Cass. civ., SS.UU., ordinanza 23/09/2020, n. 19953

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., ordinanza 23/09/2020, n. 19953
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 19953
Data del deposito : 23 settembre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

ciato la seguente ORDINANZA sul ricorso 12494-2019 proposto da: FATARI ALFREDO, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA CRESCENZIO

20, presso lo studio dell'avvocato C P, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati S L e M E;

- ricorrente -

contro

AUTORITÀ DI BACINO LAGHI GARDA E IDRO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA APPIA

74e)

NUOVA

96, presso lo studio dell'avvocato P R, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato M B;
- con troricorrente - avverso la sentenza n. 24/2019 del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE PUBBLICHE, depositata 1'11/01/2019. Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/07/2020 dal Consigliere A C.

RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

1. Il sig. A F, titolare di un esercizio alberghiero in Salò, ha proposto ricorso, sulla scorta di un unico motivo, per la cassazione della sentenza del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche che, confermando la pronuncia di primo grado del Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche presso la Corte di appello di Milano, lo ha condannato a pagare all'Autorità di Bacino Laghi Garda e Idro un indennizzo per l' occupazione di un'area prossima al lago di Garda, da lui posta in essere, negli anni dal 2009 al 2013, con opere funzionali al suddetto esercizio alberghiero.

2. Il Tribunale Superiore delle Acqua Pubbliche ha ritenuto dovuto l' indennizzo dall'Autorità di Bacino sul presupposto della natura demaniale dell'area in questione, per essere la stessa qualificabile come alveo del lago di Garda, in quanto situata a quota compresa tra m. 65,23 s.l.m. e m. 65,43 s.l.m., inferiore alla quota (m. 65,59 s.l.m.) individuata come limite dell'alveo lacuale dallo stesso Tribunale Superiore, in conformità alla sentenza di primo grado;
quest'ultima, a propria volta, aveva recepito l'indicazione della quota limite dell'alveo contenuta nel decreto del Ministro dei lavori pubblici n. 1170 del 1948. 3. La controversia si incentra, appunto, sulla determinazione della quota limite dell'alveo del lago di Garda, da individuare nella quota corrispondente al livello altimetrico delle piene ordinarie allo sbocco del lago, in conformità al disposto del primo comma dell'articolo 943 c.c., ove si fa riferimento al «terreno che l'acqua copre quando essa è all'altezza dello sbocco del lago ... ». Ric. 2019 n. 12494 sez. SU - ud. 21-07-2020 -2- 4. Il sig. F, appellando la sentenza di primo grado, aveva chiesto la disapplicazione del suddetto decreto ministeriale, sostenendo che la quota limite dell'alveo del lago di Garda non sarebbe quella di m. 65,59 s.l.m., bensì quella di m. 65,05 s.l.m., accertata in taluni precedenti del Tribunale Superiore delle Acqua Pubbliche, confermati in sede di legittimità dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione.

5. Con la sentenza qui impugnata il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche ha preliminarmente richiamato due pronunce di queste Sezioni Unite: la sentenza 22 giugno 2017 n. 15487 - là dove afferma (pag. 4, penultimo capoverso) che il decreto ministeriale n. 1170 del 1948 «in luogo di contravvenire alla norma del codice civile ... l'ha applicata, integrando, in virtù di dati tecnici, la nozione di piena ordinaria» - e la sentenza 8 novembre 2016 n. 22647, resa nei confronti dello stesso sig. F, che ha rigettato il ricorso da costui proposto avverso la sentenza del Tribunale Superiore delle Acqua Pubbliche n. 108/14 che anch'essa, a propria volta, aveva individuato la quota limite dell'alveo del lago di Garda in quella di m. 65,59 s.l.m.. Sulla scorta di tali precedenti il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche ha disatteso l'istanza dell'appellante di disapplicazione del decreto ministeriale n. 1170 del 1948 ed ha rigettato l'appello sottolineando come il sig. F si fosse limitato a «reiterare le mere indimostrate asserzioni di segno contrario già formulate nel giudizio di primo grado, secondo cui non sarebbe mai esistito un alveo con quota originaria di m. 65,59 su livello del mare».
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