Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 24/01/2014, n. 1480
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In materia di contratti a termine, l'art. 4 bis del d.lgs. 6 settembre 2001, n. 368, introdotto dall'art. 21, comma 1 bis, della legge 6 agosto 2008, n. 133, secondo il quale, in caso di violazione delle norme in materia di opposizione e proroga del termine del contratto di lavoro, il datore di lavoro era tenuto unicamente a corrispondere un indennizzo limitatamente ai giudizi già in corso alla data di sua entrata in vigore, è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo (sentenza Corte costituzionale n. 214 del 14 luglio del 2009), sicché resta esclusa l'applicazione della norma suddetta nel caso in cui la sentenza di merito sia intervenuta prima dell'entrata in vigore della legge n. 133 del 2008 e il giudizio di cassazione sia stato celebrato dopo la dichiarazione di incostituzionalità.
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. L A - Presidente -
Dott. T L - Consigliere -
Dott. B U - rel. Consigliere -
Dott. A R - Consigliere -
Dott. M R - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 23192-2008 proposto da:
RAI Radiotelevisione italiana - Società per Azioni, a seguito della fusione in Rai Holding Società per Azioni, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II 326, presso lo studio degli avvocati SCOGNAMIGLIO RENATO e SCOGNAMIGLIO CLAUDIO, che la rappresentano e difendono unitamente all'avvocato R E, giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
P L;
- intimata -
Nonché da:
P L, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE ANGELICO 35, presso lo studio dell'avvocato D'AMATI DOMENICO, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato C C, giusta delega in atti;
- controricorrente e ricorrente incidentale -
contro
Radiotelevisione italiana - Società per Azioni, a seguito della fusione in Rai Holding Società per Azioni, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II 326, presso lo studio degli avvocati SCOGNAMIGLIO RENATO e SCOGNAMIGLIO CLAUDIO, che la rappresentano e difendono unitamente all'avvocato R E, giusta delega in calce al ricorso;
- controricorrente al ricorso incidentale -
avverso la sentenza n. 4473/2007 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 26/09/2007 r.g.n. 4774/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26/11/2013 dal Consigliere Dott. UMBERTO BERRINO;
udito l'Avvocato PORCELLI VINCENZO per delega SCOGNAMIGLIO RENATO;
udito l'Avvocato C C;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELESTE Alberto, che ha concluso per l'accoglimento dodicesimo, assorbimento tredicesimo e quattordicesimo, rigetto per il resto del ricorso principale, inammissibilità o in subordine assorbito ricorso incidentale.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza 5/6 - 26/9/2007 la Corte d'Appello di Roma ha accolto l'impugnazione proposta da P Lucilia avverso la sentenza del giudice del lavoro del Tribunale capitolino, con la quale le era stata respinta la domanda tesa all'accertamento dell'illegittimità dell'apposizione del termine a quattordici contratti intercorsi con la R.A.I spa in qualità di programmista-regista nel periodo 1986 - 2001, e di conseguenza ha dichiarato che tra le parti era intercorso un rapporto di lavoro a tempo indeterminato a decorrere dal 2/1/1986 e che lo stesso era proseguito dopo il 26/9/2001. Nel contempo la Corte ha condannato l'azienda radiotelevisiva a corrispondere all'appellante le retribuzioni maturate dal 10/10/2001, maggiorate degli accessori di legge, ed alle spese del doppio grado di giudizio. La Corte, dopo aver escluso che l'accordo conciliativo del 17/9/98 avesse potuto incidere sui diritti quesiti della lavoratrice, dal momento che lo stesso conteneva solo una clausola di differimento temporale di eventuali azioni giudiziarie, ha rilevato che un primo gruppo di contratti era stato stipulato in violazione della L. n. 230 del 1962, art. 1, comma 2, lett. e) per mancanza dei requisiti della
specificità degli spettacoli o dei programmi per i quali era avvenuta l'assunzione a termine e del vincolo di necessità diretta dell'apporto del lavoratore a quegli stessi spettacoli o programmi. Analoghe considerazioni valevano, secondo la Corte, per i rimanenti contratti a termine stipulati in applicazione della L. n. 56 del 1987, art. 23 in sede di rinnovo del ccnl per il personale della RAI
del 5.4.1997. La Corte territoriale ha, altresì, escluso che potesse configurarsi nella fattispecie una ipotesi di risoluzione del contratto per mutuo consenso, atteso che la prolungata collaborazione lavorativa eseguita dalla P per quindici anni ad intervalli più o meno regolari non consentiva di attribuire al silenzio serbato per alcuni periodi ed alla tardiva contestazione il valore negoziale di una acquiescenza per disinteresse alla prosecuzione del rapporto. Infine, la società appellata non aveva fornito la prova dell'eccezione del dedotto "aliunde perceptum".
Per la cassazione della sentenza propone ricorso la R.A.I s.p.a. con quattordici motivi.
Resiste con controricorso P L che propone, a sua volta, ricorso incidentale affidato a quattro motivi, al cui accoglimento si oppone la RAI spa.
