Cass. civ., sez. I, sentenza 25/01/2016, n. 1277

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Il giudizio di indispensabilità della prova nuova in appello, previsto dall'art. 345, comma 3, c.p.c. (fino alla riforma apportata dalla l. n. 134 del 2012, qui inapplicabile "ratione temporis") con riferimento al rito di cognizione ordinaria e dall'art. 437, comma 2, c.p.c. per il processo del lavoro, non attiene al merito della decisione, ma al rito, atteso che la corrispondente questione rileva ai fini dell'accertamento della preclusione processuale eventualmente formatasi in ordine all'ammissibilità di una richiesta istruttoria di parte; ne consegue che, quando venga dedotta, in sede di legittimità, l'erroneità dell'ammissione o della dichiarazione di inammissibilità di una prova documentale in appello, la Corte di cassazione, chiamata ad accertare un "error in procedendo" è giudice anche del fatto, ed è quindi tenuta a stabilire essa stessa se si trattasse di prova indispensabile.

Il marchio denominativo può ritenersi nullo quando i nomi utilizzati non siano idonei ad indicare la provenienza di un prodotto, oppure qualora, pur essendolo, non valgano a distinguerlo da altri prodotti simili. (Così statuendo, la S.C., ha confermato la decisione impugnata, ritenendone plausibile la valutazione, ivi effettuata, di carenza di idoneità denotativa dei marchi "Buddha café" e "Buddha bar", perché non evocativi solo di una religione ma comunicanti, altresì, adesione, o comunque interesse, per una filosofia o uno stile di vita connotante un costume ormai pertinente alle più diverse manifestazioni dell'agire sociale).

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. I, sentenza 25/01/2016, n. 1277
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 1277
Data del deposito : 25 gennaio 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

. 127 7/16 REPUBBLICA ITALIANA In nome del popolo italiano Udienza pubblica in data 16/12/2015 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE OGGETTO Tutela marchio PRIMA SEZIONE CIVILE R.G.N.13759/2011 cron. 1277 C. L. Rep. Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: dott. R R Presidente dott. A N Consigliere dott. R M D V Consigliere dott. G B Consigliere dott. A V Consigliere ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da George V Eatertainment s.a. e George V Records e.u.r.l., domiciliate in Roma, piazza Sallustio 9, presso l'avv. L S, rappresentate e difese dall'avv. S M, come da mandato in calce al ricorso ricorrente

Contro

B Café s.r. 1 domiciliata in Roma, viale Lie- . gi 16, presso l'avv. M S M, che la rappresenta e difende anche disgiuntamente con l'avv. P R C 2030 2015 2 intimato avverso la sentenza n. 3131/2010 della Corte d'appello di Milano, depositata il 16 novembre 2010 Sentita la relazione svolta dal Consigliere dott. A N uditi i difensori avv. S per le ricorrenti e avv. M per la resistente Udite le conclusioni del P.M., dr. L S, che ha chiesto il rigetto del ricorso. Svolgimento del processo Con la sentenza impugnata la Corte d'appello di Mi- lano si pronunciò nella controversia insorta tra le società francesi con sede a Parigi, George V Eater- tainment s.a. e George Records e.u.r. 1., e la società italiana B Café s.r.l., attiva in Milano. Ribadì così sia il rigetto delle domande proposte dalle società francesi a tutela dei propri marchi B café e B bar, di cui lamentavano l'abusiva riproduzione da parte della società ita- liana, sia l'accoglimento della domanda propostariconvenzionale della società convenuta, per la dichiarazione di nullità dei marchi rivendi- čagiudici del merito, dichiarata l'inammissibilità di documenti nuovi prodotti in appello dalle socie- 3 tà francesi, ritennero che i marchi rivendicati fossero nulli sia per mancanza di idoneità denota- tiva, in quanto evocativi di una ben risalente e diffusa filosofia, sia per contrarietà all'ordine pubblico, in quanto offensivi del sentimento reli- gioso buddista. Contro la sentenza d'appello hanno proposto ricorso per cassazione le società francesi, deducendo sei motivi d'impugnazione, illustrati anche da memoria, cui resiste con controricorso la società italiana. Motivi della decisione 1.1 Con il primo motivo le ricorrenti si dolgono della dichiarazione di inammissibilità della produ- zione documentale in appello. Sostengono che la disponibilità dei documenti è so- pravvenuta alla precisazione delle conclusioni di- nanzi al tribunale, che la loro mancata traduzione in italiano non ne precludeva la produzione in giu- dizio, che comunque la pretesa di una loro produ- zione nel giudizio di primo grado si traduce in un'inversione dell'onere della prova dei fatti al- legati dalla convenuta a sostegno della propria do- manda riconvenzionale. Infatti i documenti furono destinati a smentire l'esistenza di altri locali che facessero già uso in precedenza del riferimento 4 a B;
e a dimostrare il riconoscimento anche in paesi buddisti della legittimità del marchio riven- dicato.

1.2 Il motivo è inammissibile. Secondo la giurisprudenza di questa corte, infatti, «il giudizio di indispensabilità della prova nuova previsto dall'art. 345, terzo comma,in appello - c.p.c. con riferimento al rito di cognizione ordi- naria e dall'art. 437, secondo comma, in relazione -al processo del lavoro non attiene al merito del- la decisione, ma al rito, in quanto la relativa questione rileva ai fini dell'accertamento della preclusione processuale eventualmente formatasi in ordine all'ammissibilità di una richiesta istrutto- ria di parte»>;
ne consegue che, sia quando venga dedotta in sede di legittimità l'erronea ammissione sia quando venga dedotta l'erronea dichiarazione di inammissibilità di una prova documentale in appel- lo, «la Corte di cassazione, chiamata ad accertare un "error in procedendo", è giudice anche del fat- to, ed è quindi tenuta a stabilire essa stessa se si trattasse di prova indispensabile» (Cass., sez. I, 17 giugno 2009, n. 14098, m. 609187, Cass., sez. III, 24 febbraio 2011, n. 4478, m. 616057). Ciò 큰 comporta che, nel caso di censurato diniego 5 dell'ammissione, il ricorrente deve specificamente indicare e allegare i documenti, per consentire al- la corte di valutarne l'indispensabilità. Se è ve- IO, infatti, che «la Corte di Cassazione, allor- quando sia denunciato un error in procedendo, quale indubbiamente il vizio di ultra o extrapetizione, è anche giudice del fatto ed ha il potere dovere di esaminare direttamente gli atti di causa, tuttavia, -per il sorgere di tale potere dovere è necessa- rio, non essendo il predetto vizio rilevabile ex officio, che la parte ricorrente indichi gli ele- menti individuanti e caratterizzanti il "fatto pro- cessuale" di cui richiede il riesame e, quindi, che il corrispondente motivo sia ammissibile e conten- ga, per il principio di autosufficienza del ricor- so, tutte le precisazioni e i riferimenti necessari a individuare la dedotta violazione processuale>> (Cass., sez. V, 23 gennaio 2004, n. 1170, m. 569603). Mentre nel caso in esame le ricorrenti non hanno adempiuto a quest'onere di specificità. Quanto alla dedotta inversione dell'onere della prova, la censura non coglie l'effettiva ratio de- cidendi della decisione impugnata, che ha dichiara- to la nullità dei marchi controversi per ₹ 1'inidoneità denotativa del riferimento a B, 6

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