avvocato A A, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato 2021 ROSSELLA SCIOLTI;
208

- ricorrente -

contro

-^REGIONE EMILIA ROMAGNA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZA GRAZIOLI N.

5, presso lo studio dell'avvocato R R V, che la rappresenta e difende;
- GILIOLI PAOLA MIRELLA, AMADEI PATRIZIA, ANGELINI LEONARDO, ARTONI ANNA MARIA, BELLONI LORETTA, BENATTI PAOLA, BENEDETTI ANNALISA, BERTANI DELIANA, BEVOLO PIERA ANNA, BINACCHI ANNALISA, BIZZARRI CHIARA, BONNER IVONNE, BUSSOLATI NICOLA, DANESI FRANCESCA, DI GIROLAMO DANIELE, DODI ANGELA, GIAMPIETRI LORENA, LAMANTEA RUGGERO, MARTINELLI FRANCA, MARTINELLI MARIO, MIZZI ALESSANDRA, MORUZZI GIULIANA, NERI FLAVIA, NICOLACI ANTONIO, NIZZOLI RITA, PACE ANNA, PASCARELLA CARMINE, PENNAGLIA DANILA MARIA, PETAZZINI LUIGI, RESSMAN MAURO, SANGIORGI ANNA MARIA, TROMELLINI CARLA, VETTA SILVANA, tutti elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

COSSERIA

2, presso ALFREDO PLACIDI, rappresentati e difesi dall'avvocato FEDERICO GUALANDI;

- controricorrenti -

avverso la sentenza n. 493/2014 della CORTE D'APPELLO di BOLOGNA, depositata il 06/05/2014 R.G.N. 1248/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/01/2021 dal Consigliere Dott. CATERINA MAROTTA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ROBERTO MUCCI che ha concluso per accoglimento del ricorso per quanto di ragione;
udito l'Avvocato A A;
udito l'Avvocato CLAUDIA DE CURTIS per delega verbale Avvocato FEDERICO GUALANDI;
udito l'Avvocato A A per delega verbale Avvocato R R V. R. Gen. N. 22632/2014

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d'appello di Bologna ha respinto l'appello dell'Azienda U.S.L. di Reggio Emilia avverso la sentenza del Tribunale di Reggio Emilia che, decidendo sulle domande proposte dai dirigenti sanitari non medici in servizio presso l'Azienda indicati in epigrafe, disattesa l'eccezione di carenza di giurisdizione del giudice ordinario e dichiarato il difetto di legittimazione passiva della Regione Emilia-Romagna, aveva condannato l'A.U.S.L. convenuta al pagamento delle somme rispettivamente dovute ai ricorrenti a titolo di differenze per retribuzione di risultato per gli anni 1999-2001 in virtù dell'art.61 del c.c.n.l. di settore, quantificate sulla base delle risultanze peritali.

2. La richiesta dei dirigenti era fondata sul presupposto che l'A.U.S.L. avesse proceduto ad una determinazione (riduttiva) del fondo per tale retribuzione sulla base dell'accordo regionale del 12 aprile 1991, recepito dalla Giunta Regionale con deliberazione n. 1039 del 16 aprile 1991, che in modo illegittimo aveva introdotto una distinzione tra 'fondi virtuali' e 'fondi reali' che si assumeva fosse assolutamente sconosciuta al legislatore nazionale ed aveva proceduto ad una identificazione dei fondi di produttività di cui agli artt. 57 e ss. del d.P.R. n. 384/1990 con i 'fondi reali' vigenti per l'anno 1993. 2. La Corte territoriale ha ritenuto: - che sulla carenza di legittimazione passiva della Regione Emilia-Romagna si fosse formato il giudicato;
- che sussistesse la giurisdizione dell'adito giudice ordinario atteso che il dato storico dell'avverarsi dei fatti materiali e delle circostanze in relazione alla cui giuridica rilevanza era insorta la controversia era costituito dall'accordo collettivo stipulato in data 12.7.2001 tra ARAN e organizzazioni firmatarie del c.c.n.l. del 1996 con cui era stato interpretato autenticamente l'art. 61 del c.c.n.l. del 5.12.1994, posto a base delle pretese e che comunque la domanda avesse ad oggetto rivendicazioni retributive e dunque una posizione di diritto soggettivo;
- che fosse da respingere l'eccezione di nullità del ricorso ex art. 414 nn. 3, 4 e 5 cod. proc. civ. per essere lo stesso sufficientemente specificato;
- che, quanto al merito, fossero da richiamare i precedenti di questa Corte nn. 28248/2007 e n. 18463/2012;
- che fossero corretti i conteggi elaborati dal c.t.u.. 3. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'Azienda U.S.L. di Reggio Emilia con quattro motivi.

