Cass. civ., sez. I, sentenza 28/02/2020, n. 05602
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in nella responsabilità per danni ambientali, in conseguenza della scissione della SNIA spa, è estraneo al presente giudizio. 4. Con il secondo motivo del ricorso principale, si lamenta l'omesso esame, ex art.360 n. 5 c.p.c., di fatto decisivo, per non avere i giudici di merito considerato che la c.d fusione inglese costituisce un mero trasferimento di sede ed un cambio di denominazione di Sorin, nonché per avere ritenuto che oggetto dell'opposizione fosse esclusivamente la c.d. fusione inglese, pretermettendo l'unità dell'operazione costituta dalla c.d. fusione inglese o «fusione Sorin» (in società di diritto inglese oggi denominata Livanova, già SandHoldCo Plc) e dalla c.d. fusione americana o «fusione Cyberonics» (fusasi con la Cypher Merger Sub Inc, società di nuova costituzione interamente posseduta da Livanova), avente come vero obiettivo l'aggregazione di Sorin nella società Cyberonics. La censura è inammissibile, in quanto non viene dedotto un vizio di omesso esame di fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, secondo la nuova formulazione dell'art.360 n. 5 c.p.c., quanto una questione correlata alla diversa ricostruzione o valutazione o interpretazione che le amministrazioni attrici e poi appellanti avevano dato della operazione di fusione c.d. inglese, vale a dire l'intento di realizzare un mero trasferimento di sede ed un cambio di denominazione di Sorin in vista della successiva fusione c.d. americana. Ma la Corte d'appello ha correttamente rilevato che l'unica fusione cui le amministrazioni pubbliche, quali creditrici potenzialmente danneggiate, potevano opporsi, ex art.2503 comma 2 c.c., era quella c.d. inglese, riguardante la loro debitrice la società italiana Sorin spa, fusasi nella proprio controllata inglese 11-loldCo, oggi Livanova, non anche quella della società Cypher Merger, indirettamente controllata dalla HoldCo/Livanova, con la società di diritto statunitense Cyberonics (che, per effetto di questa fusione era divenuta interamente da Livallova), operazione cui Sorin era legalmente estranea. Come chiarito da questa Corte (Cass. 21152/2014;Cass.17761/2016) «l'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., nella formulazione risultante dalle modifiche introdotte dal d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, prevede l'"omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione", come riferita ad "un fatto controverso e decisivo per il giudizio" ossia ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico - naturalistico, non assimilabile in alcun modo a "questioni" o "argomentazioni" che, pertanto, risultano irrilevanti, con conseguente inammissibilità delle censure irritualmente formulate». Sempre questa Corte (Cass. 5795/2017;Cass. 20718/2018) ha precisato che «l'omesso esame della questione relativa all'interpretazione del contratto non è riconducibile al vizio di cui all'art. 360, n. 5, c.p.c., in quanto l'interpretazione di una clausola negoziale non costituisce fatto decisivo per il giudizio, atteso che in tale nozione rientrano gli elementi fattuali e non quelli meramente interpretativi» . 5. Le ricorrenti principali denunciano quindi, con il terzo motivo, la violazione e/o falsa applicazione, ex art.360 n. 3 c.p.c., degli artt.2503 c.c. e 112 c.p.c., per non avere i giudici di merito deciso sull'opposizione che riguardava, in realtà, l'intera operazione, costituente un unicum funzionale, di aggregazione tra le società Sorin LL 6-2"c e Cyberonics. Il motivo è inammissibile, in quanto, come già rilevato al precedente paragrafo, la Corte d'appello non ha omesso di pronunciarsi, in violazione dell'art.112 c.p.c., sull'opposizione riguardante l'aggregazione tra Sorin e Cyberonics ma ha motivatamente ritenuto, al pari del giudice di primo grado, che l'opposizione ex art.2503 c.c. potesse necessariamente riguardare il solo segmento in cui la Sorin spa, asserita debitrice delle Amministrazioni pubbliche attrici, aveva partecipato, vale a dire la c.d. fusione inglese o «fusione Sorin» (in società di diritto inglese oggi denominata Livanova, già SandHoldCo Plc). L'opposizione ex art.2503 comma 2 c.c. è infatti un strumento preventivo concesso ai creditori sociali per impedire che essi possano ricevere dalla fusione un pregiudizio alla loro aspettativa di soddisfazione del credito. L'art.2504 quater c.c. stabilisce poi che, una volta eseguite le iscrizioni dell'atto di fusione di cui al secondo comma dell'art.2504 c.c., l'invalidità dell'atto di fusione non può essere più pronunciata, salvo il diritto al risarcimento del danno dei soci o dei terzi;la tutela reale viene