Cass. civ., sez. II, sentenza 22/09/2004, n. 19001

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. II, sentenza 22/09/2004, n. 19001
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 19001
Data del deposito : 22 settembre 2004
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. C V - Presidente -
Dott. E A - Consigliere -
Dott. S G - Consigliere -
Dott. M D C L - rel. Consigliere -
Dott. S G - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
AGRITEMA SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore P R, elettivamente domiciliato in

ROMA VIA TARO

35, presso lo studio dell'avvocato I M, che lo difende unitamente all'avvocato P R R, giusta delega in atti;



- ricorrente -


contro
ANGLO PORTUGUESA DE PRODUTOS QCOS LDA con sede in LISBONA, in persona del suo legale rappresentante pro tempore J M M D M E C;



- intimato -


avverso la sentenza n. 1779/00 della Corte d'Appello di TORINO, depositata il 18/12/00;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 01/07/04 dal Consigliere Dott. L M D C;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. U F che ha concluso per il rigetto del ricorso. SNTO DEL PROCESSO
Con atto notificato il 27/5/1993 la s.r.l. Agritema conveniva in giudizio la Anglo Portuguesa de Productos Quimicos Lda chiedendone la condanna al risarcimento dei danni - pari a L.

1.123.926.000 da compensarsi con il credito della convenuta di L. 224.601.490 - per inadempimento contrattuale. La società attrice sosteneva di aver sottoscritto in data 19/2/1986 un contratto di vendita con il quale la convenuta si era impegnata a venderle pali di eucalipto trattati chimicamente, quali elementi di sostegno per piantagioni di kiwi, promettendo una garanzia di durata ventennale. Fin dai primi mesi del 1989, però, si erano verificati fenomeni di marcescenza di tali pali. Il rapporto contrattuale era proseguito sino al 1992 quando essa Agritema aveva sospeso il pagamento delle forniture chiedendo che l'importo delle fatture non pagate fosse compensato con i danni da perdita di immagine e di clientela e da ritardo nella consegna della merce.
La società convenuta, costituitasi, chiedeva il rigetto della domanda e, in via riconvenzionale, la condanna della Agritema al pagamento del riconosciuto debito di L. 224.601.490. Con sentenza 8/11/1999 l'adito tribunale di Saluzzo rigettava la domanda principale ed accoglieva quella riconvenzionale. Il giudice di primo grado affermava, tra l'altro, che era intervenuta la prescrizione dell'azione promossa dalla Agritema per il decorso del termine annuale di cui all'articolo 1495 c.c. Quanto alla garanzia il tribunale rilevava che il contratto non era chiaro sulla avvenuta prestazione della stessa da parte della venditrice e che, comunque, era preferibile l'interpretazione data dalla convenuta secondo cui la garanzia era stata prestata a favore degli acquirenti finali e non della concessionaria.
La detta sentenza veniva impugnata dalla Agritema con atto al quale resisteva la società appellata.
Con sentenza 18/12/2000 la corte di appello di Torino accoglieva il gravame limitatamente al punto concernente la liquidazione delle spese del giudizio di primo grado. La corte di merito osservava: che, come rilevato dal tribunale, al momento della proposizione dell'azione il termine prescrizionale annuale era ormai decorso in riferimento a tutte le forniture;
che non risultava provata la data in cui si era verificato il riconoscimento del vizio da parte della venditrice;
che, in ogni caso, tale data andava collocata nell'anno 1989;
che per le forniture successive la missiva del 18/9/1992 conteneva un riconoscimento dell'esistenza di problemi ai pali di eucalipto formulato in termini generici che non consentivano il riferimento a particolari casi;
che non si trattava di un riconoscimento puro e semplice della fondatezza della tesi della Agritema, ma di una possibile spiegazione tecnica del fenomeno lamentato e della pretesa di veder dimostrata ogni futura doglianza;

