Cass. civ., sez. III, sentenza 18/01/2006, n. 827

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In caso di occupazione senza titolo di un cespite immobiliare altrui, anche se del tutto marginale e limitata a parti dell'immobile non attualmente utilizzate, il danno subito dal proprietario è "in re ipsa", discendendo dalla perdita della disponibilità del bene e dall'impossibilità di conseguire l'utilità anche solo potenzialmente ricavabile dal bene stesso.

La cassazione della sentenza di appello travolge sia la pronuncia sulle spese di secondo grado, perché in tal senso espressamente disposto dall'articolo 336 primo comma del codice di procedura civile, sia quella sulle spese del primo grado, se sull'onere delle stesse il giudice di appello si sia pronunciato disattendendo uno specifico motivo di appello proprio a causa della decisione di merito.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. III, sentenza 18/01/2006, n. 827
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 827
Data del deposito : 18 gennaio 2006
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PREDEN Roberto - Presidente -
Dott. FANTACCHIOTTI Mario - rel. Consigliere -
Dott. FILADORO Camillo - Consigliere -
Dott. FEDERICO Giovanni - Consigliere -
Dott. VANGELISTA Vittorio - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NO RM, elettivamente domiciliato in Roma presso la Cancelleria Corte Cassazione, rappresentato e difeso dall'avvocato Maglione Francesco, con studio 80133 Napoli P.zza G. Bovio, 14, giusta delega in atti;

- ricorrente -

contro
LA TO, elettivamente domiciliato in Roma presso Cancelleria Corte Cassazione, rappresentato e difeso dall'avvocato CESARE EMILIO, giusta delega in atti;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 876/02 della corte d'Appello di NAPOLI, 3^ SEZIONE CIVILE emessa il 15/02/2002, depositata il 13/03/02;
RG. 2802/2000;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 29/11/05 dal Consigliere Dott. Mario FANTACCHIOTTI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SCARDACCIONE Eduardo Vittorio che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
TO LA, rimasto soccombente sulla domanda di restituzione di canoni locativi percepiti in eccedenza rispetto al canone equo al quale avrebbe avuto diritto per la locazione, a RM NO, di un suo immobile, ha chiesto, a sua volta, in successivo e distinto giudizio, la condanna del NO al risarcimento dei danni sofferti per l'arbitraria occupazione, durante la locazione, dello spazio e del giardinetto attigui all'immobile locato e di uno scantinato, beni, questi, che non erano stati oggetto del contratto di locazione.
La domanda è stata accolta sia dal giudice di primo grado che dalla Corte di appello di Napoli che, pronunciando sull'appello principale del NO e su quello incidentale del LA, ha solo ridotto, così riformando parzialmente la sentenza del primo giudice, la misura del danno da risarcire, che ha riliquidato nella somma di L. 8.509.000, ed ha riconosciuto il diritto del LA alla rivalutazione di tale somma ed agli interessi legali. RM NO ha impugnato questa sentenza con ricorso per cassazione sostenuto da cinque motivi.
Il LA resiste con controricorso.
MOTIVI

1. Con il primo motivo si denuncia la "violazione e falsa applicazione dell'art. 24 Cost., artt. 817, 1230, 1571, 1803, 2043, 2697, 2727, 2729 e 2909 c.c., art. 50 c.p., artt. 112 e 115 c.p.c. in relazione all'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 per avere la Corte d'Appello ascritto al riguardo al ZZ una condotta antigiuridica sanzionabile, omettendo ogni valutazione circa aspetti decisivi della controversia ad essa segnatamente additati, omessa e comunque insufficiente motivazione sul punto".
Si evidenzia, in particolare: a) l'omessa indicazione, nonostante specifico motivo di appello sul punto, delle prove della asserita occupazione del cantinato, assolutamente necessaria dato che tale occupazione è stata sempre negata dal NO, che aveva sempre ammesso solo di avere utilizzato quel cantinato per custodirvi un mobile per un periodo di quindici giorni;

b) l'omessa considerazione della prova fornita, attraverso la testimonianza di SA IS, del consenso prestato dal LA al NO sia per l'utilizzazione, all'interno del cortile, dello spazio necessario per il posteggio dell'autovettura, sia per l'uso dello spazio sottostante al balcone, impropriamente chiamato giardino, del quale il NO, del resto, ha curato solo la pulizia;
c) l'omessa verifica della prova presuntiva del consenso predetto che, come specificamente dedotto nell'atto di appello, avrebbe dovuto trarsi de plano dalla circostanza, provata con il teste Fiengo, che i LA hanno frequentato il NO e si sono recati spesso nel loro immobile durante il luogo periodo di sei anni in cui si è protratta la locazione senza mai contestare al conduttore predetto la legittimità dell'uso del giardino e dello spazio occupato con la macchina;
d) l'assoluta assenza di prova delle possibilità di sfruttamento economico degli spazi occupati dal NO.
La prova del consenso, si aggiunge, sarebbe stata decisiva per orientare la decisione della Corte dato che solo in assenza di tale consenso l'occupazione degli spazi attigui all'immobile locato avrebbe potuto dare luogo ad una responsabilità extracontrattuale del conduttore, dovendosi, altrimenti, supporre che tra le parti si sia di fatto stabilito un rapporto di comodato gratuito.

1.1. La prima censura del motivo in esame è parzialmente fondata. Il giudice di primo grado aveva genericamente rilevato come l'occupazione, per il posteggio dell'auto, dello spazio attiguo all'immobile locato e quella del piccolo giardino sottostante al balcone dell'immobile predetto dovessero ritenersi provate dalle dichiarazioni dei testi escussi, che avevano confermato la utilizzazione del giardino e della superficie per il posteggio dell'auto, del resto ammessa dallo stesso NO, e con tale prova rendesse verosimile anche la dedotta occupazione del locale cantinato che, del resto, affiorava anche dalle prove per testi e dalle parziali ammissioni della difesa del NO, che non aveva potuto negare l'utilizzazione, per breve periodo, del bene predetto. Tale conclusione era stato specificamente contestato dal NO con i motivi di appello nei quali, come è analiticamente specificato nel ricorso e come può, del resto, agevolmente riscontrarsi dalla lettura dell'atto di appello, si era evidenziato come non vi fosse stata prova o ammissione di sorta circa l'utilizzazione continuativa del cantinato, che anzi era stata negata salvo che per il brevissimo periodo di due settimane, nelle quali il NO aveva riposto nel locale un suo mobile.
La Corte di appello ha disatteso questo motivo genericamente affermando che "l'occupazione abusiva degli immobili per cui è causa discende dai documenti prodotti e dalle prove testimoniali espletate, coincidendo sostanzialmente sul punto le dichiarazioni rese da entrambi i contendenti".
Tale motivazione può considerarsi senz'altro congrua per la parte riferibile alla prova della occupazione del giardinetto e dello spazio attiguo all'immobile locato, utilizzato per il posteggio dell'auto, data la sostanziale ammissione, sul punto, del NO;

essa è, invece, meramente apparente per ciò che attiene alla occupazione del cantinato, in relazione al quale l'eccezione del NO poneva un onere di prova a carico del LA, che la Corte di merito, a fronte dello specifico motivo di appello sulla valenza degli elementi apprezzati dal giudice di primo grado, non avrebbe potuto affatto considerare assolto

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