Cass. pen., sez. V trib., sentenza 13/04/2023, n. 15757

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. V trib., sentenza 13/04/2023, n. 15757
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 15757
Data del deposito : 13 aprile 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

a seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da: F I nato a BORGOMAN ERO il 24/04/1987 POLLARA FRANCESCO nato a

PALERMO I

08/10/1979 avverso la sentenza del 01/06/2022 della CORTE APPELLO di TORINOvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere RENATA SESSA;
udlifo il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore PASQUALE SERRAO D'AQUINO "ve ha concluso chiedendo udito il difen ore

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1.Con sentenza del 1.6.2022 la Corte di Appello di Torino ha confermato la pronuncia emessa in primo grado nei confronti, tra gli altri, di F I e P F che li aveva dichiarati colpevoli del reato di furto pluriaggravato dalla violenza sulle cose e dall'essere stato commesso il fatto da più persone riunite.

2.Ricorrono per cassazione entrambi gli imputati, tramite i rispettivi difensori di fiducia.

3.11 difensore di P, con i due motivi dedotti, lamenta che la Corte di appello ha confermato la sussistenza dell'aggravante della violenza sulle cose asserendo che questa si verifica "quando viene mutata la destinazione del bene. Volendo pertanto aderire alla tesi difensiva si deve comunque affermare che l'amotio della 'placca antitaccheggio' ha mutato la funzione di essa", laddove nel caso di specie la placca antitaccheggio era stata semplicemente rimossa e non danneggiata;
rimozione che di per sé non muta la destinazione del bene 4.11 difensore di F lamenta che la Corte di Appello non ha rilevato la prescrivine del reato intervenuta durante il giudizio di secondo grado.

5. I ricorsi sono stati trattati, ai sensi dell'art. 23, comma 8, d.l. n. 137 del 2020, convertito dalla legge 18 dicembre 2020, n.176, senza l'intervento delle parti che hanno così concluso per iscritto: il Sostituto Procuratore Generale presso questa Corte ha concluso chiedendo rigettarsi i ricorsi.

6.1 ricorsi sono inammissibili. Preliminarmente va precisato che a seguito dell'entrata in vigore, in data 30.12.2022, della cd. Riforma Cartabia - di cui al d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, come integrato dall'art. 6 del d.i. 31 ottobre 2022, n, 162 (cd. decreto rave), convertito in legge dalla 1. 30 dicembre 2022, 199, che inserendo nel digs. n. 150/2022 il nuovo art. 99-bis, ha differito dai novembre 2022 a! 30 dicembre 2.022 l'entrata n vigore dell'intera riforma, reaii7zata in azione della legge delega 27 settembre 2021, n. 134 - pur essendo il reato di furto, aggravato dalla violenza sulle cose e dalle più persone riunite divenuto procedibile a querela, nel caso di specie, stante la inammissibilità del ricorso proposto dagli imputati, non è rilevabile l'eventuale difetto della querela (cfr. Sez. U, n. 40150 del 21/06/2018, Salatino, Rv. 273551 - 01, che in tema di condizioni di procedibilità, con riferimento ai reati divenuti perseguibili a querela per effetto del d.lgs. 10 aprile 2018, n. 36 ed ai giudizi pendenti in sede di legittimità, ha affermato che l'inammissibilità del ricorso esclude che debba darsi alla persona offesa l'avviso previsto dall'art. 12, comma 2, del predetto decreto per l'eventuale esercizio del diritto di querela;
e in motivazione - ragionando rispetto ad un'ipotesi di sopravvenuta procedibilità a querela di un reato prima procedibile di ufficio, speculare pertanto a quella in esame, ha osservato che << È anche da escludere che la sopravvenienza della procedibilità a querela e, ancor prima, la procedura finalizzata all'eventuale accertamento della improcedibilità per mancanza di querela a seguito dell'esito negativo della informativa data alla persona offesa, possano essere ritenute idonee ad operare come una ipotesi di abolitio criminis (e finalizzazione all'accertamento di abolitio criminis), capace di prevalere sulla inammissibilità del ricorso. La sopravvenuta eventualità della improcedibilità, dovuta all'abbandono del regime di perseguimento di ufficio del reato, non opera infatti come la richiamata ipotesi abrogativa la quale è destinata ad essere rilevata anche in sede esecutiva mediante la revoca della sentenza ai sensi dell'art. 673 cod. proc. pen. e per tale ragione - essenzialmente di economia processuale - è stata ritenuta dalla giurisprudenza apprezzabile anche in fase di cognizione ed in presenza di ricorso inammissibile. È invero da escludere che il giudice dell'esecuzione possa revocare la condanna rilevando la mancata integrazione del presupposto di procedibilità. Ed anche nel giudizio di legittimità, la mancanza di tale condizione viene comunemente trattata come una questione di fatto, soggetta alle regole della autosufficienza del ricorso (Sez. 6, n. 44774 del 08/10/2015, Raggi, Rv. 265343) ed ai limiti dei poteri di accertamento della Cassazione (Sez. 3, n. 39188 del 14/10/2010, S., Rv. 248568), sicché non può dirsi che la declaratoria di inammissibilità del ricorso sia destinata ad essere messa in crisi da una ipotetica, incondizionata necessità di verifica dello stato della condizione di procedibilità come richiesta dalla normativa subentrata.»).
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