Cass. civ., sez. II, sentenza 02/11/2022, n. 32224

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. II, sentenza 02/11/2022, n. 32224
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 32224
Data del deposito : 2 novembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente: SENTENZA sul ricorso 28818-2017 proposto da: MEDIAFIN S.R.L., rappresentata e difesa dall'Avvocato V C per procura in calce al ricorso;

- ricorrente -

contro

CURATELA DEL FALLIMENTO DI PIACENTINO MARCO LUDOVICO & C. S.A.S. E DI LORENZO CARMELA, rappresentata e difesa dall'Avvocato G S per procura in calce al controricorso;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 650/2017 della CORTE D'APPELLO DI L'AQUILA, depositata il 18/4/2017;
udita la relazione della causa svolta nell'udienza pubblica del 14/9/2022 dal Consigliere GIUSEPPE DONGIACOMO;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale della Repubblica A C.

FATTI DI CAUSA

1.1. La corte d'appello, con la pronuncia in epigrafe, ha confermato la sentenza con la quale il tribunale di Avezzano, a definizione di un giudizio introdotto nel 2013, aveva condannato la Mediafin s.r.l. al pagamento, in favore del Fallimento di D L Carmela, della somma complessiva di C. 40.500,00 quale residuo prezzo dovuto alla stessa per effetto della vendita immobiliare stipulata per atto per notaio C dell'8/5/2003. 1.2. La corte, in particolare, per quanto ancora rileva, dopo aver evidenziato che il Fallimento aveva originariamente proposto, accanto alla querela di falso volta a far dichiarare la falsità della dichiarazione resa nell'atto pubblico dalla D L "di aver ricevuto dalla parte acquirente" l'intera somma dovuta, anche la domanda di condanna della Mediafin s.r.l. al pagamento del residuo prezzo dovuto, nella misura di C. 40.500,00, ha ritenuto che se, in effetti, è vero che, nell'ambito del giudizio di querela di falso proposto in via principale, non possono essere proposte domande ulteriori, anche se dipendenti dalla domanda di accertamento della falsità del documento, è anche vero, tuttavia, che, nel caso in esame, a fronte della rinuncia ad opera della parte attrice alla querela di falso, il giudizio è correttamente proseguito per la trattazione e la decisione della domanda di adempimento che la stessa aveva proposto e, a differenza della querela di falso, coltivato in giudizio, e che, per evidenti ragioni di economia processuale, doveva escludersi la possibilità di applicare la sanzione dell'inammissibilità di una domanda rispetto alla quale, peraltro, la convenuta si era difesa nel merito.

1.3. La corte, quindi, dopo aver rilevato che: - la parte creditrice aveva fornito in via documentale, attraverso la produzione dell'atto pubblico di compravendita contenente la pattuizione sul prezzo nella misura di C. 200.000,00, la dimostrazione dei fatti costitutivi del diritto di credito azionato in giudizio;
- la stessa aveva espressamente riconosciuto il Ric. 2017 n. 28818, Sez. 2, PU del 14 settembre 2022 pagamento in misura pari ad C. 159.000,00, chiedendo la condanna della società compratrice al pagamento della differenza;
- la debitrice, sulla quale gravava l'onere di dimostrare l'avvenuta estinzione del diritto di credito fatto valere dall'attrice, aveva, a sua volta, eccepito l'integrale pagamento del prezzo, invocando a dimostrazione di tale assunto la dichiarazione confessoria resa dalla venditrice D L in sede di atto pubblico;
ha ritenuto che, in realtà, tale dichiarazione non era idonea a spiegare gli effetti invocati dalla convenuta sul rilievo che la confessione stragiudiziale ha l'efficacia di piena prova prevista dall'art. 2735, comma 1 0, prima parte, c.c. solo nelle controversie che vedano come parti gli stessi soggetti rispettivamente autore e destinatario della dichiarazione e che nel giudizio promosso dal curatore del fallimento del creditore per ottenere l'adempimento di obbligazioni assunte dal convenuto verso il fallito, la quietanza rilasciata dal creditore successivamente fallito, non può, pertanto, produrre, nei confronti del curatore, gli effetti che la confessione stragiudiziale spiega a carico del confitente, essendo la stessa liberamente valutabile dal giudice al pari di ogni altra prova acquisita al processo.

1.4. La corte, al riguardo, dopo aver escluso l'ammissibilità della censura con la quale l'appellante aveva sostenuto che la quietanza resa dalla venditrice nell'ambito dell'atto di vendita sarebbe comunque idonea a dimostrare l'integrale pagamento del prezzo se valutata unitamente al materiale istruttorio acquisito, come le dichiarazioni aggiunte, non tempestivamente impugnate dall'attrice, resa dal legale rappresentante della Mediafin in sede di risposta all'interrogatorio formale, trattandosi di motivo "inammissibilmente generico per omessa indicazione dei fatti o Ric. 2017 n. 28818, Sez. 2, PU del 14 settembre 2022 circostanze che avrebbero costituito l'oggetto delle dichiarazioni aggiunte a quelle confessorie" (e "non potendosi del resto ignorare come dall'esame del verbale dell'interrogatorio del legale rappresentante della Media fin non si rilevino dichiarazioni aventi ad oggetto specificazioni di circostanze o di fatti tendenti ad infirmare l'efficacia del fatto confessato o a modificarne o ad estinguerne gli effetti"), ha ritenuto che la sola dichiarazione di quietanza resa dalla D L in seno all'atto pubblico dell'8/5/2003 non era idonea a dimostrare il fatto estintivo dedotto dalla società compratrice.