che era pertanto ineccepibile la decisione del primo giudice che aveva ritenuto prescritte le azioni riguardanti le forniture completate a tutto il 22/12/1989 e le forniture successive risalenti al più tardi al 1992;
che non vi era la prova del riferimento dell'asserito riconoscimento a specifiche forniture;
che non vi era stata la volontà delle parti di sostituire all'originario rapporto uno nuovo avente diverso oggetto o titolo;
che difettava e non era stata offerta la prova della novazione del rapporto originario;
che, come emergeva dal tenore delle conclusioni dell'attrice, l'azione promossa non aveva riguardato la risoluzione per inadempimento del contratto di concessione di vendita del 19/2/1986 nel quale non erano stati indicati prezzi, caratteristiche, termini di garanzia e consegna;
che pertanto la detta domanda non era proponibile in appello;
che nella specie non si trattava di consegna di aliud pro alio in quanto la capacità di resistere alle intemperie era una qualità promessa del prodotto mancando la quale lo stesso non diventava un bene merceologicamente diverso;
che era irrilevante la produzione dei 23 documenti nei quali risultava che la garanzia era stata prestata alla Agritema, trattandosi di pochissimi casi rispetto al totale;
che del resto, come era nozione comune, la garanzia per i beni seriali non spetta mai al concessionario, bensì all'acquirente;

che non esisteva, ne' era stata offerta, la prova che proprio quelli di cui ai documenti prodotti erano i casi in cui si erano lamentati inconvenienti;
che la sussistenza dei ritardi lamentati non emergeva dal quadro probatorio posto che i documenti al riguardo citati dall'appellante erano tutti di provenienza del medesimo;
che il tenore dei capi della prova orale dedotta in proposito era generico;

