Cass. civ., sez. I, sentenza 21/02/2004, n. 3489

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In tema di procedimenti cautelari e con riguardo alla nuova disciplina sul processo cautelare uniforme introdotta dalla legge 26 novembre 1990, n. 353, la disposizione transitoria dettata dall'art. 4, quinto comma, del D.L. 7 ottobre 1994, n. 571 (convertito nella legge 6 dicembre 1994, n. 673) - nonché dalle precedenti identiche norme contenute nei DD.LL. nn. 105, 235, 380 e 493 del 1994, non convertiti, ma i cui effetti sono stati fatti salvi dall'art. 1 della citata legge n. 673 del 1994 -, la quale prevede, fra l'altro, l'inefficacia dei sequestri anteriormente autorizzati "se con sentenza, anche non passata in giudicato, è rigettata l'istanza di convalida ovvero è dichiarato inesistente il diritto a cautela del quale erano stati concessi", deve interpretarsi nel senso che - ove ai processi pendenti, in ragione di un'accertata incompatibilità con la disciplina previgente, non sia applicabile la nuova normativa - a partire dal 16 febbraio 1994 (data di entrata in vigore del primo dei decreti - legge summenzionati) è sufficiente, per determinare l'inefficacia del sequestro autorizzato anteriormente alla data medesima, che nei processi stessi, indipendentemente dalla fase, dallo stato o dal grado in cui si trovano, sia intervenuta una sentenza di rigetto dell'istanza di convalida o dichiarativa dell'inesistenza del diritto cautelato (con conseguente obbligo del giudice, in tali casi, di applicare immediatamente lo "ius superveniens", anche d'ufficio).

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. I, sentenza 21/02/2004, n. 3489
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 3489
Data del deposito : 21 febbraio 2004
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VITRONE Ugo - Presidente -
Dott. BERRUTI Giuseppe Maria - Consigliere -
Dott. PICCININNI Carlo - Consigliere -
Dott. DI PALMA Salvatore - rel. Consigliere -
Dott. GIULIANI Paolo - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
DI GI, elettivamente domiciliato in ROMA VIA BERTOLONI 44, presso l'avvocato ENNIO CICCONI, che lo rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro
MA HA, in proprio e nella qualità di legale rappresentante della società "Yemen Contractors-ycon" elettivamente domiciliato in ROMA VIA MARCELLO PRESTINARI 15, presso l'avvocato ANTONIO FUSILLO, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato ALESSANDRO FUSILLO, giusta procura a margine del controricorso;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 2979/00 della Corte d'Appello di ROMA, depositata il 03/10/00;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza dal 30/09/2003 dal Consigliere Dott. Salvatore DI PALMA;

udito per il ricorrente l'Avvocato Cicconi che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;

uditi per il resistente gli Avvocati Fusillo che hanno chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. APICE Umberto che ha concluso per il rigetto.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.1. Con ricorso per "sequestro conservativo ante causasi" del 15 maggio 1990, proposto al Presidente del Tribunale di Roma, US AR - in proprio e nella qualità di presidente della Società Yemen Contractors-Ycon, con residenza e sede in Sanaa (Repubblica Araba dello Yemen) - espose: a) - che, nel 1978, aveva costituito la predetta Società insieme agli architetti RT e RG EZ, al quale ultimo, come consigliere delegato, erano state affidate la contabilità, l'amministrazione e la cassa della Società;

b) - che, a seguito di contrasti insorti tra i soci e di revisioni contabili dal bilancio dalla Società, ara risultato che RG EZ si era appropriato ingenti somme di pertinenza sociale, solo in parte restituite;

c)- che, successivamente, in data 27 aprile 1986, RG EZ aveva definitivamente abbandonato lo Yemen, appropriandosi ulteriori somme della Società e restando debitore di altre somme ancora, come risultante dalla documentazione prodotta;

d) - che - dimostrato documentalmente il fumus boni juris del provvedimento cautelare richiesto - il periculum in mora era provato dalla irreperibilità del EZ, il quale - pur risultando iscritto all'A.I.R.E. del Comune di Roma, per emigrazione nello Yemen - dopo l'allontanamento da quest'ultimo Stato, non era stato rintracciabile in alcun altro luogo.
Tanto esposto, il ricorrente chiese che venisse autorizzato il sequestro conservativo sui beni del ME fino alla concorrenza di Dollari U.S. 5.498.000.
Il Presidente del Tribunale di Roma, con decreto dell'11 giugno 1990, autorizzò il sequestro conservativo per la causale di cui al ricorso fino alla concorrenza di Dollari U.S.