4. Hanno resistito con controricorso i dipendenti indicati in epigrafe.R. Gen. N. 22632/2014 5. La Regione Emilia-Romagna ha proposto controricorso adesivo alle ragioni del ricorso dell'A.U.S.L.. 6. La causa è stata chiamata ed introitata per la decisione all'adunanza camerale del 13 novembre;
quindi, a seguito di riconvocazione del collegio in data 28 gennaio 2020, è stata rimessa alla pubblica udienza.

5. L'Azienda U.S.L. di Reggio Emilia e la Regione Emilia-Romagna hanno depositato memorie (sia in prossimità dell'adunanza camerale sia prima della pubblica udienza).

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 45, comma 17, d.lgs. n. 80/1998 e s.m.i. (ora art. 69, comma 7, d.lgs. n. 165/2001) ed erronea interpretazione delle norme poste a disciplina della questione dedotta, di cui in via principale all'art. 61 del c.c.n.l.

5.12.1996 richiamato dall'art. 52 c.c.n.l.

8.6.2000 e relativi atti, provvedimenti ed accordi aziendali applicativi, erroneità ed insufficienza della motivazione. Lamenta che la Corte territoriale abbia ritenuto sussistente la giurisdizione del giudice ordinario venendo in discussione provvedimenti amministrativi dei quali non era giammai stata chiesta la disapplicazione e/o l'annullamento.

2. Il motivo è infondato. Come da questa Corte già affermato, in sede di regolamento di giurisdizione in un giudizio del tutto speculare al presente (v. Cass. 6 luglio 2011, n. 14829), poiché è pacifico, da un lato, che l'accordo del 12 luglio 2001 è stato stipulato ai sensi dell'art. 49, comma 2, del d.lgs. n. 165/2001 e, dall'altro, che la domanda, intesa come petitum sostanziale è basata sull'applicazione dell'art. 61 del c.c.n.l. del 5.12.1994, come interpretato autenticamente in base al citato accordo, deve concludersi che, in applicazione del principio sopra enunciato, il dato storico dell'avverarsi dei fatti materiali e delle circostanze in relazione alla cui giuridica rilevanza sia insorta la controversia al quale deve farsi riferimento ai fini della ripartizione della giurisdizione è appunto l'accordo del 12 luglio 2001. Ed infatti il diritto controverso deve essere verificato alla luce della norma contrattuale invocata come interpretata autenticamente dal citato accordo, il quale, come si rileva dall'art. 49, comma 2, prima citato, ha efficacia retroattiva e quindi incide anche sulle pretese relative a periodi precedenti al 30 giugno 1998.R. Gen. N. 22632/2014 In applicazione del principio sopra enunciato deve ritenersi, pertanto, che la controversia rientri nella giurisdizione del giudice ordinario. Né può indurre a conclusioni diverse la tesi, prospettata nel ricorso dell'Azienda Sanitaria ricorrente, secondo cui la presente controversia riguarderebbe, in via principale, la legittimità di atti amministrativi di macro- organizzazione adottati dalla P.A. nell'esercizio del suo potere pubblicistico. Deve infatti osservarsi che la domanda proposta dinanzi al Tribunale di Reggio Emilia aveva ad oggetto la determinazione della giusta retribuzione di risultato e, per l'effetto, la corresponsione delle differenze retributive spettanti agli odierni controricorrenti. Anche a voler ritenere il fondo per la retribuzione di risultato, previsto dall'art. 61 del citato contratto collettivo e costituito con delibera aziendale, come atto di macro-organizzazione, questo rientrerebbe comunque nella categoria degli atti amministrativi (presupposti) di gestione del rapporto di lavoro. Sul punto le Sezioni Unite di questa Corte (cfr., ad esempio, Cass., Sez. Un., 7 novembre 2008 n. 26799) hanno chiarito che in tema di impiego pubblico privatizzato, la previsione del d.lgs. n. 165/2001, art. 63, che conferma la sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario anche "se vengono in questione atti amministrativi presupposti e quando questi ultimi siano rilevanti ai fini della decisione", giacché in tal caso il giudice li disapplica ove illegittimi, trova attuazione allorché il lavoratore, in riferimento a quegli atti, li contesti unicamente in ragione della loro incidenza diretta o indiretta su posizioni di diritto soggettivo derivanti dal rapporto lavorativo, così da rendere possibile la loro mera disapplicazione. Nel caso di specie, come sopra evidenziato, appare evidente che la posizione fatta valere dai dirigenti sanitari è di diritto soggettivo.

3. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione dell'art. 61, comma 2, del c.c.n.l. 5.12.1996, richiamato dall'art. 52 c.c.n.l.

8.6.2000 e relativi atti, provvedimenti ed accordi aziendali applicativi, erroneità ed insufficienza della motivazione. Censura la sentenza impugnata per aver fatto discendere il diritto alla maggiore retribuzione ed alla corresponsione delle quote di retribuzione di risultato direttamente dalle disposizioni pattizie e senza tener conto del fatto che, ai sensi dell'art. 62 del medesimo c.c.n.I., la retribuzione di risultato è R. Gen. N. 22632/2014 corrisposta nel rispetto delle disponibilità finanziarie oltre che di tutto il complesso meccanismo attuativo e delle modalità di finanziamento dei fondi di incentivazione. Richiama, in particolare, il meccanismo di costituzione del fondo per il finanziamento della retribuzione di risultato costituito ai sensi del d.P.R.'d.PiP. 28 dicembre 1990 n. 384, artt. 57 e ss., e gli accordi regionali attuativi di detto d.P.R.. Sostiene che tali accordi attuativi avevano dovuto adeguarsi alla normativa introdotta dalla I. n. 407/1990 e rileva che l'art. 5 di detta legge aveva previsto, con riferimento alle ridotte risorse economiche e ad una maggiore responsabilizzazione delle Regioni nell'ambito della spesa sanitaria, che per l'istituto dell'incentivazione della produttività dovessero essere applicate le norme definite nel d.P.R. n. 384/1990 limitatamente ad inderogabili esigenze operative individuate dalle Regioni. Richiama (e trascrive) l'accordo quadro regionale approvato con delibera di G.R. n. 1039-88/91 (mai impugnato da parte degli originari ricorrenti) evidenziando che lo stesso prevedeva che il finanziamento dell'istituto dell'incentivazione della produttività dovesse essere determinato correlando le previsioni di cui al d.P.R. n. 384/1980 alle situazioni di inderogabili esigenze operative nelle quali poteva essere attivato l'Istituto e stabiliva che le procedure di rideterminazione dei fondi previste dagli artt. 58, 62 e 66 del d.P.R. n. 384/1980 avrebbero dovuto formare, per ciascuna U.S.L., i 'fondi virtuali' da destinare all'applicazione dell'istituto e che i 'fondi di incentivazione reali' sarebbero stati poi costituiti, in ciascuna U.S.L., "secondo i criteri dettati dalla Regione in coerenza con le previsioni del presente accordo". Assume che la Regione Emilia-Romagna non era mai intervenuta, in sede decentrata, a determinarej l'entità dei fondi e sostiene che, in ogni caso, legittimamente tali criteri erano stati fissati in sede di accordi presi in sede locale. Sostiene che le UU.SS.LL. avevano provveduto legittimamente a determinare gli stanziamenti di bilancio sulla base delle indicazioni di cui all'accordo quadro regionale e che per 'stanziamenti' che solo le singole UU.SS.LL. avrebbero potuto effettivamente determinare si intendevano i 'fondi reali'.R. Gen. N. 22632/2014 Aggiunge che nel 1992, l'accordo regionale aveva rimandato agli stanziamenti del 1991 prevedendo una serie di condizioni incrementali che, però, il d.l. n. 333/92, conv. in I. n. 359/1992 aveva vanificato vincolando i fondi alla consistenza degli stanziamenti del 1991. Anche per il 1993 i fondi erano stati determinati nello stesso importo del 1991 (con accordo sottoscritto da tutti i sindacati). Era quindi intervenuta la I. n. 537/1993 che, all'art. 8, comma 3, aveva stabilito che per il comparto sanità l'importo dei fondi di incentivazione di cui agli artt. 58 e 124 del d.P.R. n. 384/1990 non potesse eccedere il 70% degli stanziamenti relativi al 1991. Con delibera di G.R. n. 2538/1995 i fondi di incentivazione alla produttività per gli anni 1994 e 1995 erano stati rideterminati rendendosi la Regione Emilia-Romagna garante di un 10°/0 in più che, però, era stato bloccato dal Ministero.
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