Cass. pen., sez. IV, sentenza 29/09/2021, n. 35667
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Testo completo
la seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da: IN SE nato a [...] il [...] IN EL nato a [...] il [...] avverso l'ordinanza del 15/03/2021 del TRIB. LIBERTA' di SASSARI udita la relazione svolta dal Consigliere SALVATORE DOVERE;
lette/sentite le conclusioni del PG
KATE TASSONE
Il Proc. Gen. conclude per l'inamnnissibilita' per tutti e due i ricorsi. udito il difensore E' presente come sostituto processuale con delega depositata in aula degli avvocati DESSI' HERIKA del foro di CAGLIARI in difesa di: IN EL e dell'avv SANNA PIETRO ANTONIO FORO NUORO in difesa di IN SE L'AVV
FLAGELLA POTITO
Il difensore presente chiede l'accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1. Con l'ordinanza indicata in epigrafe il Tribunale di Sassari, sezione per il riesame, decidendo in sede di appello sull'impugnazione proposta dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Nuoro avverso l'ordinanza del Gip del 22 Febbraio 2021, con la quale era stata rigettata la richiesta di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico a IN EP ed era stata applicata a IN LL la misura cautelare degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico in luogo di quella della custodia in carcere, ha accolto l'appello, disponendo la più grave misura cautelare nei confronti di IN LL e quella degli arresti domiciliari presso l'abitazione nei confronti di IN EP, con le particolari modalità di controllo di cui all'articolo 275 bis cod. proc. pen.
2. Per quel che qui rileva, IN LL è indagato per aver detenuto a fini di spaccio 268 chilogrammi di marijuana essiccata con un contenuto di THC compreso tra il 6,205 ed il 16,571%;
reato aggravato dall'ingente quantità dello stupefacente detenuto e dalla recidiva reiterata infraquinquennale. Il Tribunale ha dato atto che in sede di convalida dell'arresto il IN aveva reso spontanee dichiarazioni dal contenuto sostanzialmente confessorio ed ha ritenuto che l'unica misura adeguata a fronteggiare il pericolo di reiterazione del reato sia la custodia in carcere e ciò in quanto l'ingente quantitativo di sostanza stupefacente detenuto (pari a 113,42 chilogrammi, con un principio attivo pari a 12,7 chilogrammi) indica uno stabile inserimento nel mercato illecito delle sostanze stupefacenti e la necessità di avvalersi di collaboratori per la coltivazione allo smercio della sostanza. Inoltre, all'indagato era stato rinvenuto un caricatore con 15 cartucce calibro 9X21 e un telefono cellulare munito di una scheda intestata a prestanome. Ancora, il IN è gravato di precedenti penali ed altri procedimenti sono pendenti per gravi reati. Il Tribunale ha altresì posto in evidenza che il IN si era reso latitante fra gli anni 2016 e 2017 e che per dei reati che avrebbe commesso durante il periodo di latitanza pende un procedimento penale. Egli era stato anche sottoposto alla misura di prevenzione dell'avviso orale, con provvedimento notificatogli il 23 luglio 2020. Da ciò il Tribunale ha ricavato la inidoneità di altra misura meno afflittiva ad evitare la recidiva, escludendo la significatività al riguardo di una serie di circostanze evidenziata dalla difesa.
3. IN EP è allo stato indagato per aver detenuto a fini di spaccio 765 grammi di marjuana essiccata con un contenuto di THC compreso tra il 2,660% e 111,306°/0;
fatto aggravato dalla recidiva reiterata specifica infraquinquennale. Il Tribunale ha rammentato che erano stati rinvenuti presso un'abitazione e un locale commerciale del IN diversi quantitativi di marijuana, oltre a macchinari atti alla separazione delle inflorescenze della canapa dalla pianta e altre attrezzature utilizzabili per la compressione della resina, al fine di realizzare panetti del peso di circa 100 grammi ciascuno. La maggior parte della marijuana era composta da boccioli e infiorescenze essiccati, contenuti in diverse sacche e buste di peso variabile da pochi grammi a qualche chilo. Gli inquirenti avevano prelevato 7 campioni di materiale omogeneo;
in quattro di questi era stato rinvenuto un principio attivo compreso tra 1,065% e 11,306%;
nei restanti tre reperti era stato accertato un principio attivo compreso tra lo 0,558% e lo 0,594%. Il Tribunale, a fronte della motivazione del Gip che aveva escluso la gravità indiziaria perché solo una piccola parte degli oltre 200 chilogrammi di sostanza stupefacente rinvenuta al IN (appunto 765 grammi lordi) era risultata avere una percentuale di THC superiore a quella consentita, ha evidenziato che, sulla scorta del recente arresto delle Sezioni Unite, la coltivazione tenuta dal IN non rientrava tra quelle legali, a mente delle previsioni della legge n. 242/2016. Quanto alle esigenze cautelari, il Collegio considerava i precedenti penali specifici del IN e l'impiego di notevoli risorse di denaro per l'approntamento della coltivazione e la commercializzazione dei suoi frutti come ragione di pericolo di recidiva non fronteggiabile con misura meno grave degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico.
