Cass. pen., sez. VI, sentenza 02/03/2021, n. 08332

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. VI, sentenza 02/03/2021, n. 08332
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 08332
Data del deposito : 2 marzo 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

seguente SENTENZA sul ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro nel procedimento nei confronti di B A G, nato a Sangiorgio a Cremano (NA) il 26/06/1977 avverso l'ordinanza del 01/08/2019 del Tribunale di Catanzaro;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere E A;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale G L, che ha concluso chiedendo l'annullamento con rinvio della ordinanza impugnata.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 28 dicembre 2017 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro disponeva l'applicazione della misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di A G B in relazione al reato di cui all'art. 416-bis cod. pen., contestandogli la partecipazione all'associazione per delinquere di stampo mafioso, nota come cosca 'Farao- Marincola': in particolare, per avere, quale socio di maggioranza e amministratore della 'De.Ri.Co. New Geo" s.r.I., messo a disposizione l'impresa di quel clan ‘ndranghetistico, assumendo varie persone vicine a quel sodalizio, tra cui V F, e monopolizzando gli appalti per l'affidamento del servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani in diversi comuni della Calabria ionica, tra cui Cirò Marina e Cutro.

2. Tale provvedimento veniva confermato dal Tribunale del riesame di Catanzaro con ordinanza del 26 gennaio 2018, con la quale era sottolineato come i gravi indizi di colpevolezza a carico del B fossero desumibili dal tenore delle conversazioni intercettate - in specie nel gennaio del 2013 - in ambientale nell'abitazione del capo cosca N G A, colloqui ai quali aveva partecipato anche il prevenuto, nonché dalle ulteriori captazioni in carcere per registrare le conversazioni di G F;
dal contenuto degli accertamenti compiuti dagli inquirenti che avevano accertato come l'impresa del B avesse continuato ad operare senza alcuna limitazione, pure procedendo all'assunzione fittizia di V F, nonostante nel gennaio del 2014 fosse stata destinataria di una misura interdittiva antimafia;
dalle dichiarazioni rese nell'aprile del 2014 dal sindacalista Giuseppe Ammirato e dal difensore di questo, i quali avevano denunciato le pressioni e le minacce subite per le controversie legali instaurate contro la 'De.Ri.Co.';
ed ancora, dalle indicazioni accusatorie offerte da Francesco Farao che, divenuto collaboratore di giustizia, aveva riferito quanto appreso da V F in ordine ai rapporti tra il B e la loro cosca di ‘ndrangheta. Con sentenza n. 33475 del 7 giugno 2018 altra Sezione di questa Corte di cassazione dichiarava inammissibile il ricorso presentato nell'interesse dell'indagato avverso all'ordinanza adottata in sede di riesame.

3. Con successiva ordinanza del 27 novembre 2018 il Tribunale di Catanzaro, adito ai sensi dell'art. 310 cod. proc. pen., confermava il provvedimento con il quale il Giudice per le indagini preliminari di quel Tribunale aveva rigettato una richiesta di revoca o di sostituzione della misura custodiale applicata al B. Sosteneva il Collegio dell'appello cautelare che l'impugnazione dovesse considerarsi inammissibile in quanto presentata per far valere questioni inerenti ad aspetti già valutati nella precedente sede di riesame e, dunque, oramai coperti dal giudicato cautelare.

4. In accoglimento del ricorso presentato nell'interesse dell'indagato, con sentenza n. 27863 del 14 maggio 2019 altra Sezione di questa Corte annullava con rinvio l'ordinanza del Tribunale dell'appello, ricordando come la preclusione derivante dal c.d. giudicato cautelare abbia una portata più modesta rispetto a quella determinata dalla cosa giudicata, "perché non copre anche le questioni deducibili, ma soltanto le questioni dedotte, implicitamente o esplicitamente, nei procedimenti di impugnazione avverso ordinanze in materia di misure cautelari personali";
e osservando come nella fattispecie il Tribunale avesse "omesso di considerare e valutare una serie di dati di prova e di circostanze documentali - acquisite anche attraverso indagini difensive, successive all'applicazione della misura cautelare, dirette a evidenziare le reali condizioni di operatività dell'impresa del B, le ingerenze e le pressioni, nello svolgimento dell'attività lavorativa e di gestione dell'azienda, da parte di soggetti ritenuti partecipi al sodalizio, le difficoltà operative dell'impresa sul territorio, i danneggiamenti subiti dal patrimonio aziendale - (dati non esaminati dal Tribunale, che li aveva ritenuti "elementi di contorno") che potevano astrattamente influire sul giudizio relativo alla dichiarata natura di 'impresa mafiosa' dell'attività svolta dal B, elemento cardine della contestazione cautelare, oltre che sulla differente qualificazione giuridica del fatto contestato".
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