Cass. pen., sez. V trib., sentenza 20/09/2022, n. 34755

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. V trib., sentenza 20/09/2022, n. 34755
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 34755
Data del deposito : 20 settembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da: CHIMENTI LUCA nato a POGGIBONSI il 25/02/1967 CHIMENTI ANDREA nato a POGGIBONSI il 20/09/1965 avverso la sentenza del 22/01/2021 della CORTE APPELLO di FIRENZEvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere FRANCESCO C;
lette le conclusioni e la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore FERDINANDO LIGNOLA che ha concluso chiedendo dichiararsi l'inammissibilità dei ricorsi.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Firenze, con sentenza del 22 gennaio 2021, per quanto di interesse riformava parzialmente la sentenza del Tribunale di Siena del 11 giugno 2013, rideterminando la pena nei confronti di C A e C L, con riduzione delle pene accessorie fallimentari alla durata della pena principale, per i delitti di bancarotta fraudolenta impropria da falso in bilancio (capo A), nonché per bancarotta da distrazione (capo B). In particolare a C A e C L — nella qualità di soci, nonché il primo di presidente e il secondo di vice presidente del Consiglio di amministrazione della società C.L.A. S.r.l., fino alla data di messa in liquidazione del 28 luglio 2009, società poi dichiarata fallita il 24 novembre 2009 — veniva contestato di aver causato il dissesto della società con condotte in violazione dell'art. 2621 cod. civ. per avere esposto in bilancio quale perdita di esercizio al 31 dicembre 2018 quella di euro 450.981,00 in luogo di quella di 533.133,00, dovendo ritenersi che il credito, per forniture e servizi, vantato nei confronti della società Futura di C A & C. S.n.c., società degli stessi soci e in decozione, pari a 204.304,00, dovesse essere iscritto «al valore presumibile di realizzazione» dunque con svalutazione del 50%, determinando in tal modo una perdita di esercizio per la società creditrice CLA superiore a quella dichiarata (capo A). Quanto alla bancarotta fraudolenta per distrazione ai Chimenti veniva contestata, nella medesima qualità, la distrazione dalle casse sociali di euro 92.108,06 — corrisposti alla Futura Di C A quali canoni di affitto di azienda, locazione fittizia in assenza di contratto e giustificazione contabile e di delibera degli organi sociali — e di euro 120.320,00 quali « emolumenti amministratori» negli anni 2007 e 2008, senza alcuna delibera assembleare e senza considerare che la società fallita al 31 dicembre 2007 aveva dichiarato a bilancio una perdita di euro 3.586,00 e nel bilancio per l'esercizio successivo di 450.981,00 (capo B).

2. I ricorsi per cassazione proposti con atti separati nell'interesse di C A e C L constano di tre motivi, assolutamente sovrapponibili, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, secondo quanto disposto dall'art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

3. Il primo motivo dei ricorsi in esame deduce violazione degli 2019-02-14" href="/norms/laws/itatextwpbijxavegvc8ry/articles/itaart6fxxouyj36uro6?version=47063d9a-2be4-5312-8d2e-b853128132b8::LR9E75B7A6DC0ED738BF81::2019-02-14">artt. 216, comma 1, 2019, comma 1 e 223 comma 2, n. 1 legge fall., 2621 cod. civ., 43 cod. pen. nonché vizio di motivazione conseguente. Il ricorso denuncia violazione di legge quanto all'elemento soggettivo del reato, poiché la struttura del reato previsto dall'art. 2621 cod. civ. all'epoca della commissione risultava richiedere il dolo intenzionale (intenzione di ingannare i soci o il pubblico) e il dolo specifico (fine di conseguire, per sé o per altri, un ingiusto profitto). A fronte di ciò la sentenza impugnata valorizza la conoscenza da parte dei Chimenti della situazione di decozione della FUTURA, il cui bilancio potrebbe essere stato depositato dopo quello di CLA o se non altro contestualmente.

4. Il secondo motivo dei ricorsi in esame deduce violazione degli artt. 216, comma 1, 219, comma 2, n.1, 223 comma 2, legge fall., 2621 cod. civ., 43 cod. pen. nonché vizio di motivazione conseguente. Il motivo censura, in prosieguo rispetto a quanto già osservato, la illogicità della sentenza impugnata nella parte in cui riferisce che spetti non all'amministratore di CLA l'onere di fornire la prova della solvibilità della debitrice FUTURA, dovendo il falso "valutativo" scaturire da dati contabili dei quali i ricorrenti non avevano conoscenza, per altro ben potendo la solvibilità della debitrice Futura scaturire dalla responsabilità personale e sussidiaria dei soci. Inoltre Futura risultava solvibile essendo anche destinataria del pagamento del canone di locazione propri da parte di CLA e non era prevedibile il fallimento di Futura, che infatti non è intervenuto. La motivazione sarebbe manifestamente illogica in quanto non renderebbe conto che i ricorrenti si siano discostati consapevolmente da dati di conoscenza reali, dall'applicazione di criteri normativamente fissati e tecnicamente accettati, con indicazione in bilancio di dati concretamente idonei a indurre in errore i destinatari delle comunicazioni.

