Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 06/08/2019, n. 21000

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 06/08/2019, n. 21000
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 21000
Data del deposito : 6 agosto 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

seguente SENTENZA sul ricorso 19018-2014 proposto da: G A, domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall'avvocato S N I;

- ricorrente -

contro

COMUNE POMPEI, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CARLO GALASSI PANUZZI n. 3, presso lo studio dell'avvocato GERARDO D'ANTUONO, rappresentato e difeso dall'avvocato A F;
- resistente con mandato - avverso la sentenza n. 3069/2013 della CORTE D'APPELLO di NAPOLI, depositata il 25/07/2013 R.G.N. 1566/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/07/2019 dal Consigliere Dott. A D P;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. S V,' che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l'Avvocato S N I. RG 19018/2014

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d'Appello di Napoli, in riforma della sentenza del Tribunale di Torre Annunziata, ha respinto il ricorso proposto da A G nei confronti del Comune di Pompei, volto ad ottenere l'accertamento del diritto ad essere assunto quale vigile urbano con decorrenza dal 1° ottobre 2002 e la conseguente condanna dell'ente municipale al pagamento delle retribuzioni maturate a far tempo dalla data sopra indicata ed al risarcimento del danno esistenziale subito per effetto della mancata assunzione.

2. La Corte territoriale ha ricostruito in punto di fatto la complessa vicenda dedotta in giudizio, snodatasi a partire dall'approvazione del bando di concorso del 16 marzo 1990 per la copertura di 28 posti di vigile urbano, in parte riservati a personale interno. Successivamente la Giunta aveva deliberato l'aumento dei posti messi a concorso nei limiti di 10 unità, ma di detto aumento non si era tenuto conto allorquando, il 17 aprile 1997, erano stati assunti solo 21 vincitori esterni. Alcuni partecipanti alla procedura concorsuale, collocatisi in graduatoria tra il 290 ed il 380 posto, dopo avere inutilmente domandato l'immissione in ruolo, avevano adito il TAR Campania, chiedendo l'annullamento della nota sindacale del 24 aprile 1997, con la quale era stata rigettata la loro istanza, nonché degli atti amministrativi presupposti, annullamento che era stato pronunciato dal giudice amministrativo con sentenza n. 708 del 15 febbraio 2001, alla quale aveva fatto seguito la delibera n. 117 del 6 giugno 2002, che aveva disposto l'assunzione dei cinque concorrenti, utilmente collocatisi in graduatoria, la cui domanda era stata accolta dall'autorità giudiziaria. Con atto del 10 agosto 2002 A G aveva diffidato il Comune di Pompei a riesaminare l'atto deliberativo, a suo dire illegittimo nella parte in cui non era stata disposta anche l'assunzione degli altri vincitori pretermessi, ma la richiesta era stata rigettata dalla Commissione Straordinaria, la quale aveva ritenuto inammissibile l'invocata estensione del giudicato amministrativo a soggetti che non erano stati parte del giudizio.

3. In punto di diritto la Corte territoriale ha osservato che il principio dell'efficacia inter partes del giudicato amministrativo non trova applicazione solo nei casi in cui la pronuncia di annullamento riguardi particolari categorie di atti, che hanno una pluralità di destinatari ed un contenuto inscindibile, di modo che il vizio che ne inficia la validità coinvolge necessariamente tutti i possibili destinatari dell'atto stesso. Ha escluso che nella fattispecie il G potesse invocare l'estensione del giudicato perché l'annullamento si riferiva alla nota sindacale del 29 aprile 1997, con la quale era stata respinta la domanda di immissione in ruolo dei soli partecipanti alla procedura concorsuale che poi avevano impugnato il provvedimento, e la cognizione era stata estesa alla delibera di rideterminazione della pianta organica del Comune, solo perché richiamata nella nota i *RG 19018/2014 medesima. L'attuale ricorrente, invece, con la diffida dell'agosto 2002 aveva chiesto di riesaminare l'atto deliberativo del 6 giugno 2002, che era stato adottato non solo sulla base del precedente giudicato ma anche di un accordo transattivo con il quale il Comune si era impegnato all' assunzione ed i lavoratori, che nel frattempo avevano proposto anche giudizio di ottemperanza, avevano rinunciato all'iniziativa e ad ogni pretesa risarcitoria in relazione a danni pregressi. Il giudice d'appello ha escluso, infine, che il diritto soggettivo all'assunzione potesse derivare dall'annullamento della delibera consiliare n. 13 del 30 giugno 1995 di rideterminazione della pianta organica ed ha richiamato al riguardo la motivazione della sentenza del TAR Campania nella parte in cui aveva evidenziato che «il vincitore ha un interesse legittimo giuridicamente tutelato al corretto esercizio della potestà demandata all'amministrazione di non coprire, eventualmente, in tutto o in parte in posti messi a concorso sulla base di una determinazione discrezionale che, secondo i principi regolanti l'attività amministrativa, sia immune da vizi di legittimità ».

4. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso A G sulla base di quattro motivi, ai quali il Comune di Pompei ha replicato con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, formulato ai sensi dell'art. 360 n. 3 cod. proc. civ., il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 100 e 324 cod. proc. civ. nonché dell'art.2909 cod. civ.. Sostiene che il Tribunale, nell'accogliere la domanda, non aveva affrontato la questione dell'estensione del giudicato amministrativo sicché l'appello del Comune di Pompei, integralmente incentrato sui limiti del giudicato stesso, doveva essere ritenuto inammissibile per carenza di interesse all'impugnazione. Aggiunge che la Corte territoriale avrebbe dovuto ritenere formato il giudicato interno quanto all'accertamento del diritto del ricorrente ad essere assunto perché l'appellante, muovendo da un'interpretazione erronea della sentenza impugnata, non l'aveva censurata in modo specifico.
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