Cass. civ., sez. V trib., sentenza 30/11/2022, n. 35343
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Testo completo
p. 1. Gli eredi di E.E. (deceduto in data (---)) propongono tre motivi di ricorso per la cassazione della sentenza in epigrafe indicata, con la quale la commissione tributaria regionale, in riforma della prima decisione, ha ritenuto legittima la cartella di pagamento n. 8889 del 2012 per imposta di registro ed Invim (oltre sanzioni ed interessi) loro notificata da Agenzia delle Entrate all'esito di un complesso iter impositivo e processuale originato dalla rettifica di maggior valore finale del conferimento immobiliare in società semplice, di cui al rogito Notaio B.B. registrato in Salerno il 16 aprile 1982.
La commissione tributaria regionale, in particolare, ha osservato che: oggetto del presente giudizio potevano essere esclusivamente i vizi della cartella impugnata, non anche il fondamento della pretesa impositiva in quanto portata da un prodromico avviso di liquidazione 8 gennaio 1986 ormai definitivo all'esito della sentenza n. 505/08 della commissione tributaria centrale di Roma, la quale aveva dichiarato inammissibile il ricorso proposto dai contribuenti avverso l'ingiunzione di pagamento;legittimamente l'agenzia delle entrate aveva supplito, in proposito, alla carenza documentale rilevata dal primo giudice, producendo in appello, D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 58, comma 2, i documenti rilevanti;
la cartella qui opposta non trovava preclusione in decadenza o prescrizione (avendo, nelle more, l'amministrazione finanziaria proceduto alla notificazione di vari atti interruttivi), e nemmeno in una precedente cartella riguardante gli stessi presupposti, dal momento che quest'ultima (n. 3355 del 2009) era stata erroneamente sgravata dall'ufficio, così da richiedere l'emissione di un nuovo ruolo nel rispetto dei termini di legge;
"palesemente pretestuosa" era l'eccezione di carenza di motivazione della cartella qui opposta, dal momento che quest'ultima non costituiva il primo atto di conoscenza dell'imposizione, ma faceva riferimento agli stessi importi già in precedenza più volte contestati ai contribuenti con avvisi di accertamento, avvisi di liquidazione ed ingiunzioni di pagamento, tutti debitamente notificati ed opposti in sede giudiziale;l'erronea indicazione in cartella del presupposto impositivo costituito da "Cass.", invece che da "CTC" (Commissione tributaria centrale) n. 505/2008 non era tale da menomare il diritto di difesa dei contribuenti, i quali avevano del resto dimostrato di ben individuare e conoscere questo titolo giudiziale;
indipendentemente dall'esito dei processi instaurati dagli altri coobbligati in solido (in quanto stipulanti il suddetto atto notarile 16 aprile 1982) sul maggior valore rettificato dell'immobile conferito, era dirimente (anche ad escludere l'applicabilità dell'art. 1306 comma 2 c.c.) che nei confronti dell'E.E. si fosse ormai formato un autonomo e diretto giudicato rettificativo (sent. Commissione Tributaria Provinciale Salerno n. 1160 del 19.11.84).
Resiste con controricorso Agenzia delle Entrate.
I ricorrenti hanno depositato memoria.
p. 2.1 Con il primo motivo di ricorso si lamenta - ex art. 360 c.p.c., comma 1 n. 4 - violazione delle norme sul giudicato (art. 2909 c.c.) e del divieto di bis in idem, oltre che vizio di motivazione. Per non avere la Commissione Tributaria Regionale rilevato che la cartella qui in esame riproponeva la medesima richiesta di pagamento di cui ad una precedente cartella la cui opposizione giudiziale si era definita con sentenza (Commissione Tributaria Regionale n. 457/5/10 alleg. sub n. 11 al ricorso) dichiarativa della cessazione della materia del contendere, ed ormai passata in giudicato per mancata impugnazione da parte dell'ufficio.
p. 2.2 Il motivo è destituito di fondamento.
Come riferito dagli stessi ricorrenti, la cartella di pagamento di cui quella dedotta nel presente giudizio costituisce rinnovazione venne fatta oggetto di un provvedimento di annullamento d'ufficio in sede di autotutela;e su questo presupposto il giudizio di opposizione contro di essa proposto venne definito con una pronuncia di cessazione della materia del contendere.
Si è in proposito affermato che a seguito dell'annullamento di un atto impositivo (sia in sede giudiziale sia, come nella specie, per effetto di esercizio di autotutela) ben può l'amministrazione finanziaria procedere, nel rispetto dei termini di legge, alla notificazione di un nuovo atto impositivo emendato dagli errori che ne avevano indotto l'annullamento (Cass. nn. 27091/19;25023/16). In termini, si è anche affermato che: "in tema d'imposta di registro, dalla richiesta di pronunzia di cessazione della materia del contendere da parte della Amministrazione finanziaria a seguito di annullamento in via di autotutela dell'atto impositivo non può essere desunto il venir meno dell'interesse alla pretesa tributaria ove ricorra un nuovo avviso di liquidazione in aumento sostitutivo dell'atto annullato regolarmente comunicato al contribuente" (Cass. n. 3318/16).
Sennonchè, il definitivo venir meno - per effetto dell'autoannullamento della precedente cartella esclude in radice la configurabilità di una duplice azione riscossiva per la medesima pretesa (doppia imposizione o bis in idem), essendo evidente, sulla base della stessa narrativa dei fatti offerta in ricorso e come esattamente rilevato dal giudice di merito, che l'azione di recupero dell'agenzia delle entrate nei confronti dell'E.E. si è infine concentrata in maniera esclusiva ed assorbente sulla (sola) cartella qui opposta n. 8889, notificata circa tre anni dopo quella definitivamente annullata ed espunta dal mondo giuridico.
Nè ricorreva nella specie una preclusione da giudicato, dal momento che la sentenza asseritamente preclusiva (Commissione Tributaria Regionale n. 457/5/10) si era limitata, come detto, a prendere atto dell'avvenuto auto-annullamento della cartella dedotta in giudizio (solo di quella) ed a conseguentemente dichiarare cessata la materia del contendere;sicchè essa risulta priva di quell'accertamento definitivo di fatti materiali, qualificazioni giuridiche ed altri elementi della fattispecie che concretano il tipico effetto preclusivo del giudicato di cui all'art. 2909 c.c..
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