che era quindi evidente l'infondatezza della censura relativa all'accoglimento della domanda riconvenzionale di parte convenuta, le cui forniture non erano state pagate, stante la ritenuta infondatezza e tardività delle doglianze dell'acquirente nonché la carenza di prova circa il fondamento dell'eccezione di inadempimento;
che la detta carenza di prova non era superabile mediante l'assunzione della prova orale dedotta dall'attrice in quanto generica ed inidonea allo scopo.
La cassazione della sentenza della corte di appello di Torino è stata chiesta dalla s.r.l. Agritema con ricorso affidato a sette motivi. La società intimata non ha svolto attività difensiva in sede di legittimità.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso la s.r.l. Agritema denuncia violazione degli articoli 1495 e 1496 c.c., nonché vizi di motivazione, sostenendo che la corte di appello ha errato nel non aver rispettato il consolidato principio giurisprudenziale secondo cui il riconoscimento che il venditore faccia dei vizi della cosa venduta da vita ad una nuova autonoma obbligazione di garanzia soggetta all'ordinario termine di prescrizione quando sia accompagnata dall'impegno di eliminare i vizi stessi in sede di esecuzione del contratto. Nella specie una corretta interpretazione dei fatti di causa impone l'applicazione del detto principio risultando dai documenti prodotti un inequivoco riconoscimento dei difetti della res da parte della venditrice con il collegato impegno di quest'ultima di sostituire le cose vendute con altre non difettose. L'offerta di sostituzione dei pali difettosi, cui ha aderito essa ricorrente, ha fatto sorgere una nuova obbligazione sottratta ai termini di prescrizione di cui all'articolo 1495 c.c.. Con il secondo motivo la società ricorrente, denunciando violazione dell'articolo 1230 c.c. in relazione all'articolo 1326 c.c. e vizi di motivazione, deduce che nella specie, al contrario di quanto affermato dalla corte di appello, vi è la prova della novazione del rapporto e della volontà delle parti di sostituire al rapporto originario uno nuovo. Infatti essa Agritema ha aderito agli impegni (sostituzione dei pali difettosi) assunti dalla venditrice: così si è realizzato rincontro delle volontà delle parti e si è verificata la sostituzione del rapporto originario. Sussistono quindi l'animus novandi, la causa novandi e l'aliquid novi (ossia il mutamento dell'oggetto della obbligazione). F' poi errata l'affermazione del giudice di secondo grado secondo cui non risulterebbe provata la data del riconoscimento dei vizi da parte della venditrice. Tale riconoscimento - come è pacifico e non contestato - si è avuto in occasione della visita in Italia del titolare della Anglo Portuguesa nel 1989 con la presa d'atto dell'esistenza dei difetti dei pali. Il riconoscimento dei vizi può poi avvenire anche tacitamente come si è verificato nel caso in esame posto che la venditrice, al cospetto dei vizi denunciati, ha ritenuto prima di dover far analizzare la qualità dei pali e poi di promettere la sostituzione. Il diritto alla garanzia non si è poi prescritto neppure per i pali forniti nel 1992 per i quali il fenomeno della marcescenza non si era ancora manifestato al momento della proposizione della domanda introduttiva del giudizio e si è verificato solo in corso di causa.
Con il terzo motivo la ricorrente denuncia violazione dell'articolo 1731 c.c. per aver la corte di appello errato nell'escludere la
riferibilità dell'azione proposta da essa Agritema ai danni conseguiti all'inadempimento del contratto di concessione di vendita del 19/2/1986 e nell'affermare che tali danni sarebbero invece riconducibili ai singoli contratti di fornitura. Al contrario nella domanda di essa ricorrente non solo si fa espresso riferimento al detto contratto ma è nell'ambito dell'esecuzione di tale contratto che sono state lamentate le inadempienze ed in relazione alle quali è stata formulata la richiesta di risarcimento. D'altra parte oggetto del contratto era anche quello di dar vita ad una collaborazione tra le parti per estendere l'area degli affari ed acquisire nuova clientela. Essa Agritema andava quindi garantita e legittimamente ha fatto valere le garanzie legate al contratto di concessione: l'inadempimento della Anglo Portuguesa non è quindi riferibile ai singoli contratti di vendita che altro non sono che l'esecuzione del contratto di concessione. La domanda di essa Agritema doveva essere interpretata, secondo il suo contenuto sostanziale, come volta ad ottenere il ristoro dei danni derivati dalla non corretta esecuzione del contratto di concessione da parte della Anglo Portuguesa.
Con il quarto motivo la Agritema denuncia violazione dell'articolo 1495 c.c., in relazione agli articoli 1453 e 2946 c.c., sostenendo
che ha errato la corte di merito nell'affermare che la fornitura dei pali non aveva riguardato cose che erano altre rispetto a quella promesse. In effetti un palo che non ha le caratteristiche tecniche per assolvere alla funzione cui è destinato è cosa diversa dal palo fornito di tali requisiti. Nella specie si è quindi nei termini della fornitura di aliud pro alio.
Con il quinto motivo la ricorrente denuncia violazione dell'articolo 115 c.p.c. deducendo che essa Agritema ben poteva provare per
testimoni che per i primi anni tutte le garanzie erano state ad essa intestate. Al riguardo non è dato opporre il riferimento alla asserita nozione di comune esperienza secondo cui la garanzia non spetta al concessionario ma all'acquirente: detta circostanza non rientra infatti nella fattispecie del notorio.
Con il sesto motivo la Agritema denuncia violazione degli articoli 1455, 2697 e 2724 c.c. e vizi di motivazione sostenendo che a torto
il giudice del merito ha ritenuto di scarsa importanza gli inadempimenti ed i ritardi nelle consegne: il detto giudice sarebbe giunto a conclusioni diverse ove avesse considerato che la complessità e la intensità del rapporto non potevano attenuare la valenza negativa del fenomeno della marcescenza dei pali e del ritardo nella consegna, con conseguenti doglianze da parte degli acquirenti.
Non vi è stata poi tolleranza da parte di essa ricorrente in ordine ai ritardi ove si considerino i rilievi al riguardo formulati. La Corte rileva l'infondatezza delle dette numerose censure che - per evidenti ragioni di ordine logico e per economia di trattazione e di motivazione - possono essere esaminate congiuntamente per la loro stretta connessione ed interdipendenza riguardando le stesse tematiche (sia pur sotto profili diversi) e risolvendosi tutte essenzialmente, quale più quale meno anche se titolate come violazione di legge e come vizi di motivazione, nella prospettazione di una diversa analisi del merito della causa, inammissibile in sede di legittimità, nonché nella pretesa di contrastare apprezzamenti di fatti e di risultanze probatorie o il risultato del giudizio di fatto della corte di appello con riferimento in particolare: a) all'avvenuto o meno riconoscimento dei vizi - con connesso impegno ad eliminare tali vizi - da parte della Anglo Portuguesa (primo motivo);

