Cass. civ., sez. III, sentenza 13/02/2020, n. 03692

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. III, sentenza 13/02/2020, n. 03692
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 03692
Data del deposito : 13 febbraio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

a seguente - Soggetto tenuto alla SENTENZA restituzione - sul ricorso 22421-2018 proposto da: Interpretazione dell'art.

8- ABC ACQUA BENE COMUNE NAPOLI AZIENDA SPECIALE in sexies del persona del procuratore speciale e legale d.l. n.208 del 2008 - rappresentante PASQUALE SPERANZA, domiciliato ex lege Condizione di in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI procedibilità dell'azione CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall'avvocato - Esclusione - Disciplina 2019 ERNESTO CESARO;
applicabile al credito 2115

- ricorrente -

restitutorio in punto contro prescrizione RICCIO AMALIA,

CONDOMINIO EDEN DI VIA CAMPANILE N

Individuazione 88/96 in persona del suo amministratore pro tempore R.G.N. 22421/2018 legale rappresentante, MANGIAPIA ANNA,

CHIANESE

CrOn. PASQUALINA, ZECCONI ANTONIO, CHIANESE GIUSEPPE, Rep. Cl CHIANESE MARIO, ROMANELLI RAFFAELE, elettivamenteud. 16/10/209 domiciliati in ROMA, VIA G. B. MARTINI, N 2, pressoPu lo studio dell'avvocato L B, che li rappresenta e difende;

- controricorrente -

nonchè

contro

CHIANESE PASQUALINA, CHIANESE MARIO, CHIANESE GIUSEPPE, RICCIO AMALIA, CONDOMINIO EDEN VIA CAMPANILE, 88/96 NAPOLI , MANGIAPIA ANNA, ROMANELLI RAFFAELE, COMUNE NAPOLI , REGIONE CAMPANIA ;

- intimati -

Nonché da: REGIONE CAMPANIA in persona del legale rappresentante Presidente p.t. della Giunta Regionale VINCENZO DE LUCA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

POLI

29, presso lo studio dell'avvocato REGIONE CAMPANIA UFFICIO RAPPRESENTANZA, rappresentata e difesa dall'avvocato ANNA CARBONE;
- ricorrente incidentale -

contro

ZECCONI ANTONIO, CHIANESE PASQUALINA, CHIANESE MARIO, CHIANESE GIUSEPPE, RICCIO AMALIA,

CONDOMINIO EDEN VIA CAMPANILE N

88/96 , MANGIAPIA ANNA, COMUNE NAPOLI , ABC ACQUA BENE COMUNE NAPOLI AZIENDA SPECIALE, ROMANELLI RAFFAELE;

- intimati -

avverso la sentenza n. 409/2018 del TRIBUNALE di NAPOLI, depositata il 15/01/2018;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16/10/2019 dal Consigliere Dott. STEFANO GIAIME GUIZZI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CARMELO SGROI che ha concluso per il rigetto del 1° e 2° motivo, accoglimento per guanto di ragione del 4° motivo;
assorbiti i restanti;
incidentale rigetto 10 motivo, accoglimento 2° motivo;
assorbiti i restanti, cassazione senza rinvio ex art. 382 c.p.c.;
udito l'Avvocato MASSIMO CESARO per delega;
udito l'Avvocato L B;
udito l'Avvocato LEONE LUCA per delega;
udito l'Avvocato ANNA CARBONE;

FATTI DI CAUSA

1. L'Azienda Speciale A.B.C.-Acqua Bene Comune Napoli (d'ora in poi, "ABC") ricorre, sulla base di sei motivi, per la cassazione della sentenza n. 409/18, del 15 gennaio 2018, del Tribunale di Napoli, che - rigettando sia il gravame principale da essa esperito contro la senten 7_ a n. 27966/13, del 25 luglio 201:3, de! nudice di Pace di Napoli, sia quello incidentale proposto dalla Regione Campania - ha confermato la condanna di ABC e della Regione Campania a restituire ad A Z, P C, M C, G C, A R, A M e R R, nonché al Condominio Eden di Via Campania n. 888/96, in Napoli, le somme dagli stessi versat2 a titolo di corrispettivo per la depurazione acque, in relazione alla fornitura del servizio idrico.