2.800.000 al momento di emanazione del decreto - sui beni mobili, immobili e crediti di RG EZ per capitale, interessi e spese.
Il sequestro fu eseguito in data 19 giugno 1990, mediante la relativa trascrizione del decreto, sull'immobile di proprietà del EZ sito in Roma, via Sant'Alessio n. 25, e fu notificato il successivo 2 luglio 1990 ai sensi dell'art. 143 cod. proc. civ. (dopo un primo, inutile tentativo di notificazione, eseguito il 28 giugno 1990 in Roma, via Ildebrando Vivanti n. 108, da cui il EZ risultò "sloggiato").
Con contestuale atto di citazione, notificato in pari data e con le medesime modalità, il AR - in proprio e nella predetta qualità - convenne RG EZ dinanzi al Tribunale di Roma, chiedendo:
a) - la convalida dell'autorizzato sequestro;
b) - la condanna del convenuto al pagamento, in favore della Società, della somma di Dollari U.S. 5.757.594, di cui 1.344.000, a titolo di profitti realizzati dalla Società nel triennio 1981 - 1983, 834.594, a titolo di restituzione da indebiti prelevamenti dal conto sociale presso la Banca Indosuez, 3.579.000, a titolo di restituzione da ammanchi e sottrazioni di somme di pertinenza sociale;
nonché al pagamento, in proprio favore, dell'ulteriore somma di 575.000;
c) - la condanna del convenuto al risarcimento dei danni conseguiti ad atti di concorrenza sleale dallo stesso posti in essere nei confronti della Società. Ritualmente costituitosi, il EZ - nel resistere alla domanda e nel chiederne la reiezione - eccepì, preliminarmente, la nullità e/o l'inefficacia del sequestro per nullità della sua notificazione e per nullità della notificazione dell'atto di citazione, perché eseguite con il rito degli irreperibili, ancorché egli fosse regolarmente iscritto nell'A.I.R.E. presso il Comune di Roma, e senza previi tentativi di notificazione presso la propria residenza estera in Bijbouti P.O. Box 7070, risultante dal certificato anagrafico del 17 febbraio 1988;
nel merito, eccepì il difetto di legittimazione attiva dell'attore in ordine all'azione sociale di responsabilità, in quanto mai deliberata dai competenti organi sociali;
spiegò, inoltre, domanda riconvenzionale nei confronti del AR in proprio, a titolo di restituzione della somma di Dollari U.S. 303.600, pari al valore delle attrezzature già appartenute alla Joint Venture Yconmar costituita tra le stesse parti;
ed instò per il risarcimento dei danni ai sensi dell'art. 96 cod. proc. civ.. Il Tribunale adito - imposta al sequestrante la cauzione di un miliardo di lire e separata la causa di convalida da quella di merito ai sensi dell'art. 682 cod. proc. civ. - con sentenza n. 4203/93 del 15 marzo 1993, rigettò la domanda di convalida, ordinando la cancellazione della trascrizione del decreto di sequestro.

1.2. A seguito di appello dal AR, notificato il 18 giugno 1993 - cui resistette il EZ - la Corte d'Appello di Roma, con sentenza n. 2979/00 del 3 ottobre 2000, in accoglimento dell'appello ed in riforma della sentenza impugnata, convalidò il sequestro.

1.3. Avverso tale sentenza RG EZ ha proposto ricorso per Cassazione, deducendo cinque motivi di censura, illustrati con memoria.
Resiste, con controricorso, illustrato da memoria, US AR.
MOTIVI DELLA DECISIONE

2.1 Con il primo motivo (con cui deduce: "Violazione e falsa, applicazione dell'art. 4 comma 5 dal d.l. 571/1994, convertito in legge 673/1994 - art. 360 n. 3 c.p.c.: omesso rilievo di una causa di inammissibilità dell'appello rilevabile d'ufficio"), il ricorrente critica la sentenza impugnata, sostenendo che, alla

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