4. Nei confronti dell'ordinanza così sintetizzata ha proposto ricorso IN LL a mezzo del difensore, avv. Herika Dessi, articolando due motivi. Con il primo deduce la violazione della legge processuale e dell'art. 24 del d.l. n. 137 del 2020, convertito con modificazioni dalla legge n. 176 del 2020. Il Tribunale ha rigettato l'eccezione che denunciava inammissibilità dell' appello proposto dal pubblico ministero perché presentato a mezzo di posta elettronica certificata. Il rigetto fonda su una errata interpretazione del citato art. 24 il quale, ad avviso del difensore, ammette la notificazione a mezzo Pec dell'impugnazione, anche di quella cautelare, soltanto per il difensore. Con un secondo motivo, l'esponente deduce il vizio della motivazione, in quanto i giudici territoriali non spiegano quale criterio di inferenza probatoria abbia consentito loro di dedurre dalla detenzione della sostanza stupefacente in sequestro la presenza di ulteriori collaboratori del IN. Sotto altro profilo si rileva che dovendo andare in diverso avviso a quanto ritenuto dal Gip, il Tribunale avrebbe dovuto predisporre una motivazione rafforzata. Nel valutare l'inadeguatezza degli arresti domiciliari il Tribunale non ha spiegato perché questa misura, assistita dal braccialetto elettronico, non sarebbe idonea ad impedire la recidiva. Le argomentazioni utilizzate dal Tribunale per sostenere l'esistenza di un pericolo di fuga sarebbero poi autoreferenziali. ) 5. Ha proposto ricorso avverso l'ordinanza del Tribunale di Sassari anche IN EP, con atto sottoscritto dai difensori avv. Carlo Alberto Zaina e avv. Pietro Antonio Sanna. Con un primo motivo si ripropone la censura processuale che già è stata descritta esponendo i contenuti del ricorso del coimputato. Con un secondo motivo sì sostiene che il Tribunale non ha compreso il senso delle deduzioni fatte dalla difesa a riguardo dell'accertamento tecnico svolto in sede di indagini e pertanto ha in modo infondato rimproverato all'indagato di non avere offerto una spiegazione del perché detenesse i 765 grammi di marijuana. Inoltre, non è stata valutata correttamente dai giudici la protesta di innocenza dell'indagato, con ciò violando l'art. 546 lettera e) cod. proc. pen., in combinato disposto con gli articoli 192, comma 1 e 273 comma 1 cod. proc. pen. Con un secondo motivo si contesta al Tribunale l'interpretazione fatta della disciplina normativa così come delineatasi a seguito della decisione delle Sezioni unite. Ad avviso dell'esponente dal tale pronuncia emerge che la coltivazione della cannabis è illegale solo quando il prodotto derivato dalla stessa risulti idoneo a produrre effetti psicoattivi. Dal che gli esponenti deducono che esiste una tipologia di canapa che non è stupefacente perché potenzialmente priva di efficacia drogante. Essi non concordano con la tesi che la coltivazione configura reato a prescindere da un valore soglia. E ciò perché la stessa necessità di accertare l'idoneità a produrre un effetto psicoattivo implica un preliminare accertamento di effettiva presenza del principio attivo. Il fatto di aver acriticamente e aprioristicamente adottato una tesi che non coincide con quella esposta dalla difesa evidenzia un vizio procedurale di