b) all'interpretazione della lettera della Anglo Portuguesa del 18/9/1992 (primo motivo);
c) alla ravvisabilità nella specie della volontà delle parti di dar vita ad un nuovo rapporto in sostituzione di quello originario (secondo motivo);
d) all'interpretazione ed all'individuazione del contenuto della domanda come proposta dalla Agritema (terzo motivo per la parte concernente il contratto di concessione);
e) alla sussistenza della fornitura di aliud pro alio (quarto motivo);
f) al rifiuto di ammissione dei richiesti mezzi istruttori ed al ricorso alle nozioni di comune esperienza in relazione alla garanzia al concessionario o all'acquirente nel caso di prodotti seriali (quinto motivo);
g) alla sussistenza ed alla gravita degli inadempimenti della ditta fornitrice e dei ritardi nelle consegne (sesto motivo).
Si tratta di attività che sono tutte prerogative del giudice del merito e la cui motivazione al riguardo non è sindacabile in sede di legittimità se - come nella specie - sufficiente ed esente da vizi logici e da errori di diritto: il sindacato di legittimità è sul punto limitato al riscontro estrinseco della presenza di una esauriente motivazione che consenta di individuare le ragioni della decisione e l'iter argomentativo seguito nell'impugnata sentenza. Occorre in proposito osservare che, come più volte affermato da questa Corte, costituiscono compiti affidati al giudice del merito:
a) l'accertamento se vi sia stato da parte del venditore il semplice riconoscimento dell'esistenza dei vizi della cosa venduta (il che impedisce il verificarsi a carico del compratore della decadenza di cui all'art. 1495 comma 2 c.c. per la mancata denuncia dei vizi entro il termine di otto giorni dalla loro scoperta, previsto nel comma 1 dello stesso articolo, ma non vale ad interrompere il decorso del termine annuale di prescrizione del diritto alla garanzia per i vizi stessi, previsto dall'art. 1495 comma 3) ovvero se il venditore oltre a riconoscere i vizi, si sia impegnato ad eliminarli (nel qual caso si configura a suo carico un'obbligazione nuova ed autonoma, rispetto a quella di garanzia, non soggetta al termine di prescrizione previsto dall'art. 1495 c.c., bensì all'ordinaria prescrizione decennale) (in tali sensi, tra le tante, sentenze 16/7/2002 n. 10288;

12/5/2000 n. 6089);

b) l'esame e l'apprezzamento delle risultanze istruttorie, l'interpretazione dei documenti esibiti, l'individuazione dei relativi effetti (sentenze 7/8/2003 n. 11933;
6/2/2003 n. 5742
);

c) l'interpretazione della domanda e dell'ampiezza del suo contenuto (sentenze 7/5/2002 n. 6526;
9/1/2002 n. 179;
6/7/2001 n. 9208
);

d) lo stabilire in concreto se si tratti di merce soltanto affetta da vizi o difetti, oppure di merce addirittura diversa da quella pattuita (sentenza 15/5/1998 n. 4899);

e) l'accogliere o il rigettare l'istanza di ammissione di mezzi istruttori specie quando il giudice del merito abbia, con ragionamento logico e giuridicamente corretto, ritenuto di aver già raggiunto la certezza degli elementi necessari per decidere: tale giudizio non deve necessariamente essere espresso potendo desumersi per implicito dal complesso della motivazione (sentenze 19/8/2000 n. 11011;
11/8/2000 n. 10719;
29/1/1993 n. 1113
);

f) l'esercizio sia positivo che negativo del potere discrezionale di far ricorso al notorio ed alle nozioni di comune esperienza (sentenze 19/8/2003 n. 12112;
17/1/2003 n. 609;
24/4/2002 n. 5978
);

