Cass. civ., SS.UU., sentenza 05/10/2007, n. 20843
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Le funzioni esercitate in materia disciplinare dai Consigli locali dell'Ordine degli avvocati, e il relativo procedimento, hanno natura amministrativa e non giurisdizionale, sicchè la disciplina procedimentale non è mutuabile, nelle sue forme, dal codice di procedura penale e, in particolare, non è prevista né la fase delle indagini preliminari, conseguente alla ricezione della notizia dell'infrazione disciplinare, né una fase istruttoria vera e propria. Ne consegue che, nel caso in cui il Consiglio dell'Ordine proceda a raccogliere informazioni e documentazione, ex art. 47 r.d. n. 37 del 1934, non sussiste alcun obbligo di informarne l'incolpato con avvisi o convocazioni, prima dell'atto di citazione di cui al successivo art. 48.
Nel caso dell'azione disciplinare a carico di un avvocato, esercitata per fatti costituenti reato per i quali sia iniziata l'azione penale, la prescrizione decorre dal passaggio in giudicato della sentenza penale, restando irrilevante, alla luce della disciplina dell'art. 44 r.d.l. 27 novembre 1933, n.1578, il periodo decorso dalla commissione del fatto fino all'instaurazione del procedimento penale, anche ove, nelle more, il Consiglio dell'Ordine, avutane notizia, abbia avviato il procedimento disciplinare, per poi sospenderlo a fronte dell'esercizio dell'azione penale.
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRISCUOLO Alessandro - Primo Presidente f.f. -
Dott. PREDEN Roberto - Presidente di sezione -
Dott. TRIFONE Francesco - Consigliere -
Dott. SETTIMJ Giovanni - Consigliere -
Dott. SALVAGO Salvatore - rel. Consigliere -
Dott. FORTE Fabrizio - Consigliere -
Dott. TOFFOLI Saverio - Consigliere -
Dott. TIRELLI Francesco - Consigliere -
Dott. BALLETTI Bruno - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
IN IM, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GREGORIO VII 269, presso lo studio dell'avvocato TESTORI CARLO, rappresentata e difesa dall'avvocato SATTA Francesco Luigi, giusta delega in calce al ricorso;
- ricorrente -
contro
CONSIGLIO DELL'ORDINE DEGLI AVVOCATI DI NUORO, CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE, PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE;
- intimati -
avverso la decisione n. 57/06 del Consiglio nazionale forense di ROMA, depositata il 13/09/06;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 10/07/07 dal Consigliere Dott. Salvatore SALVAGO;
udito l'Avvocato Francesco Luigi SATTA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PALMIERI Raffaele, che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con decisione del 15 novembre 2004, il Consiglio dell'ordine degli avvocati di NU infliggeva all'avv. Simonetta Pinna la sanzione disciplinare della sospensione degl'esercizio della professione per la durata di anni uno, perché ritenuta responsabile di avere in concorso con altri tentato di procurare l'evasione del detenuto EN SC, consegnandogli un telefono cellulare nella cella della casa di reclusione di NU, e condannata per tale reato dal Tribunale di NU con sentenza del 15 novembre 2000, - nonché di altri fatti di rilievo disciplinare pur se non integranti reato,consistenti in rapporti personali e confidenziali intrattenuti con il detenuto nel corso dei colloqui presso la casa circondariale di Badu e Carros, nonché nello scambio di corrispondenza di contenuto erotico-amoroso e di oggetti comunque estranei all'esercizio del suo ministero.
L'impugnazione del professionista è stata respinta dal Consiglio nazionale forense con decisione del 13 settembre 2006;la quale ha osservato (per quanto qui ancora interessa): a) che le incolpazioni erano specifiche e già contenute nella Delib. consiliare 21 novembre 2000, di apertura del procedimento,ove era stata recepita da un lato l'imputazione per il delitto di procurata tentata evasione addebitato all'avv. Pinna in sede penale ed erano stati aggiunti, dall'altro, gli ulteriori illeciti disciplinari inerenti al rapporto confidenziale ed eccessivamente affettuoso dalla stessa mantenuto con il detenuto: poi riportati nell'atto di citazione in modo più analitico;
b) che il procedimento si era svolto regolarmente a cominciare dalla menzionata delibera comunicata all'incolpata, che aveva interrotto la prescrizione anche degli illeciti non integranti reato fino alla citazione notificatale il 22 novembre 2001;
c) che l'illecito consistito nell'aver contribuito al tentativo di evasione del SC mediante la consegna del telefonino, era dimostrato dalla menzionata sentenza del Tribunale, confermata dalla Corte di appello e, poi, definitivamente dalla Cassazione, che aveva reso definitiva e non più contestabile, per il disposto dell'art. 653 cod. proc. pen., la responsabilità del professionista: peraltro
ribadita dalle ulteriori risultanze esaminate in sede penale, nonché dalle deposizioni degli agenti penitenziari assunte nel procedimento disciplinare;
d) che sempre queste risultanze e gli accertamenti compiuti dai giudici penali, peraltro costituenti indispensabili presupposti logico-giuridici della ritenuta responsabilità del reato addebitato all'avv. Pinna, inducevano a confermarne la responsabilità anche per i comportamenti deontologicamente scorretti dalla stessa tenuti durante i colloqui in carcere con il SC, giustamente sanzionati dal Consiglio dell'ordine non già per il contenuto delle lettere a costui consegnate, ma per le modalità non consentite con cui la consegna era avvenuta, che avevano arrecato grave compromissione del prestigio, della dignità e del decoro della professione forense.