1.5. La valenza probatoria di tale dichiarazione, infatti, ha osservato la corte, non equiparabile a quella di una confessione, risulta fortemente compromessa dai numerosi elementi presenti nel materiale probatorio in atti e idonei a smentirne la veridicità, come la prova documentale che una parte consistente del prezzo (pari ad C. 111.500,00) è stata in realtà pagata con bonifico e con assegni in data successiva all'atto di vendita, mentre la tesi dell'appellante, secondo cui il pagamento integrale del prezzo sarebbe avvenuto anche a mezzo di due ulteriori titoli emessi 1'8/5/2003 per l'importo complessivo di C. 9.500,00 e con la consegna di denaro in contante al momento della stipula dell'atto pubblico, non ha trovato conferma, tanto per l'uno, quanto per l'altro profilo, in apprezzabili riscontri posto che, da un lato, era insufficiente la produzione in giudizio della mera fotocopia della parte anteriore dei titoli in difetto di dimostrazione della consegna o della negoziazione, mentre, dall'altro, l'asserito pagamento in contanti era stata platealmente smentita dalla testimonianza del commercialista (dr. B), il quale ha escluso che all'atto della stipula ci fossero stati passaggi di denaro contante.

1.6. La corte, quindi, in difetto di prova del fatto estintivo dedotto dalla società acquirente, ha ritenuto che l'appello Ric. 2017 n. 28818, Sez. 2, PU del 14 settembre 2022 dovesse essere rigettato, rimanendo assorbiti i motivi di appello relativi alla prova testimoniale perché attinenti a "capitoli le cui risultanze non sono state utilizzate per la decisione del primo come pure del presente giudizio (il giudice di prime cure non ha utilizzato le prove testimoniali mentre nel presente grado risulta utilizzata la sola dichiarazione resa dal testimone B in punto di mancato passaggio di contanti, testimonianza non attinta o comunque non interessata dal tipo di censure mosse dall'appellante").

1.7. La Mediafin s.r.I., con ricorso notificato in data 17/11/2017, presso la cancelleria della corte d'appello di L'Aquila, e in data 20/11/2017 a mezzo pec all'indirizzo dell'avv. G S, ha chiesto, per quattro motivi, la cassazione della sentenza.

1.8. Il Fallimento ha resistito con controricorso nel quale ha, tra l'altro, eccepito la tardività del ricorso.

1.9. Il Pubblico Ministero, con memoria del 21/7/2022, ha chiesto il rigetto del ricorso.

1.10. Le parti hanno depositato memorie.

RAGIONI DELLA DECISIONE

2.1. Il ricorso per cassazione è senz'altro tempestivo. Ed infatti, premesso che la sentenza impugnata non risulta essere stata notificata e che il giudizio di primo grado, introdotto nel 2013, è, come tale, assoggettato al termine lungo di impugnazione pari a sei mesi dalla pubblicazione della sentenza (art. 327, comma 1°, c.p.c., nel testo successivo alle modifiche apportate dall'art. 46, comma 17, della I. n. 69 del 2009), rileva la Corte: - innanzitutto, che, in tema d'impugnazione, il termine di decadenza previsto dall'art. 327, comma 1°, c.p.c., dev'essere calcolato ex nomínatione dierum, e cioè a prescindere dal numero dei giorni da cui è composto ogni singolo Ric. 2017 n. 28818, 5ez. 2, PU del 14 settembre 2022 mese, come stabilito dall'art. 155, comma 2°, c.p.c. (cfr. Cass.n. 2763 del 2020);
- in secondo luogo, che a tale termine dev'essere aggiunto il periodo di sospensione feriale dei termini (cfr. Cass. n. 15029 del 2020) il quale, a norma dell'art. 1, comma 1°, della I. n. 742 del 1969 (nel testo conseguente alle modifiche apportate dagli art. 16, commi 1 e 3, del d.l. n. 132 del 2014, conv. con modif. dalla I. n. 162 del 2014, trattandosi di sentenza depositata in data successiva al 1° agosto 2015: cfr. Cass. n. 20866 del 2017;
Cass. n. 30053 del 2020), va dal 1° agosto 2017 al 31 agosto 2017, per un totale di trentuno giorni;
- infine, che il termine per proporre impugnazione, essendo un termine a decorrenza successiva, dev'essere computato escludendo il giorno iniziale e conteggiando quello finale (art. 155, comma 1°, c.p.c.) con la conseguenza che, ove il dies ad quem vada a scadere nella giornata di sabato oppure in giorno festivo, il termine stesso è prorogato di diritto al primo giorno seguente non festivo (art. 155, commi 4° e 5°, c.p.c., nella formulazione introdotta dall'art. 2, lett. f), I. n. 263 del 2005, applicabile ai procedimenti che, come quello in esame, sono stati instaurati successivamente alla data del 1° marzo 2005).
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