5. Il terzo motivo dei ricorsi deduce violazione degli artt. 216, comma 1 n.1, 219, comma 1 e 223, comma 1, n.1, legge fall., 2389 cod. civ., 43 cod. pen., nonché vizio di motivazione conseguente. In particolare censura la sentenza che ha ritenuto distrattiva la condotta di versamento dei compensi agli amministratori, che può essere consentita anche in occasione della nomina e quindi senza delibera assembleare specifica quanto al pagamento, ai sensi dell'art. 2389 cod. civ. Quanto alla distrazione del canone di locazione in favore di Futura, la sentenza risulterebbe contraddittoria, allorché conferma che l'occupazione dei locali era effettiva da parte di CLA, rilevando i ricorrenti come non sia necessario il contratto scritto, a differenza di quanto ritenuto in sentenza. Né la natura distrattiva potrebbe essere desunta dalla inutilità dei locali ai fini degli scopi sociali della CLA.

6. Il Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale, ha depositato requisitoria e conclusioni scritte — ai sensi dell'art. 23 comma 8, d.l. 127 del 2020 — in data 3 giugno 2022, con le quali ha chiesto dichiararsi inammissibili ricorsi. V. I ricorsi sono stati trattati oralmente, ai sensi dell'art. 23, comma 8, dl. n. 137 del 2020, disciplina prorogata sino al 31 dicembre 2021 per effetto dell'art. 7, comma 1, dl. n. 105 del 2021.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato e va rigettato.

2.1 Il primo e il secondo motivo vanno trattati congiuntamente in quanto logicamente connessi, riferendosi al capo A) e all'elemento soggettivo richiesto.

2.2 La sentenza impugnata va letta congiuntamente alla sentenza di primo grado, in quanto è principio consolidato che ai fini del controllo di legittimità sul vizio di motivazione, ricorre la cd. "doppia conforme" quando la sentenza di appello, nella sua struttura argomentativa, si salda con quella di primo grado sia attraverso ripetuti richiami a quest'ultima sia adottando gli stessi criteri utilizzati nella valutazione delle prove, con la conseguenza che le due sentenze possono essere lette congiuntamente costituendo un unico complessivo corpo decisionale (fra le altre, Sez. 2 ,n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218).

2.3 Tanto premesso deve rilevarsi come dalla sentenza impugnata emerga ai foll. 4 e 8, riportando anche la motivazione della prima sentenza, che a base della valutazione di responsabilità in ordine al delitto di cui al capo A) risultino due profili rilevanti: a) la CLA e Futura hanno la medesima compagine societaria, identificabile nei fratelli A e L C;
b) la CIA ha avuto fin dall'origine risultati gestionali poco brillanti, vantando crediti nei confronti della debitrice quasi esclusiva Futura, risultando le due società avere il medesimo oggetto societario. Per l'esercizio 2008 unico credito iscritto in bilancio della CLA al 31 dicembre 2008 era quello vantato verso Futura, per oltre 204mila euro, mentre il bilancio alla stessa data di quest'ultima esponeva un saldo negativo di 687.341,00 euro. Il Tribunale di Siena rileva come a fronte di ciò risultasse impossibile che CIA potesse prevedere di realizzare il credito che pertanto andava iscritto in bilancio come svalutato. Anche la Corte di appello ha confermato tale ricostruzione, scaturita dall'esame della relazione del curatore fallimentare e di quella del consulente tecnico del pubblico ministero, rilevando come la mancata svalutazione avesse inciso sul patrimonio netto negativo della società CIA al 31 dicembre 2008 che non ammontava realmente a 450.981,00 euro (la Corte indica 553.133,00 euro errando) come iscritto, bensì a 553.133,00 euro (e non 687.341,86 euro). L'indicazione da parte della Corte territoriale dei valori su richiamati risulta frutto di un evidente errore materiale, che non incide sul ragionamento complessivo.