2. Riferisce, in punto di fatto, l'odierna ricorrente di essere stata convenuta in giudizio, unitamente al Comune di Napoli, da A Z (gli altri utenti del servizio idrico, sopra meglio identificati, essendo intervenuti in corso di causa per svolgere identica domanda), il quale chiedeva la ripetizione di quanto versato a titolo di corrispettivo per la depurazione delle acque. In particolare, la pretesa attorea si fondava .sul presilpposto che la Corte costituzionale, con sentenza n. 335 del 10 ottobre 2008, aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 14, comma 1, della legge 5 gennaio 1994, n. 36, nonché dell'art. 155, comma 1, del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, nella parte in cui prevedevano che tale quota della tariffa del servizio idrico fosse dovuta anche nel caso in cui "manchino impianti di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi";
declaratoria di illegittimità costituzionale motivata sul rilievo che, nell'ipotesi suddetta, l'obbligo di pagamento risultava non correlato ad alcuna controprestazione. Su tali basi, nonché deducendo che l'impianto di depurazione sito a Cuma era "obsoleto e notoriamente non funzionante", secondo quanto risultante dalla documentazione prodotta in giudizio, l'attore (e con esso gli intervenuti in giudizio) agiva per la restituzione nei confronti di ABC e del Comune di Napoli. Deduce, altresì, l'odierna ricorrente di essersi costituita in giudizio, eccependo sia i proprio difetto di legittimazione passiva che quello c.ii legittimazione attiva dell'attore (e degli intervenuti in giudizio), nonché l'erronea qualificazione della domanda giudiziale, da proporsi - a suo dire - ai sensi degli artt. 1559 e 1453 cod. civ., oltre alla carenza probatoria circa il mancato funzionamento del servizio di depurazione e, in ogni caso, l'intervenuta prescrizione del diritto azionato. In forza di tali rilievi, pertanto, essa si opponeva all'accoglimento della domanda attorea, non senza, tuttavia, richiedere la chiamata in causa della Regione Campania (essendo a ciò autorizzata), nonché l'integrazione del contraddittorio - che non veniva, invece, ordinato dal Giudice di pace - nei confronti della società Hydrogest Campania S.p.a., ovvero l'affidataria del servizio di depurazione. Ciò detto, la ricorrente riferisce che l'adito giudicante accoglieva la domanda attorea esclusivamente nei confronti di essa ABC e della Regione Campania (verso la quale la domanda era stata estesa dall'attore e dagli intervenuti), condannandole alla restituzione delle somme suddette, con decisione successivamente confermata dal Tribunale di Napoli, in funzione di giudice d'appello, che rigettava il gravame principale di ABC e quello incidentale della Regione Campania.

3. Avverso la sentenza del Tribunale partenopeo ricorre per cassazione ABC, sulla base - come detto - di sei motivi.

3.1. Il primo motivo ipotizza - ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. - violazione e falsa applicazione degli artt. 1559 e 2697 cod. civ., in relazione agli artt. 75, 81, 100 e 112 cod. proc. civ. Si censura la sentenza impugnata laddove ha ritenuto di rigettare il motivo di gravame, proposto dall'odierna ricorrente, volto a dimostrare il difetto di legittimazione attiva dell'attore (e degli intervenuti in giudizio), avendo, in particolare, il Tribunale di Napoli affermato che essi avrebbero provato l'esistenza del rapporto di utenza producendo le "bollette-fatture periodiche" con le quali era stato "richiesto ed ottenuto il pagamento del corrispettivo per il servizio idrico". Orbene, sul rilievo che la legittimazione attiva - o meglio, la titolarità dal lato attivo del rapporto dedotto in giudizio - deve essere provata dall'attore, e cht-2 la sua mancanza ¼. d'IJfficio dal giudice (pure in sede di legittimità;
Cass. Sez. Un., sent. 16 febbraio 2016, n. 2951), la ricorrente si duole del fatto che in un caso, come quello presente, in cui è stata contestata dal convenuto l'esistenza del rapporto contrattuale, era onere dell'attore (e degli intervenuti in giudizio) fornire prova dello stesso, all'uopo non potendosi ritenere sufficienti le fatture prodotte, essendo inidonee a LCI I LUIJU. Il tutto, poi, s,enza tacere del fatto che tale, difetto di titolarità attiva del rapporto non è stato rilevato neppure d'ufficio dal giudice, il quale, anzi, avrebbe valutato in modo carente gli elementi probatori acquisiti, visto che agli atti di causa non risultavano depositati né il contratto, né le fatture (intestate a soggetti terzi), né le corrispondenti ricevute di pagamento.