Entrambe le parti depositano memoria ai sensi dell'art. 378 c.p.c.. MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente va disposta la riunione dei ricorsi ai sensi dell'art. 335 c.p.c.. 1. Col primo motivo del ricorso principale, proposto per violazione o falsa applicazione dell'art. 1372 cod. civ., la società radiotelevisiva si duole del rigetto del motivo d'appello prospettato con riferimento alla eccezione della intervenuta risoluzione del rapporto per mutuo consenso sulla scorta dei seguenti fatti:
l'inerzia serbata dalla lavoratrice, sia nell'intervallo tra un contratto e l'altro che alla cessazione del rapporto prima della proposizione della domanda giudiziale, il rifiuto di sottoscrizione di un contratto a termine e la sottoscrizione di contratti di lavoro autonomo dopo la costituzione di rapporti di lavoro a tempo determinato.
2. Col secondo motivo la ricorrente ripropone la stessa questione di cui alla precedente censura sotto il diverso aspetto della carenza di motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio costituito dal contegno concludente tenuto dalla lavoratrice, la quale si era rifiutata di sottoscrivere un contratto di lavoro a tempo determinato ed aveva, invece, stipulato due contratti di lavoro autonomo, dimostrando, in tal modo, di non aver interesse a proseguire il rapporto lavorativo subordinato con l'azienda radiotelevisiva.
Per ragioni di connessione i primi due motivi possono essere trattati congiuntamente.
Ebbene, i suddetti motivi sono infondati.
Invero, l'indirizzo consolidato di questa stessa Sezione (Cass. sez. lav. n. 5887 dell'11/3/2011;
Cass. sez. lav. n. 23057 del 15/11/2010;
Cass. sez. lav. n. 26935 del 10/11/08;
C. sez. lav. n. 17150 del 24/6/08;
C. sez. lav. n. 20390 del 28/9/07;
C. sez. lav. n. 23554 del 17/12/04;
C. sez. lav. n. 17674 dell'11/12/02) è nel senso di ritenere che la mera inerzia del lavoratore dopo la scadenza del contratto a termine è di per sè insufficiente a ritenere sussistente una risoluzione del rapporto per mutuo consenso in quanto, affinché possa configurarsi una tale risoluzione, è necessario che sia accertata - sulla base del lasso di tempo trascorso dopo la conclusione dell'ultimo contratto a termine, nonché del comportamento tenuto dalla parti e di eventuali circostanze significative - una chiara e certa comune volontà delle parti medesime di porre definitivamente fine ad ogni rapporto lavorativo, sicché la valutazione del significato e della portata del complesso di tali elementi di fatto compete al giudice di merito, le cui conclusioni non sono censurabili in sede di legittimità se non sussistono vizi logici o errori di diritto. Orbene, nella fattispecie la Corte territoriale si è correttamente attenuta a tali principi nel momento in cui, con motivazione immune da rilievi di carattere logico-giuridico, ha precisato che la prolungata collaborazione lavorativa della P con la RAI per quindici anni ad intervalli più o meno regolari, tale da ingenerare nell'appellante una rafforzata aspettativa di assunzione, non consentiva di attribuire al silenzio serbato per alcuni periodi ed alla tardiva contestazione il valore negoziale di una acquiescenza per disinteresse alla prosecuzione del rapporto. Inoltre, secondo la Corte di merito, non poteva attribuirsi rilievo decisivo alla circostanza per la quale in talune occasioni l'appellante aveva sottoscritto per accettazione la comunicazione di risoluzione prima della scadenza dei rispettivi termini, in quanto un tale comportamento non era di per sè rivelatore di una volontà della medesima lavoratrice di abdicare all'esercizio dei diritti che le erano riconosciuti dalla legge.
3. Col terzo motivo di censura la difesa della R.A.I deduce la violazione o falsa applicazione della L. n. 230 del 1962, art. 1, comma 2, lett. e) anche in relazione all'art. 2697 cod. civ..
Sostiene l'azienda ricorrente che del tutto erroneamente sarebbe stato applicato nella fattispecie l'indirizzo giurisprudenziale, richiamato nella sentenza impugnata, per il quale la specificità degli spettacoli o dei programmi radiofonici e televisivi, richiesta dalla citata norma per la legittimità dell'apposizione del termine, non implica la straordinarietà od occasionalità del programma, dovendo quest'ultimo essere individuato, determinato e nominato e dovendo sussistere una stretta correlazione tra programma e produzione complessiva dell'azienda, per cui l'apporto lavorativo del personale assunto a termine deve presentare un vincolo, seppur complementare o strumentale, di diretta correlazione allo spettacolo o programma per il quale avviene la specifica assunzione. Secondo l'azienda ricorrente lo stesso orientamento giurisprudenziale summenzionato dovrebbe essere oggetto di rimeditazione, posto che la relativa ricostruzione della portata normativa della L. n. 230 del 1962, art. 1, comma 2, lett. e), risulterebbe caratterizzata da un
processo di sovrapposizione dell'elaborazione giurisprudenziale stratificatasi in materia al dato normativo. Invero, atteso che la L. n. 230 del 1962, art. 1, lett. e), fa esclusivo riferimento "a
specifici spettacoli ovvero a specifici programmi radiofonici o televisivi" non può sostenersi che la stessa norma richiede che le mansioni del lavoratore assunto con contratto a tempo determinato siano atipiche o eccezionali o specialistiche. Ne conseguirebbe che alcuna rilevanza normativa dovrebbe avere la qualificazione soggettiva della prestazione lavorativa ai fini della legittimità dell'apposizione