g) l'accertamento della sussistenza e della gravità dell'inadempimento ed il giudizio di comparazione in ordine al comportamento di ambo le parti per statuire quale di essa, in relazione ai rispettivi interessi ed all'oggettiva entità degli inadempimenti, si sia resa responsabile delle trasgressioni maggiormente rilevanti e causa del comportamento della controparte nonché della conseguente alterazione del sinallagma (sentenze 4/11/2003 n. 16530;
4/1/2002 n. 59;
3/1/2002 n. 27
). Ciò posto va rilevato che - come ampiamente riportato nella parte narrativa che precede - la corte di appello ha proceduto alla attenta e puntuale disamina delle risultanze istruttorie e, sulla base di elementi e circostanze qualificanti, ha affermato che: a) dall'esame dei documenti esibiti e delle risultanze istruttorie (con riferimento alla visita della ditta fornitrice nel 1989 ed alla lettera di quest'ultima del 18/9/1992) emergeva il riconoscimento da parte della Anglo Portuguesa dell'esistenza di problemi ai pali forniti formulato però in termini generici e non riferiti a particolari casi trattandosi più di una spiegazione tecnica che di un riconoscimento dei vizi, senza alcuna volontà di sostituire al rapporto originario un nuovo rapporto: b) a tutto concedere il riconoscimento di vizi e difetti poteva essere collegato a specifiche forniture non identificabili, alla luce degli elementi probatori acquisiti, a quelle indicate dalla Agritema e da questa poste a base della domanda avanzata nei confronti della Anglo Portuguesa;
c) il capo di prova per testi dedotta al riguardo da parte attrice era privo del requisito di specificità;
d) l'azione proposta dalla Agritema si riferiva ai singoli contratti di fornitura e non al contratto di concessione di vendita del 19/2/1986 che aveva formato oggetto di specifica domanda solo in appello;
e) la merce fornita non era di genere diverso da quello pattuito;
f) non vi era prova del riferimento alle forniture oggetto della domanda della Agritema dei documenti da questa prodotti concernenti la garanzia prestata dalla Anglo Portuguesa in favore della concessionaria e non dei destinatati finali del prodotto venduto come si verificava normalmente secondo le nozioni di comune esperienza;
g) i ritardi nelle consegne erano "fisiologici" e, comunque, il quadro probatorio non dimostrava la sussistenza dei detti ritardi ed in proposito le prove orali dedotte erano del tutto generiche.
La corte di appello è pervenuta alle dette conclusioni - che costituiscono esatta applicazione dei principi di diritto fissati nella sopra riportata giurisprudenza di legittimità in tema di riconoscimento dei vizi della cosa venduta - attraverso argomentazioni complete ed appaganti, improntate a retti criteri logici e giuridici, nonché frutto di un'indagine accurata delle risultanze istruttorie riportate nella decisione impugnata. Il giudice di secondo grado ha dato conto delle proprie valutazioni, circa i riportati accertamenti in fatto, esponendo adeguatamente le ragioni del suo convincimento.
Alle dette valutazioni la ricorrente contrappone le proprie, ma della maggiore o minore attendibilità di queste rispetto a quelle compite dal giudice del merito non è certo consentito discutere in questa sede di legittimità, ciò comportando un nuovo autonomo esame del materiale delibato che non può avere ingresso nel giudizio di Cassazione.
Dalla motivazione della sentenza impugnata risulta chiaro che la corte di appello, nel porre in evidenza gli elementi probatori favorevoli alle tesi della Agritema ha implicitamente espresso una vantazione negativa delle contrapposte tesi della Anglo Portuguesa. In definitiva, poiché resta istituzionalmente preclusa in sede di legittimità ogni possibilità di rivalutazione delle risultanze istruttorie, non può la ricorrente pretendere il riesame del merito sol perché la valutazione delle accertate circostanze di fatto come operata dal giudice di secondo grado non collima con le sue aspettative e confutazioni.
Sono pertanto insussistenti gli asseriti vizi di motivazione e le dedotte violazioni di legge che presuppongono una ricostruzione dei fatti diversa da quella ineccepibilmente effettuata dal giudice del merito. Va aggiunto - con riferimento alle doglianze relative all'omesso od errato esame delle lettere della Portuguesa del 5/6/1989 e del 14/11/1989 (delle quali non si fa alcun cenno nella sentenza impugnata) nonché del 18/9/1992, all'errata interpretazione dei fatti di causa e delle prove raccolte, all'omessa ammissione dei mezzi istruttori richiesti - che le dette censure non sono meritevoli di accoglimento anche per la loro genericità, oltre che per la loro incidenza in ambito di apprezzamenti riservati al giudice del merito. Nel giudizio di legittimità il ricorrente che deduce l'omessa o l'erronea vantazione delle risultanze probatorie ha l'onere (in considerazione del principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione) di specificare il contenuto delle prove mal (o non) esaminate, indicando le ragioni del carattere decisivo dell'asserito errore di valutazione: solo così è consentito alla corte di cassazione accertare - sulla base esclusivamente delle deduzioni esposte in ricorso e senza la necessità di indagini integrative - l'incidenza causale del difetto di motivazione (in quanto omessa, insufficiente o contraddittoria) e la decisività delle prove erroneamente valutate perché relative a circostanze tali da poter indurre ad una soluzione della controversia diversa da quella adottata. Il mancato esame di elementi probatori, contrastanti con quelli posti a fondamento della pronuncia, costituisce vizio di omesso esame di un punto decisivo solo se le risultanze processuali non o mal esaminate siano tali da invalidare l'efficacia probatoria delle altre risultanze sulle quali il convincimento si è formato, onde la "ratio decidendi" venga a trovarsi priva di base. Al riguardo è sufficiente ribadire che per poter configurare il vizio di motivazione su un asserito punto decisivo della controversia è necessario un rapporto di causalità logica tra la circostanza che si assume trascurata e la soluzione giuridica data alla vertenza, si da far ritenere che quella circostanza se fosse stata considerata avrebbe portato ad una decisione diversa.
