Cass. pen., sez. V, sentenza 24/07/2019, n. 33499

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. V, sentenza 24/07/2019, n. 33499
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 33499
Data del deposito : 24 luglio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

a seguente: SENTENZA sul ricorso presentato da: M R, nato a Potenza, il 17/3/1972;
M C D, nato a Pontoglio,1'11/4/1969;
P V, nato ad Alnnenno San Bartolomeo, il 13/1/1961;
avverso la sentenza del 6/3/2018 della Corte d'appello di Brescia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. L P;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. G B, che ha concluso per l'inammissibilità dei ricorsi;
udito per gli imputati P e M l'avv. F V, che ha concluso . RITENUTO IN FATTO1. Con la sentenza impugnata è stata confermata la condanna di M R per il delitto di accesso abusivo a sistema informatico, nonché di M C D e P V per il reato di installazione di apparecchiature atte ad intercettare comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche. In particolare, il M è stato ritenuto responsabile di avere effettuato un accesso al Sistema Operativo Interforze del Ministero dell'Interno - sul quale era astrattamente abilitato ad operare nella sua qualità di sottufficiale dei Carabinieri - per finalità diverse da quelle istituzionali, e specificamente allo scopo di reperire le informazioni commissionategli da un conoscente su propri debitori. I giudici del merito hanno invece considerato il P, in qualità di titolare dell'agenzia investigativa "Orobica", colpevole di avere incaricato il M, suo collaboratore e concorrente nel medesimo illecito, dell'installazione nell'autovettura utilizzata da P G di un sistema GPS e di altro strumento idoneo ad eseguire captazioni sonore, con la conseguente acquisizione di riproduzioni di conversazioni il cui tenore il P riferiva alla coniuge della persona offesa che lo aveva ingaggiato per accertare le frequentazioni del marito.

2. Avverso la citata sentenza ricorrono tutti gli imputati, a mezzo dei rispettivi difensori.

2.1 Il ricorso presentato nell'interesse del M articola un unico motivo, con cui si eccepisce la genericità del capo di imputazione. Il ricorrente lamenta in particolare come siano stati indistintamente contestati all'imputato tutte e tre i commi dell'art. 615-ter c.p., i quali contemplano invece diverse fattispecie integranti autonome ipotesi di reato. A tale difetto di specificità dell'imputazione, peraltro non rilevato in udienza preliminare e nel corso del giudizio di merito, sarebbe conseguita la lesione delle prerogative difensive del M determinando quindi la nullità del provvedimento di condanna, che ha inevitabilmente recepito l'originaria incertezza della contestazione. In subordine il ricorrente eccepisce l'intervenuta prescrizione del reato.

2.2 Il ricorso proposto nell'interesse del M articola due motivi. Con il primo si lamentano l'erronea applicazione degli artt. 617-bis e 623-bis c.p. non ritenendosi integrato il delitto per cui è intervenuta condanna sotto i profili tanto dell'elemento oggettivo, quanto di quello soggettivo, nonché vizi della motivazione. In particolare, il fatto attribuito al ricorrente, e consistente nella collocazione di una "cimice" e di un GPS all'interno dell'autovettura del Pesenti, non potrebbe ritenersi provato, contrariamente a quanto ritenuto dai giudici del merito, sulla base delle intercettazioni delle conversazioni telefoniche intercorse nelle date del 3 e del 4 luglio 2010, nonchè del 23 e del 25 luglio 2010, rispettivamente tra il P ed il suo collaboratore e tra lo stesso P e la cliente, Salvi Anna. Invero, con riferimento al GPS, evidenzia il ricorrente come nella prima delle captazioni menzionate il titolare dell'agenzia investigativa abbia fatto riferimento alla sua già intervenuta installazione all'interno del veicolo a cura di un'altra persona. Con riguardo, invece, allo strumento impiegato per l'esecuzione dell'intercettazione ambientale, in primo luogo l'effettiva collocazione dello stesso ad opera del M non potrebbe desumersi semplicemente dalla sua dichiarazione di disponibilità in tal senso, desumibile dalla conversazione telefonica del 4 luglio, non essendovi traccia dell'attribuzione del fatto al ricorrente in alcuna altra intercettazione. Peraltro, sia il Tribunale che la Corte d'appello sarebbero caduti in contraddizione, avendo essi, per un verso, ritenuto che la comunicazione del P alla Salvi, la sera dello stesso giorno, degli esiti delle captazioni illecitamente eseguite fosse espressione di un atteggiamento meramente millantatori°, dovendo ritenersi le apparecchiature non ancora installate in quel momento;
ma, per l'altro, considerato invece verosimile quanto riferito dallo stesso titolare dell'agenzia alla sua cliente nel corso delle telefonate del 23 e del 25 luglio, pure aventi ad oggetto le presunte intercettazioni eseguite nella vettura del Pesenti e delle quali, invero, non sono mai state rinvenute le registrazioni. Per di più, non si comprenderebbe perché il ricorrente, qualora si fosse reso effettivamente autore del fatto a lui contestato, non lo avrebbe confessato all'organo inquirente al momento della confessione di ulteriori condotte di illecita installazione da lui
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