2.4. Tanto premesso, i motivi di ricorso primo e secondo prospettano per la prima volta il tema del dolo richiesto dalla norma incriminatrice, che non risulta oggetto degli originari motivi di appello.Ciò emerge dal fol. 6 della sentenza impugnata, che ricapitola i motivi medesimi, e da questi ultimi, ai quali la Corte accede trattandosi di questione processuale (Sez. 3, n. 24979 del 22/12/2017, dep. 2018, F., Rv. 273525 - 01;
Sez. 1, n. 8521 del 09/01/2013, Chaid, Rv. 255304 - 01), in ordine al capo A) nulla deducono sul dolo richiesto dalla norma incriminatrice. Solo i motivi aggiunti introducono il tema del deficit di prova quanto al dolo specifico richiesto. E però la facoltà del ricorrente di presentare motivi nuovi incontra il limite del necessario riferimento ai motivi principali dei quali i motivi ulteriori devono rappresentare mero sviluppo o migliore esposizione, anche per ragioni eventualmente non evidenziate, ma sempre ricollegabili ai capi e ai punti già dedotti;
ne consegue che sono ammissibili soltanto motivi aggiunti con i quali, a fondamento del "petitum" dei motivi principali, si alleghino ragioni di carattere giuridico diverse o ulteriori, ma non anche motivi con i quali si intenda allargare l'ambito del predetto "petitunn", introducendo censure non tempestivamente formalizzate entro i termini per l'impugnazione. (Sez. 2, n. 1417 del 11/10/2012, dep. 2013, Platamone, Rv. 254301;
in tema di deduzione della carenza di dolo con i motivi aggiunti, Sez. 6, n. 27325 del 20/05/2008, Colla, Rv. 240367 - 01, che ha rilevato come i motivi nuovi proposti a sostegno dell'impugnazione devono avere ad oggetto, a pena di inammissibilità, i capi o i punti della decisione impugnata che sono stati enunciati nell'originario atto di gravame, ai sensi dell'art. 581, comma primo, lett. a), cod. proc. pen.., in una fattispecie in cui nel ricorso per cassazione si deduceva la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, mentre il nuovo motivo si sostanziava nella lamentata carenza di dolo in ordine al reato oggetto dell'imputazione). Ne consegue l'inammissibilità per tali ragioni del primo e secondo motivo, fermo restando che gli stessi risultano anche manifestamente infondati. A ben vedere le sentenze rendono per altro conto della piena consapevolezza dei Chimenti quanto alla situazione patrimoniale delle due società delle quali erano soci. In sostanza la censura che prospetta l'impossibilità per i Chimenti — quali soci della CLA — di conoscere la reale situazione patrimoniale della Futura prima del deposito del bilancio che, trattandosi di società di persone, sarebbe potuto intervenire — dunque viene prospettata solo una eventuale ipotesi — successivamente a quello della CLA, aggirano e non affrontano il nucleo centrale della motivazione. Infatti l'argomento centrale, logicamente non vinto dai due motivi, è che la consapevolezza dei Chinnenti in ordine alla non certa acquisizione del credito verso Futura scaturisse non dalla conoscenza dei bilanci, bensì dalla gestione che delle due società i due attuali ricorrenti facevano e dalla conseguente conoscenza dello stato di decozione anche di Futura, non essendo certamente decisiva la circostanza che la Corte di appello abbia riferito in modo errato del successivo fallimento della stessa. Anche se il fallimento non è intervenuto, Futura aveva una patrimonio netto negativo di 687.341,86 euro, questo rilevano i Collegi di merito, certamente noto ai Chimenti. Anche l'argomento relativo alla circostanza che Futura, società di persone, potesse godere della garanzia offerta dal patrimonio personale dei soci e dunque risultare comunque solvibile, viene preso in considerazione dalla Corte che con motivazione congrua evidenzia come la tesi sia rimasta astratta in quanto non è stata fornita alcuna prova in ordine alla possibilità e alla volontà dei Chimenti di adempiere al debito verso la CLA. Quanto al dolo, comunque, la Corte di cassazione ha ritenuto che in tema di bancarotta impropria da reato societario di falso in bilancio, dove l'elemento soggettivo presenta una struttura complessa comprendendo il dolo generico (avente ad oggetto la rappresentazione del mendacio), il dolo specifico (profitto ingiusto) ed il dolo intenzionale di inganno dei destinatari, il predetto dolo generico non può ritenersi provato - in quanto "in re ipsa" - nella violazione di norme contabili sulla esposizione delle voci in bilancio, nè può ravvisarsi nello scopo di far vivere artificiosamente la società, dovendo, invece, essere desunto da inequivoci elementi che evidenzino, nel redattore del bilancio, la consapevolezza del suo agire abnorme o irragionevole attraverso artifici contabili (Sez. 5, n. 46689 del 30/06/2016, Coatti, Rv. 268672 - 01). E di tale consapevolezza è stata data congrua motivazione nelle sentenze di merito proprio per la coincidenza soggettiva dei due ceti societari. Quanto al dolo specifico, consistente nell'ingiusto profitto, l'ingiustizia del profitto consiste in qualsiasi vantaggio, non solo di tipo economico, che l'autore intenda conseguire, il quale non si collega ad un diritto, ovvero che è perseguito con uno strumento antigiuridico o con uno strumento legale ma avente uno scopo tipico diverso. In tal senso il dolo di voler far apparire una situazione più florida del reale, con inganno dei destinatari del bilancio, integra il dolo delle false comunicazioni sociali, come pure quello di bancarotta impropria da reato societario, con riferimento al reato di cui all'art. 2621 cod. civ., per il quale il dolo richiede una volontà protesa al dissesto, da intendersi non già quale intenzionalità di insolvenza, bensì quale consapevole rappresentazione della probabile diminuzione della garanzia dei creditori e del connesso squilibrio economico (Sez.
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