Cass. pen., sez. VII, ordinanza 22/04/2021, n. 15181

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. VII, ordinanza 22/04/2021, n. 15181
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 15181
Data del deposito : 22 aprile 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

a seguente ORDINANZA sul ricorso proposto da: MEMA3 ENDRIT nato il 13/09/1989 avverso la sentenza del 27/02/2020 della CORTE APPELLO di

MILANO

Edato avviso alle pai:g udita la relazione svolta dal Consigliere M B;

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

Con sentenza, pronunciata ai sensi dell'art. 599-bis cod. proc. pen. in data 27.2.2020, la Corte di appello di Milano ha, in parziale riforma della sentenza pronunciata in data 3.4.2019 dal giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Monza, ridotto la pena inflitta a M E ad anni cinque e mesi dieci di reclusione. Ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell'imputato, denunciando difetto di motivazione in relazione alla insussistenza delle cause di non punibilità di cui all'art. 129 cod. proc. pen. Il ricorso è inammissibile perché propone motivi non consentiti dalla legge, e perché è generico, non deducendo quale sarebbe la causa di proscioglimento non valutata. L'art. 599-bis, comma 1, cod. proc. pen., introdotto dalla legge n. 103 del 23 giugno 2017, dispone che la Corte di appello provvede in camera di consiglio anche quando le parti, nelle forme previste dall'articolo 589 dello stesso codice, ne fanno richiesta dichiarando di concordare sull'accoglimento, in tutto o in parte, dei motivi di appello, con rinuncia agli altri eventuali motivi. Se i motivi dei quali viene chiesto l'accoglimento comportano una nuova determinazione della pena, il pubblico ministero, l'imputato e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria indicano al giudice anche la pena sulla quale sono d'accordo. In seguito alla reintroduzione del c.d. patteggíamento in appello, dunque, deve ritenersi nuovamente applicabile il principio - elaborato dalla giurisprudenza di legittimità nel vigore del similare istituto previsto dell'art. 599, comma 4, cod. proc. pen. e successivamente abrogato dal decreto legge n. 92 del 2008 - secondo cui il giudice d'appello, nell'accogliere la richiesta di pena concordata, a causa dell'effetto devolutivo, una volta che l'imputato abbia rinunciato ai motivi d'impugnazione, limita la sua cognizione ai motivi non rinunciati;
e non è neppure tenuto a motivare sul mancato proscioglimento per taluna delle cause previste dall'art. 129 cod. proc. pen., in considerazione della radicale diversità tra l'istituto dell'applicazione della pena su richiesta delle parti e l'istituto in esame, prima disciplinato dal citato art. 599 cod. proc. pen. (tra le altre Sez. 6, n. 35108 del 08/05/2003, Zardini, Rv. 226707;
Sez. 5, n. 3391 del 15/10/2009, dep. 2010, Camassa, Rv. 245919);
determinando, invero, la rinuncia ai motivi una preclusione processuale che impedisce al giudice di prendere cognizione di quanto deve ormai ritenersi non essergli devoluto (non solo in punto di affermazione di responsabilità).Ne consegue che è inammissibile il ricorso per cassazione relativo a questioni, anche rilevabili d'ufficio, alle quali l'interessato abbia rinunciato in funzione dell'accordo sulla pena in appello, in quanto il potere dispositivo riconosciuto alla parte, oggi dall'art. 599-bis cod. proc. pen., non solo limita la cognizione del giudice di s'econdo grado, ma ha effetti preclusivi sull'intero svolgimento processuale, ivi compreso il giudizio di legittimità, analogamente a quanto avviene nella rinuncia all'impugnazione (Sez. 4, 27/09/2017, Ferro, Rv. 271258;
Sez.5, 4/06/2018, Rv.273194). Nel caso in esame, la rinuncia ai motivi di appello concernenti l'an della responsabilità penale ha determinato una preclusione processuale, e la conseguente inammissibilità del ricorso per cassazione avente ad oggetto il relativo punto. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla cassa delle ammende, determinabile in 3.000,00 euro, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen.
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