Cass. civ., sez. III, sentenza 13/03/2014, n. 5791
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Ai fini della validità del contratto di assicurazione della responsabilità civile, non è consentita l'assicurazione di un rischio i cui presupposti causali si siano già verificati al momento della stipula, dovendo essere futuro rispetto a tale momento non il prodursi del danno, quanto l'avversarsi della causa di esso, senza che rilevi che il concreto pregiudizio patrimoniale si sia poi verificato dopo la conclusione del contratto, in quanto conseguenza inevitabile di fatti già avvenuti in precedenza. (In applicazione di tale principio, la S.C ha cassato la sentenza di merito la quale, in ipotesi di assicurazione della responsabilità professionale di un avvocato, aveva escluso l'obbligo indennitario dell'assicuratore, essendo accaduto durante il tempo dell'assicurazione, agli effetti dell'art. 1917 cod. civ., il fatto della proposizione di un appello tardivo, ma non anche il deposito della sentenza che ne dichiarava l'intempestività).
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. R L A - Presidente -
Dott. C G - Consigliere -
Dott. D S F - Consigliere -
Dott. C F M - Consigliere -
Dott. R M - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 9126/2008 proposto da:
DIECI GIANCARLO OCIGCR31C11F205P, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SABOTINO 46, presso lo studio dell'avvocato R G, rappresentato e difeso da se medesimo;
- ricorrente -
contro
A RAS SPA 00128430329;
- intimati -
Avverso al sentenza n. 385/2007 della CORTE D'APPELLO di MILANO, depositata il 13/02/2007 R.G.N. 1186/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/12/2013 dal Consigliere Dott. M R;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. G A, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. L'avvocato D G nel 1989 stipulò con la società RAS s.p.a. una polizza assicurativa a copertura della propria responsabilità professionale.
Il 9 dicembre 1996, nella vigenza della suddetta polizza, l'avvocato D G per conto della propria cliente Commissionaria Intertrasporti s.r.l. propose dinanzi la Corte d'appello di Bologna un appello che la stessa Corte, con sentenza del 2.11.1998, giudicò tardivo, condannando l'appellante al pagamento delle spese di lite in favore della controparte.
2. L'avv. D G, ammettendo il proprio errore professionale consistito nella tardiva proposizione del gravame, spontaneamente si accollò il debito della cliente nei confronti della controparte vittoriosa, adempiendolo.
3. Il 30.7.1999 l'avv. D G chiese al proprio assicuratore della responsabilità civile, RAS s.p.a., la rifusione delle somme versate per tenere la cliente indenne dalle conseguenze del proprio errore professionale, quantificate in L.
8.048.270. Non avendo l'assicuratore adempiuto, il 30.11.2001 l'avv. D G convenne la RAS s.p.a. dinanzi al Tribunale di Milano, chiedendone la condanna al pagamento dell'indennizzo contrattualmente dovuto.
4. L'assicuratore, costituendosi, allegò di non essere tenuto al pagamento dell'indennizzo, in virtù della previsione dell'art. 14 delle condizioni generali di contratto, il quale prevedeva che l'indennizzo fosse dovuto unicamente "per le richieste di risarcimento presentate per la prima volta all'assicurato nel corso del periodo di efficacia del contratto".
5. Il Tribunale di Milano con sentenza 10.9.2003 n. 12453 rigettò la domanda attorea, ritenendo valida ed efficace la suddetta clausola. Tale decisione venne confermata dalla Corte d'appello di Milano con sentenza 13.2.2007 n. 385, ma con motivazione diversa da quella adottata dal primo giudice.
La Corte d'appello ritenne infatti che l'indennizzo assicurativo non fosse dovuto all'avv. D G non già perché lo impedisse la clausola sopra trascritta, ma per la diversa ragione che nella specie l'efficacia del contratto di assicurazione era spirata ad aprile del 1998, e quindi prima della sentenza (depositata a novembre 1998) con la quale la Corte d'appello di Bologna, dichiarando tardivo l'appello proposto dall'avv. D G, ne aveva fatto sorgere la responsabilità professionale.
6. Tale sentenza è stata impugnata per cassazione dall'avv. D G, in base a due motivi.
La società RAS s.p.a. non ha svolto attività difensiva. MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo di ricorso.
1.1. Col primo motivo di ricorso l'avv. D G lamenta che la sentenza impugnata sia affetta da un vizio di motivazione, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n.
5. Espone, al riguardo, che la Corte d'appello ha ravvisato il fatto materiale, fonte della responsabilità professionale dell'avvocato D G, non già nella proposizione d'un appello quando il termine relativo era scaduto;
ma nella sentenza che, dichiarando quel gravame tardivo, condannò l'appellante alle spese.
A fondamento di tale motivazione la Corte d'appello osservò che la proposizione dell'appello a termine scaduto non può costituire il "fatto" che, ai sensi dell'art. 1917 c.c., fa sorgere la responsabilità dell'avvocato, giacché il giudizio così introdotto non necessariamente è destinato a concludersi con una pronuncia di inammissibilità, e tanto meno con una condanna dell'appellante alla rifusione delle spese processuali sostenute dall'appellato. Osserva tuttavia il ricorrente che la motivazione appena riassunta sarebbe illogica e contraddittoria, giacché una impugnazione tardiva non può avere altro esito che una pronuncia di inammissibilità, con conseguente condanna alle spese, ai sensi dell'art. 91 c.p.c.. 1.2. Il motivo è fondato.
A pag. 4 della propria decisione la Corte d'appello di Milano individua e delimita la quaestio iuris ad essa devoluta: stabilire se, nell'assicurazione di responsabilità professionale dell'avvocato, il "fatto" che ex art. 1917 c.c., fa sorgere la responsabilità dell'assicurato, e quindi l'obbligo indennitario dell'assicuratore, vada ravvisato nella proposizione d'un appello tardivo, ovvero nel deposito della sentenza che ne dichiara la tardività. La sentenza prosegue affermando che la prima ipotesi deve scartarsi, perché "la proposizione di un'impugnazione ad intervenuta decadenza, anche se configura un errore professionale, non è ne' può ancora considerarsi in sè produttiva di un evento dannoso, potendo nondimeno il processo seguitone trovare, per accadimenti vari, una conclusione che non generi un esito siffatto". Alla successiva pag. 5 la Corte d'appello, chiamata a stabilire se il "fatto" produttivo della responsabilità dell'assicurato, per i fini di cui all'art. 1917 c.c., potesse eventualmente ravvisarsi nella richiesta della cliente dell'avvocato di essere tenuta dalle conseguenze dannose dell'errore professionale da questi commesso, ha dato risposta negativa al quesito, soggiungendo che la pronuncia della sentenza di inammissibilità dell'appello tardivamente proposto dall'avv. D G fu "unica circostanza necessaria e