quindi meno per garantire il pubblico affidamento nei confronti dell'atto societario. Nella specie, l'iscrizione dell'atto di fusione riguardante la Sorin era avvenuto, a seguito del provvedimento cautelare autorizzatorio dell'agosto 2015 (non reclamato), con l'effetto preclusivo di cui alla norma dell'art.2504 quater c.c.. Questa Corte (Cass. 28245/2005) ha già chiarito che «la disposizione di cui all'art.2504-quater cod. civ., richiamata anche per le operazioni di scissione dall'art.2504-novies (oggi art.2506-ter cod. civ.), secondo cui, una volta eseguita l'iscrizione dell'atto di fusione delle società, l'invalidità dello stesso non può più essere dichiarata, pone una preclusione di carattere assoluto, che riguarda tanto il caso in cui si deducano vizi inerenti direttamente all'atto di fusione, quanto l'ipotesi in cui i vizi concernano il procedimento di formazione dell'atto e della sua iscrizione;tale preclusione rimane operante anche nel caso in cui si asserisca che l'impugnativa è meramente preordinata ad una futura ed ipotetica azione di risarcimento del danno nei confronti degli amministratori o di terzi». La preclusione della declaratoria di invalidità dell'atto di fusione, sancita dall'art. 2504-quater cod. civ. quale effetto dell'iscrizione nel registro delle imprese, infatti, «tutela l'affidamento dei terzi e la certezza dei traffici, sicché, quando l'iscrizione dell'atto di fusione nel registro delle imprese sia avvenuta in base ad una sequenza procedimentale priva di riconoscibili anomalie esteriori, l'inesistenza giuridica di una delle delibere assembleari propedeutiche alla fusione, nei limiti in cui essa possa essere ipotizzata, non determina l'inesistenza giuridica dell'atto di fusione, ormai iscritto nel registro, restando esclusa l'impugnabilità di quest'ultimo e risultando carente, pertanto, l'interesse all'accertamento dell'inesistenza della delibera prodromica» (Cass.8864/2012). La sentenza impugnata risulta conforme a tali principi di diritto. 6. Con il quarto motivo, si denuncia la nullità della sentenza, ex art.360 n. 4 c.p.c., per omessa ed apparente motivazione, in relazione alla ritenuta mancata dimostrazione di una diminuzione della garanzia patrimoniale vantata dai creditori, non avendo invece la Corte d'appello motivato alcunché sulle denuncia delle gravi carenze informative sugli effetti giuridici dell'operazione complessiva di fusione esposte nell'opposizione dalle Amministrazioni attrici e sul grave timore dedotto da queste ultime che la nuova società, frutto della sinergia tra Sorin e Cyberonics, opponesse alle stesse amministrazioni pubbliche l'assenza di passività ambientali nella contabilità di Snia passate a Sorin e quindi alla società incorporante quest'ultima (come testimoniato dalle dichiarazioni presenti, circa l'inesistenza di debiti ambientali, nel «transaction agreement» stipulato nel marzo 2015 tra Sorin, HoldCo, Merger Sub e Cyberonics). Il motivo è infondato. La Corte d'appello al par.II-a), pag.8, ha diffusamente e con esaustiva motivazione escluso la fondatezza del «timore», peraltro del tutto generico, prospettato dalle amministrazioni appellanti in ordine al fatto che la disciplina giuridicamente applicabile alla fusione potesse pregiudicare le ragioni dei creditori. Come ribadito dalla Corte di merito, peraltro, la fusione in oggetto (Sorin/Livallova) non è disciplinata da leggi straniere non meglio individuate ma dal d.lgs. 108/2008, attuativo della Direttiva comunitaria 2005/56/Ce, in materia di fusioni transfrontaliere delle società di capitali . Non ricorre pertanto il vizio di motivazione del tutto omessa o apparente, risolvendosi le censure in un vizio di insufficienza motivazionale della decisione impugnata. Questa Corte ha di recente ribadito (Cass. 23940/2017) che «in seguito alla riformulazione dell'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., disposta dall'art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, con v., con modif., dalla I. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del "minimo costituzionale" richiesto dall'art. 111, comma 6, Cost., individuabile nelle ipotesi - che si convertono in violazione dell'art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e danno luogo a nullità della sentenza - di "mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale", di "motivazione apparente", di "manifesta ed irriducibile contraddittorietà" e di "motivazione perplessa od incomprensibile", al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un "fatto storico", che abbia formato oggetto di discussione e che appaia "decisivo" ai fini di una diversa soluzione della controversia».
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