Per la cassazione della sentenza, il professionista ha proposto ricorso per tre motivi. Nessuno degli intimati ha spiegato difese. MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo del ricorso, l'avv. Pinna, deducendo violazione del R.D.L. n. 1578 del 1933, art. 38 e segg., art. 44 e segg., Reg. appr. con R.D. n. 37 del 1934, art. 47 e segg., censura la decisione impugnata per non aver dichiarato la nullità del procedimento svolto davanti al Consiglio dell'ordine, iniziato dalla Delib. 21 novembre 2000, che poteva considerarsi soltanto un atto prodromico alla contestazione degli addebiti ed a cui non aveva fatto seguito alcun'altra delibera che provvedeva a tale incombenza e scioglieva le riserve formulate dalla prima. Il Presidente del consiglio dell'ordine,invece,aveva sua sponte emesso la citazione a giudizio senza alcuna delibera collegiale di rinvio a giudizio, senza acquisire le prove pur disposte da quella del 2000, senza mostrarle le risultanze istruttorie raccolte e soprattutto senza farle conoscere i completi e definitivi addebiti mossi onde consentirle l'esercizio del diritto di difesa: perciò in violazione dei precetti contenuti negli artt. 24 e 111 Cost.. Con il secondo motivo,insistendo nella violazione delle ricordate disposizioni legislative, si duole che il Consiglio nazionale non abbia dichiarato la nullità dell'intero procedimento anche per la mancata completa formulazione delle incolpazioni, e per essersi il giudizio articolato su una imputazione differente rispetto a quella provvisoriamente delibata;
e soprattutto per l'abnorme provvedimento di rinvio a giudizio contenuto nell'atto di citazione che, essendo stato adottato soltanto in data 22 novembre 2001, era intervenuto ben dopo lo spirare del termine massimo di prescrizione degli illeciti addebitati.
Entrambi i motivi sono infondati.
Non è anzitutto esatto che la Delib. 21 novembre 2000, del Consiglio dell'ordine forense di NU, adottata ai sensi del R.D.L. n. 1578 del 1933, art. 38, non contenesse o indicasse solo genericamente le
incolpazioni ed i fatti su cui esse si fondavano, poi addebitati all'avv. Pinna: in quanto la decisione impugnata ha accertato (e la ricorrente sostanzialmente confermato) che il provvedimento indicava nella parte dispositiva la chiara ed inequivoca volontà del Consiglio di "aprire procedimento disciplinare" a carico della stessa "per i fatti esposti in premessa";
ove erano specificamente riportati non solo l'incolpazione coincidente con quella per cui il legale era allora sottoposto a procedimento penale, ma anche gli specifici fatti su cui la stessa si fondava, nonché le norme di legge che si ritenevano violate: in conformità, del resto, al disposto del successivo art. 44 secondo cui "l'avvocato o il procuratore che sia stato sottoposto a procedimento penale è sottoposto anche, qualora non sia stato radiato a termini dell'art. 42, a procedimento disciplinare per il fatto che ha formato oggetto
dell'imputazione....".
La stessa ricorrente, poi, ha dato atto che la medesima delibera riferiva altresì che dalla motivazione dell'ordinanza del giudice penale applicativa della misura cautelare, erano emersi "ulteriori fatti, seppure non integranti reato, di rilievo disciplinare", che ancora una volta il provvedimento consiliare ha espressamente elencato, individuandone tempi e località "nel corso dei colloqui con il recluso EN SC presso la casa circondariale di Badu Carros";
e raggruppandoli in due tipologie di comportamenti, considerati entrambi lesivi delle regole di deontologia professionale, costituito il primo dal "rapporto eccessivamente confidenziale ed affettuoso" intrattenuto durante i colloqui suddetti con il SC. Ed il secondo dallo "scambio di lettere personali ed oggetti all'insaputa del personale penitenziario". Per cui è del tutto corretta la conclusione cui è pervenuto il Consiglio nazionale forense che dette contestazioni, assolutamente specifiche e redatte con la tecnica propria degli atti penali, contengano assai più di quanto richiesto dalla giurisprudenza di questa Corte per porre l'incolpato in grado di approntare in modo efficace la