Nella specie il ricorso è carente sotto l'indicato aspetto in quanto non riporta il contenuto specifico e completo delle prove documentali cui si fa genericamente cenno nelle censure in esame e non fornisce alcun dato valido per ricostruire, sia pur approssimativamente, il senso complessivo di tali risultanze probatorie. La detta omissione non consente di verificare l'incidenza causale e la decisività dei rilievi al riguardo mossi dal ricorrente.
Sotto altro aspetto le censure concernenti gli asseriti errori che sarebbero stati commessi dal giudice di appello nel ricostruire i fatti di causa sono inammissibili risolvendosi nella tesi secondo cui l'impugnata sentenza sarebbe basata su affermazioni contrastanti con gli atti del processo e frutto di errore di percezione o di una mera svista materiale degli atti di causa. Trattasi all'evidenza della denuncia di travisamento dei fatti contro cui è esperibile solo il rimedio della revocazione. Secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale di questa Corte, la denuncia di un travisamento di fatto, quando attiene al fatto che sarebbe stato affermato in contrasto con la prova acquisita, costituisce motivo di revocazione e non di ricorso per cassazione importando essa un accertamento di merito non consentito in sede di legittimità (sentenze 9/8/2002 n. 12807;
1/6/2002 n. 7965;
3/2/2000 n. 1195
). In ordine poi alle censure circa la mancata ammissione della chiesta prova testimoniale, si impone il preliminare rilievo della genericità della loro formulazione, essendo omessa la puntuale indicazione delle specifiche circostanze sulle quali avrebbe dovuto svolgersi la prova testimoniale rifiutata dalla corte di appello e riducendosi la doglianza ad una apodittica affermazione di rilevanza in re ipsa da riconoscere al contenuto dei capitoli di prova come articolati. Costituisce, invero, jus receptum che il ricorrente il quale, in sede di legittimità, denunci la mancata ammissione, da parte del giudice del merito, di una prova testimoniale, ha l'onere di indicare specificatamente le circostanze che formavano oggetto della prova al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività dei fatti da provare e, quindi, delle prove stesse che, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, la Corte di Cassazione deve essere in grado di compiere solo sulla base delle deduzioni contenute nell'atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative (nei sensi suddetti, sentenze di questa Corte 29/10/2001 n. 13413;
10/10/2000 n. 13483;
12/5/2000 n. 6115;
12/5/1999 n. 4684;
24/2/1998 n. 1988
). B' appena il caso di evidenziare, infine, l'inammissibilità della censura sviluppata con il secondo motivo di ricorso relativa ai pali forniti nel periodo dal marzo al luglio 1992 la cui garanzia sarebbe stata richiesta in corso di causa per essersi i vizi manifestati solo dopo l'inizio della controversia. Dalla lettura della sentenza impugnata non risolta che le problematiche esposte con tale censura abbiano formato oggetto del giudizio di secondo grado, in quanto rientranti tra le questioni dibattute in appello, ne' la ricorrente ha affermato di aver inserito nei motivi di gravame le dette problematiche. Incombeva invece alla Agritema dedurre di aver prospettato tali questioni onde dar modo alla corte di cassazione di controllare "ex actis" la veridicità di tale asserzione. Le tesi esposte dalla ricorrente con il motivo in esame non sono quindi deducibili in questa sede di legittimità perché introducono per la prima volta un autonomo e diverso sistema difensivo che postula indagini e valutazioni non compiute dai giudice di appello perché non richieste.
Con il settimo motivo la ricorrente denuncia violazione degli articoli 2967 e 1460 c.c. e 116 c.p.c. deducendo che il quadro delle clamorose inadempienze della Anglo Portuguesa avrebbe dovuto imporre ai giudici del merito il rifiuto dell'accoglimento della domanda riconvenzionale avendo essa Agritema fatto legittimo uso del principio di cui all'articolo 1460 c.c.. L'infondatezza del motivo emerge con immediatezza laddove si considerino sia le osservazione sopra esposte nell'esame degli altri motivi di ricorso (in particolare del sesto relativo agli asseriti inadempimenti e ritardi nelle consegne da parte della venditrice) sia principalmente quanto posto in evidenza dalla corte di appello in ordine alla mancanza di prova circa i lamentati vizi e difetti e le dedotte inadempienze della Anglo Portuguesa con specifico riferimento alle forniture non pagate dalla Agritema ed oggetto della domanda riconvenzionale avanzata dalla ditta fornitrice ed ineccepibilmente accolta dai giudici del merito.
Il ricorso deve pertanto essere rigettato.
Nulla da provvedere sulle spese del giudizio di cassazione nel quale l'intimata società non ha svolto attività difensive.

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