3.2. Il secondo motivo ipotizza - ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. - violazione e falsa applicazione degli artt. 2033 E;
e 2697 cod. civ., in relazione agli artt. 81, 112, 115 e 116 cod. proc. civ. Si censura la sentenza impugnata, in questo caso, laddove ha ritenuto l'odierna ricorrente obbligata alla restituzione delle somme versate dall'attore (e dagli intervenuti in giudizio). Nel premettere che anche la legittimazione passiva (o meglio, la titolarità dal lato passivo del rapporto controverso), è oggetto di questione che attiene al merito della causa, sicché il difetto della stessa costituisce una mera difesa, come tale neppure preclusa in appello dall'art. 345 cod. proc. civ., la ricorrente evidenzia come la pretesa attorea di ripetere, nei suoi confronti, quanto pagato quale corrispettivo per depurazione acque trovi titolo in un inadempimento contrattuale, e dunque in un fatto ad essa non ascrivibile. Infatti, la rIr orrente, essendosi solo limitata a' riscuotere le somme 1:',er conto Lell'ente erogatore, Comune di Na (e della Regione Campania, quanto alla quota per la depurazione delle acque), assume di non poter essere ritenuta responsabile delle disfunzioni dell'impianto e, dunque, di non dover rispondere delle stesse. Troverebbe, infatti, applicazione il principio - affermato da questa Corte - secondo cui, "in caso di ripetizione di indebito oggettivo proposto nei confronti del concessionario del servizio di riscossione, legittimato passivo è, in qualità di effettivo «accipiens», l'ente impositore del credito e non il precedente alla riscossione", giacché quest'ultimo agisce "quale concessionario per la riscossione sulla Li) s e di ruoli formati dall'ente impositore che rimane titolare del credito ed al quale la somme riscosse vanno versate dallo stesso concessionario" (sono citate Cass. Sez. 6-3, ord. 5 luglio 2017, n. 16637;
Cass. Sez. 3, sent. 19 luglio 2007, n. 13357).

3.3. Il terzo motivo ipotizza - ai sensi dell'art. 360, comma 1, nn. A\ e Cl rne-I •-2 . proc. civ. - violazione, e falsa applicazione degli artt.1218, 1453, 1559, 2033 e 2697 cod. civ., in relazione agli artt. 112, 115 e 116 cod. proc. civ., per erronea inversione dell'onere probatorio, per errato utilizzo di presunzioni quali mezzi di prova, nonché per omesso esame di fatti e documenti, da essa ricorrente forniti, sul regolare funzionamento dell'impianto di depurazione. Si censura la sentenza impugnata laddove il Tribunale di Napoli ha ritenuto che, nel presente caso, sussista un'ipotesi di ripetizione di indebito, ex art. 2033 cod. civ., avente ad oggetto la restituzione delle somme pagate sulla base di un titolo inesistente. Ad avviso della ricorrente, per contro, occorrerebbe distinguere l'ipotesi della inesistenza dell'impianto di depurazione da quella della temporanea interruzione del servizio, giacché solo nel primo caso è prospettabile un indebito oggettivo, visto che, nel secondo, sarebbe, nI r'is'i n nrvi-i-yznkihn 411 1.1141, 11"./L1I- ue ,..., I CI LI 1 L 41 41 1 ''1 CI L 41 4""-LI ' -ontrattuale per L. inadempimento delle prestazioni afferenti la gestione dell'impianto stesso. In altri termini, sebbene l'attore e gli intervenuti in giudizio abbiano fatto riferimento all'art. 2033 cod. civ., avrebbero, nella sostanza, azionato una responsabilità civile per inadempimento, visto che la ripetizione di indebito è prospettabile solo quando il vincolo __.-- - contrattuale non sia mai sorto, o sia venuto me3-ef( anche per effetto "-- di cadtJca-zione), e non ci-dando, come nella spe,ie, si ‘,.,------ ,erta in tema ciai inesatto adempimento di una prestazione ricompresa nel contratto di somministrazione. Di qui il dedotto "stravolgimento della ripartizione dell'onere della prova" e delle regole in tema di inadempimento contrattuale. Difatti, se l'azione di ripetizione dell'indebito presuppone solo la prova dell'avvenuto pagamento e della inesistenza (o del venir meno) Lella "causa debendi", in caso di inadempimento contrattuale, invece, bisogna dimostrare non solo il titolo e il fatto storico causativo del danno, ma anche l'esistenza del nesso di causalità tra questo e il fatto del debitore. Nella specie, dunque, la domanda, erroneamente qualificata come "condictio indebiti", è stata accolta sul presupposto, del pari erroneo, che l'attore e gli intervenuti in giudizio avessero provato l'assoluta inefficienza dell'impianto di depurazione, avendo la Corte territoriale ritenuto che "in applicazione del principio della vicinanza della prova competeva alla P.A. dimostrare viceversa l'avvenuta espleta mento del servizio".
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